mercoledì 31 agosto 2011

FRISELLE AL POMODORO CAPPERI E ACCIUGHE

Questo un piatto estivo che mi piace molto. Veloce e facile, non ha bisogno di particolari abilità culinarie. Insomma il piatto ideale. 

4 friselle di grano duro - 250 g di pomodorini Pachino - 6 filetti di acciuga - 2 cucchiai di capperi sotto sale - origano - sale pepe olio

Tagliare i pomodorini a dadini, le acciughe a pezzetti. Mescolare tutti gli ingredienti, salare e pepare, aggiungere l'origano. Immergere le friselle in una ciotola piena d'acqua, contare fino a cinque e poi toglierle. Irrorare le friselle con un filo d'olio, mettere i pomodori, irrorare con un po' d'olio e servire immediatamente.

P.S. A me piacciono anche condite anche con pomodori, olive e cipolla. 



martedì 30 agosto 2011

MOVIMENTO LENTO

Sotto l'ombrellone fa caldo, non c'è una bava di vento e l'acqua è tiepida. Il mare è critallino, la spiaggia è affollata. Sono le due meno un quarto. Fame. Ci spostiamo verso il bar. Un bellissimo gazebo-berceau circolare, fresco di frasche verdi nell'arsura agostana. Bei tavolini bianchi e poltroncine comode, tutto attorno erba rigogliosa, fresco e gente, un bel po' di gente. Tutti i tavoli sono occupati, cerchiamo qualcuno a cui chiedere se presto uno sarà libero. Niente sono tutti spariti. Attendiamo dieci minuti, poi avvistiamo un tavolo per quattro. Ci avviciniamo cauti, facciamo per sederci, ma due ragazze si precipitano e, come se fosse il gioco della sedia, si siedono, sembrano: dire abbiamo vinto noi. Sta per nascere una piccola discussione, ma all'improvviso come spuntato dal nulla, si palesa un ragazzo, dice eh no, no il tavolo è loro. Mah, sarà. Il nostro stacco di coscia non è uguale al loro. Quanto dobbiamo aspettare? Dovete aspettare, è lapidario. Armati di pazienza due restano, altri due tornano sulla spiaggia. Trascorrono dieci minuti, poi venti, poi trenta. Il tavolo finalmente è libero. Molto più bello di quello di prima, in zona privilegiata, giusto al centro del gazebo-berceau. Bene. tra poco si mangia. I menu girano, ma abbiamo le idee chiare. Tre friselle con pomodoro, capperi e acciughe, un'anguria, tre acque minerali, un rosé, che non si può venire da queste parti e non berlo. Passano dieci minuti, poi un quarto d'ora, arrivano le friselle. Mangiamo piano, godendo del fresco e chiacchieriamo facendo un po' di "people watching", che a tradurlo suona malissimo e maleducato "guardare la gente", ma è un'attività innocua. Beautiful people, bella gente. Un gruppo di musicisti biondi e nordici con il loro tour manager a destra, una giovane mamma bellissima con creatura altrettanto bella a sinistra, un famoso attore che scorrazza tra i tavoli pieno di fervore teatrale, una superba attrice che chiacchiera di nuoto e giocattoli con la prole, un celebre stilista l'accompagna, con tutto il suo codazzo di beautiful people, bella gente. Una giornata interessante. Mangiamo, discorriamo, fa fresco. Bello, ci piace. Caffè, uno freddo per favore. Passano dieci minuti, poi un quarto d'ora, abbondante. Arriva il caffè. Scendiamo in spiaggia? Sì, torniamo sotto l'ombrellone.  Conto per favore. Passano dieci minuti, poi venti, poi trenta. Scusi il conto, per favore. Passano dieci minuti, poi altri cinque, poi altri cinque, poi altri dieci. Niente conto. Non ci vogliono lasciar andare, siamo troppo belli, giovani, attraenti, senza di noi si rovinerebbe il quadro. I gusti son gusti. Il conto per favore. Passano dieci minuti. Il conto. Paghiamo subito. Fattura per favore. Passano dieci minuti, poi....

domenica 28 agosto 2011

PROSSIMAMENTE

Per me sono finite le vacanze, spero non per voi. Da questa settimana il blog torna operativo con nuove avventure e ricette. Ci saranno novità martedì.

venerdì 26 agosto 2011

AGUA DE VALENCIA - COCKTAIL ALL'ARANCIA

Nelle calde sere d'estate, come in questi torridi giorni, niente di meglio di un bel bicchiere di Agua de  Valencia, un drink potente ubriacante e dissetante allo stesso tempo. Lo adoro, ma attenzione che dopo un bel bicchierone... 

1 litro di succo d'arancia fresca spremuta o di buona qualità in cartone - 150 ml di vodka ghiacciata - un bicchierino di Cointreau - 1 bottiglia di Cava ghiacciato (o spumante italiano)

Versare tutti gli ingredienti in una caraffa, aggiungere il Cava e servire.

P.S. Se vi piace potete sostituire la vodka con il gin, si usano entrambi. Io preferisco la vodka.

martedì 23 agosto 2011

TEGLIA DI ACCIUGHE

Adoro le acciughe. Questo piatto è facilissimo da preparare e non è molto laborioso, a parte la pulitura delle acciughe. Ideale per le sere d'estate. Servitelo con una bella insalata di lattuga, rucola, pomodori e capperi.

mezzo chilo di acciughe - 50 g di pan grattato - un mazzetto di prezzemolo tritato - uno spicchio d'aglio tritato - la scorza e il succo  di mezzo limone - due pizzichi di peperoncino secco  tritato - 3 cucchiai olio evo - sale - pepe

Pulire le acciughe, togliere la testa e disporle a raggiera su una teglia del forno con due cucchiai di olio.  In una padellina mettere il pan grattato e a secco farlo tostate finché non è leggermente abbrustolito. Mescolare i pangrattato con la scorza di limone tritata, un cucchiaio di olio, poco sale. Cospargere le acciughe con metà del prezzemolo e l'aglio tritati. Salare, pepare e spolverare con il peperoncino tritato. Cuocere le acciughe in forno a 180 finché la carne non sia leggermente opaca. Fuori dal forno irrorare col succo di limone, passare ancora un attimo in forno. Spolverare con il pangrattato al limone. Accendere il grill e far dorare il tutto per pochi istanti. Servire caldo.
per quattro persone 

venerdì 19 agosto 2011

SETTE LUOGHI DEL CUORE A LONDRA


La mia Londra è questa:

1. Books for Cooks, libri di cucina per tutti i gusti. Blenheim Crescent, Notting Hill

2. Amaya, ristorante indiano favoloso sia per l'arredamento sia per il cibo.

3. Tea Palace, tanti tipi di the fantastici e se ti ci appassioni te li mandano anche a casa. Covent Garden, sotto i portici

4. Tate Modern, per vedere come Londra riesce a recuperare la sua archeologia industriale.

6. Un panino a Hyde Park, sdaiati sull'erba a guardare le nuvole nel cielo. Un perfetto momento di utilissimo fancazzismo.

7. Shoreditch, per annusare quello che c'è di nuovo in città.

8. Chepstow Villas,  per chiedersi quale sarà la casa di William Rackam. (Citazione letteraria: Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber).

mercoledì 17 agosto 2011

DIECI MOTIVI PER ANDARE A CHICAGO

Chicago riflessa nel Cloud Gate 


Chicago è una delle mie città preferite, questi sono i miei indirizzi del cuore:

1. Passeggiata e shopping tra i negozi speciali di Bucktown,  pranzo da Toast

2. Passeggiata sul lungo lago partendo dal centro, in fondo alla Michigan Avenue. Camminare e ogni tanto fermarsi a guardare il lago che sembra il mare, girarsi e vedere i grattacieli residenziali.

3. Serata jazz al Green Mill, ottima musica in un locale che esiste da sempre e che per qualche tempo è stato anche di proprietà di Al Capone, che si presentava spesso nella sua sala rimasta identica ad allora.

4. Cena da Alinea, uno dei Top 10 del Mondo, un'esperienza poli sensoriale unica. Prenotare con anticipo.

5. Una Chicago Pizza, molto diversa da quella italiana, vale la pena di provarla una volta nella vita. La mia preferita: Lou Malnati, River North.

6. Fermarsi prima del ponte che attraversa il fiume sulla Michigan Avenue per guardare la bellezza  e la maestosità di 5 tra più bei grattacieli del storia dell'architettura.

7. L'Architectural tour, sulla barca scoperta, per vedere i grattacieli lungo il fiume e lo skyline di Chicago dal lago. Mozzafiato.

8. Le case di Frank Lloyd Wright, un piccolo itinerario per tutti gli amanti delle belle cose

9. Millenium Park: i concerti estivi nell'auditorium progettato da Frank Gehry; Cloud Gate, detto the Bean, il fagiolo, di Anish Kapoor: la fontana fotografica di Jaume Piensa coi bambini che giocano; il Museum of Fine Arts e la nuova sezione progettata da Renzo Piano. Magnifica.

10. La cupola interna di Macy's sulla State Street, ex Marshall's. Non è facile trovarla ma vale la pena.

E almeno altre 25 cose che non ci stanno qui... andate a Chicago, vi piacerà.

domenica 14 agosto 2011

SETTE MOTIVI PER ANDARE IN VACANZA NELLA RIVIERA DI PONENTE


La Riviera dei Fiori è conosciuta per le spiagge, ma in realtà ha un entroterra magnifico e affascinante. Questi i miei luoghi del cuore, dalla costa all'entroterra:

1. Ospedaletti: pranzo a La Playa, ristorante sulla spiaggia dove si mangia divinamente.

2. Ospedaletti: tramonto dal ristorante Byblos, imperdibile la vista del Golfo tutto intero.

3. Ospedaletti: la drogheria di via Roma, ha lo stesso arredamento e lo stesso odore di quando ero bambina.

4. Bordighera: passeggiata sul lungomare e nei carugi del borgo vecchio. Cena da Magiargè.

5. Dolceacqua: bellissima col castello dei Doria che la domina. Pranzo o cena al ristorante la Viassa.

6. Apricale: delizioso borgo appeso tra i boschi, mostra al castello della Lucertola; teatro nel borgo fino a ferragosto; birra artigianale.

7. Pigna: borgo antico con le terme. Prenotarsi per un massaggio e poi pranzo al ristorante Le Terme, che non è dove si fa il massaggio.

venerdì 12 agosto 2011

QUASI CHIUSO PER FERIE

Il blog si prende un po' di riposo e va a visitare nuovi posti per raccontare nuove storie quando la bella stagione sarà finita. Ritorniamo fra una decina di giorni, intanto vuoi nuovi che entrate leggete le vecchie storie e, tutti, state pronti per storie e ricette nuove.  Non sarete completamente orfani, continuate a passare... ogni tanto apparirà qualcosa a solleticare la vostra curiosità.

giovedì 11 agosto 2011

MOULES A LA CREME - COZZE ALLA PANNA

Vi avevo avvertiti, questa sarebbe stata la settimana da indigestione di frutti di mare. Solo ricette belghe, al massimo, massimo qualcosa di francese. Ecco un altro modo di preparare le cozze, non è  proprio leggerissimo, ma non è niente male.

2 kg di cozze - 300 ml di panna fresca - 200 ml di vino bianco - 20 g di burro - 1 scalogno - 1 spicchio d'aglio  - 1 mazzetto di prezzemolo - 1 foglia d'alloro - qualche rametto di timo -pepe

Lavare e pulire le cozze strofinandole bene con un spazzolino semi duro. Far stufare lo scalogno tritato con il burro, lo spicchio d'aglio a fettine e metà del prezzemolo. Aggiungere il vino bianco, l'alloro, il timo e le cozze, cuocere coperto muovendo sovente finché le cozze non sono tutte aperte. Pepare, salare leggermente e scolare le cozze metterle cozze. Filtrare il liquido e farlo ridurre di metà, a fuoco vivace. Aggiungere la panna e il prezzemolo, far ridurre di un terzo a fuoco basso. Pepare, versare la crema sulle cozze e servire.
per quattro persone


P.S. Per pulire bene le cozze armatevi di un coltellino e di uno spazzolino con le setole semi-dure. Sotto l'acqua corrente togliere le impurità col dorso del coltellino e spazzolare vigorsamente, ma delicatamente (lo so è quasi un ossimoro, ma vedrete che è così) le cozze. Riporre quelle pulite in una grande ciotola piena d'acqua. Al momento di cuocerle scolarle e metterle in casseruola.

mercoledì 10 agosto 2011

GRATIN DE MOULES - COZZE GRATINATE

In Belgio le cozze si cucinano in mille maniere. Questo è uno dei tanti modi di farle al gratin, ognuno da la sua libera interpretazione del Gratin de Moules: pomodoro, pangrattato, prezzemolo, panna e via discorrendo. Io preferisco questo modo semplice.

1 chilo di cozze pulite - 200 ml di vino bianco secco - 50 g di emmental grattugiato - 100 g di burro demi sel (nel caso non lo trovaste il burro normale va bene, aggiungete sale però) morbido - 50 g di pangrattato - 2 spicchi d'aglio - 1 scalogno - un mazzetto di prezzemolo tritato - una striscia grande di scorza di limone tritata - sale pepe

Mescolare il burro  morbido con il prezzemolo, la scorza di limone, l'aglio e lo scalogno tritati. Far aprire le cozze con il vino e un po' di pepe dentro una grande padella coperta, devono solo aprirsi e non cuocere. Eliminare quelle chiuse e separare le valve. Disporre le cozze dentro una teglia grande e mettere su ogni cozza un po' di burro all'aglio, un po' di emmental grattugiato e un po' di pangrattato. Gratinare in forno caldo a 200 gradi per una decina di minuti.
per quattro persone 

martedì 9 agosto 2011

MOULES MARINIERES - COZZE ALLA MARINARA

Non posso certo lasciarvi lì, da quella parte dello schermo, senza un piatto di moules, proprio adesso che "C'est la saison". Questa ricetta me l'ha data Germaine, la tata. D'accordo, l'ha data a mia mamma, io all'epoca non cucinavo, ma divoravo solo i piattoni di cozze che mia mamma preparava così.

 2 kg di cozze (ovviamente di stagione e soprattutto belghe) - 150 ml di vino bianco secco - 50 ml di birra belga chiara leggera (tipo Stella Artois o Duvel) - 2 scalogni - 1 costa di sedano - 1 spicchio d'aglio - 25 g di burro - 1 mazzetto di prezzemolo - 1 foglia d'alloro - qualche rametto di timo

Pulire le cozze sotto l'acqua corrente strofinandole con una spazzolina un po' dura. In una grande padella dai bordi alti, sciogliere il burro e far stufare per pochi minuti gli scalogni e l'aglio tritati fini, la costa di sedano tagliata a piccoli pezzettini. Aggiungere le cozze, il timo, il prezzemolo tritato, l'alloro e il vino. Coprire e cuocere finché le cozze non sono aperte, ogni tanto muovere la padella. Servire in grandi ciotole con un po' del liquido di cottura e, soprattutto, con patate fritte.
per 3 persone 

lunedì 8 agosto 2011

A BRUXELLES NON E' STAGIONE


Sono cresciuta in Belgio, tra nebbie, gaufres, birra, patatine fritte e, soprattutto, è ovvio, moules, le cozze. Non ricordo quando ho mangiato il primo piatto di moules-frites, ma ricordo perfettamente che è stata una rivelazione. Succhiare le cozze direttamente dal loro guscio e intingere, anzi pucciare come dico io, le patatine un po' nella maionese, un po' nel liquido profumato e salato delle cozze. Cosa c'è di più celestiale per una bambina che ama pasticciare col cibo? Mangiare le gaufres, gallette di pasta al burro con zucchero, cotte in uno speciale stampo, coperte di zucchero a velo alternandole alle pralines di cioccolato. Ecco, cosa c'è di meglio.
Per molti anni non sono più tornata in Belgio, ho continuato a mangiare le moules cotte in tutti i modi possibili, ma quelle vere, con le patate fritte nello strutto, sono rimaste un sapore fermo alla mia adolescenza. Ho passato molti anni a decantare le ciotolone di moules a mio marito. Sai sono speciali, sai quelle belghe hanno un sapore diverso, dovremmo andare a provarle, anche le patatine hanno un sapore diverso da quelle parti, vedrai quando andremo. Finalmente dopo anni di descrizioni e commenti arriviamoBruxelles. E' la fine di aprile e fa anche caldo. Tempo anomalo, commenta il mio amico cresciuto come me da quelle parti, in Belgio nemmeno ad agosto c'è questa temperatura. Quel giorno il termometro segnava 28 gradi. Siamo arrivati all'ora di pranzo, il mio amico ed io ci scambiamo uno sguardo e all'unisono diciamo "moules-frites!".
Tutti con l'acquolina in bocca ci avventuriamo tra i ristoranti della città, da ex residenti scartiamo tutti quelli che affollano i dintorni della Grand Place (accidenti  com'è bella, l'avevo dimenticato. Ma adesso contano solo le moules), scarpiniamo verso l'alto e troviamo quello che vogliamo. Un bel ristorantino, rustico-chic e poco turistico. Tutta l'allegra brigata si siede, io non voglio le moules dice una di noi, la guardiamo come se fosse un'aliena, noi non consultiamo nemmeno il menù. Arriva la cameriera a prendere l'ordine. Moules-frites per tutti, faccio io, tranne che per lei, il tono è quello che dice "poveretta". La cameriera guarda me, uno sguardo che mi fa sentire la piccola fiammiferaia, e dice nel modo brusco, ma educato dei belgi, con la cadenza tipica del francese parlato dai valloni "C'est pas la saison", non è stagione. Il tono non ammette repliche o domande di sorta, mi porge un menu e sparisce. Ok, per oggi Steak Américain il mio secondo piatto preferito da bambina. Volendo immaginare quello che avevo nel piatto,non è altro che una Steak Tartare con nome diverso.
Non siamo rassegnati, tutti adesso vogliono provare les moules. Diamo uno sguardo ai ristoranti di cozze attorno alla Grand Place,  sono le tre del pomeriggio, sono quasi vuoti, ma apertissimi e con piatti di mitili fumanti davanti ai tre o quattro avventori. Mmmmm, vedi, che non è vero, ci sono les moules, mormoriamo a denti stretti noi due "belgi" del gruppo, "ma a te risultava che ci fosse una stagione delle cozze" e che ne so, mica cucinavo. Torniamo alla carica, scoviamo un ristorante di pesce consigliato da un signore seduto su una sedia davanti a casa, "Magnifique" dice con la cadenza dei fiamminghi che parlano francese. Andiamo, nel menu ci  sono les moules. Moules pour tout le monde, urliamo. Il cameriere sorride, condiscendente,  dice con la cadenza del marocchino che parla francese "C'est pas la saison". Eh, no porca miseria, dai no, voglio le moules. Nel frattempo durante la giornata ho addentato, una gaufre, tre pralines di Wittamer (la mia pasticceria del cuore, da sempre), due di Neuhaus e un assaggio di quei minuscoli e modaioli  capolavori di cioccolato firmati Pierre Marcolini; trangugiato una Gueze, ingurgitato una Kriek, la prima birra mai bevuta, alla ciliegia, ma niente moules. Mangiamo una sontuosa, nonché deliziosa, cenetta di pesce. Grazie, signore seduto fuori da casa. Torniamo in albergo alterati dal vino e dalla birra. Non siamo né vinti, né convinti di questa stagionalità delle cozze. Il giorno dopo in due, tra cui il belga d'adozione, partono e vanno dal pescivendolo, tanto per provare ai camerieri che se non hanno le moules non vuol dire che aprile non sia la stagione giusta per mangiarle. Tornano indietro, gli occhi tristi e dicono con l'accento di un argentino e di un italiano che parlano francese "C'est pas la saison".

P.S. E' vero, da aprile a luglio non si mangiano le moules. Le lasciano in pace, a godersi le ferie, tanto vogliono bene alle loro moules i belgi. Se le trovate nei ristoranti attorno alla Grand Place è perché sono uno dei simboli del paese e quindi bisogna venderle comunque, anche se non è la stagione giusta. Al ritorno dal viaggio ho chiesto a mia mamma se ai "nostri tempi" non si mangiavano moules da aprile a luglio, mi ha risposto con l'accento tipico di una che è praticamente madrelingua francese "C'est pas la saison".

sabato 6 agosto 2011

FRITTELLE DI MELE

Quando ero bambina la mamma del gestore della spiaggia che frequentavamo con la mia famiglia sfornava frittelle di mele alle cinque in punto. Loro liguri DOC le chiamavano Frisceu, noi le frittelle. Cosparse di zucchero a velo, calde, dolci, buonissime segnano ancora il gusto dell'infanzia, quella che stava ore in acqua, nuotava, giocava e divorava le frittelle aspettando il giorno dopo per divorarne altre.


250 g di farina - 1 mela grande - mezza bustina di lievito per torte salate o dolci - 4 uova - olio per friggere - un po' d'acqua - zucchero a velo

Con la farina, le uova e il lievito preparare una pastella. Se la pastella risultasse troppo densa diluire con un po' d'acqua. Lasciarla riposare mezz'ora. Pelare la mela e tagliarla in quarti e poi a fettine spesse un centimetro. Mescolare la mela alla pastella.  Versare cucchiaiate di pastella alle mele nell'olio caldo, scolare quando sono dorate e gonfie. Toglierle dall'olio asciugarle con carta assorbente e spolverarle di zucchero a velo. Servire.

venerdì 5 agosto 2011

PASTA AL PESTO

Le ricette del pesto ligure sono infinite, solo una è quella vera ed è soggetta al disciplinare del Consorzio del Pesto genovese. Gli ingredienti presenti nella ricetta "disciplinata" sono quelli che ci vogliono per fare un pesto coi fiocchi. Quindi niente noci, mai e poi mai anacardi o mandorle, niente olio di mais, semi o altre cose liquide sconosciute, niente aglio cinese, forte e poco digeribile, scordatevi il formaggi grattugiati senza nome e soprattutto, che ci crediate o no, prezzemolo.  Questa è la ricetta di mia mamma. 


39 foglie di basilico - 2 cucchiai di pinoli - 2 spicchi d'aglio - 2 cucchiaiate di pecorino sardo non troppo stagionato - un cucchiaino di sale grosso - 150 ml di olio evo


Tostare i pinoli in una padellina senza olio, farli raffreddare. Metterli insieme al basilico, l'aglio e il sale in un mortaio. Pestare agli ingredienti piano piano contro le pareti del mortaio fino a ridurle in poltiglia, aggiungere i formaggi e pestare ancora fino ad ottenere una pasta omogenea. Mettere in una ciotola e aggiungere l'olio a filo mescolando con una forchetta per amalgamare bene. Si conserva qualche giorno in frigorifero chiuso dentro ad un barattolo. 


P.S. La dose d'aglio originale era di 3 spicchi d'aglio, quella di due è un compromesso per le persone particolarmente sensibili, io spesso ne metto uno solo, se non lo mettete per favore non chiamatelo pesto, ma salsa al basilico. Io metto un cucchiaio di pecorino e uno di parmigiano, mi piace di più e anche se non è disciplinata va bene perché molti liguri lo fanno da sempre. 







giovedì 4 agosto 2011

CROSTATA DI POMODORI

Un piatto che non è della mia infanzia, ma di recente creazione e che frequenta il mio giardino da diverse estati. E' sempre un ospite gradito. 

250 g di farina - 125 g di burro - 1 cucchiaino di sale - 2 pomodori maturi - 1 cucchiaio abbondante di senape di Dijon - qualche rametto di timo fresco - olio evo - sale pepe

Lavorare la farina e il sale col burro a tocchetti freddo fino ad ottenere un impasto granuloso, aggiungere poca acqua e lavorare velocemente per amalgamare bene. Avvolgere la pasta in una pellicola e lasciare in frigo 45/60 minuti. Stendere la pasta, metterla in una teglia ampia con la carta forno. Con un cucchiaio distribuire la senape, mettere i pomodori tagliati a fette di mezzo centimetro, lasciando libero un paio di centimetri di bordo, salare, pepare e aggiungere il timo. Irrorare con un po' d'olio. Sovrapporre il bordo libero ai pomodori a formare una crosta. Cuore in forno a 180 gradi per una ventina di minuti.

P.S. Se non avete voglia di fare la pasta da soli potete usare quella già pronta. 

mercoledì 3 agosto 2011

VERDURE RIPIENE SPECIALI

Questa è una variante delle classiche verdure ripiene liguri, specialità di mia mamma. 

8 fiori di zucca - 8 pomodori piccoli - 150 g di riso - 150 g di prosciutto cotto - 2 zucchine possibilmente trombette - 1 uovo - 2 cucchiai di olio - 2 cucchiai di parmigiano grattugiato - pan grattato - sale pepe

Tagliare a metà i pomodori e scavarli leggermente, salarli poco e metterli a testa in giù per perdere un po' d'acqua. Togliere il pistillo ai fiori di zucca. Cuocere il riso in acqua bollente salata e scolarlo molto al dente. Tritare il prosciutto e grattugiare le zucchine, mescolarli al riso. Aggiungere 1 cucchiaio di parmigiano, 1 cucchiaio di pangrattato, l'uovo e un cucchiaio di olio. Amalgamare bene. Asciugare i pomodori con carta da cucina. Riempire le verdure. Mescolare il resto del  pan grattato e del parmigiano, spolverare i pomodori con il composto e, se avanza, anche i fiori di zucca. Cuocere in forno a 180 gradi finché non sono dorati, circa 15 minuti.
per quattro persone

P.S. Potete riempire anche delle zucchine e dei peperoni. Le zucchine devono essere piuttosto grosse, scavatele e riempitele con poco composto. I peperoni tagliateli un po' meno della metà, riempiteli e usate l'avanzo per qualche altro piatto. I tempi di cottura si allungano: per i peperoni 20/30, come anche per le zucchine. 

martedì 2 agosto 2011

FOCACCIA CON PROSCIUTTO CRUDO

In un paesino di pescatori liguri, d'accordo assurto a gloria, ma sempre paesino di pescatori si tratta, una bambina che cosa poteva mangiare a merenda se non una bella focaccia? In paese non sono mai stati bravissimi a farla, qualcuno la faceva troppo alta e spugnosa, altri troppo bassa e secca, ma non fa niente il sapore della mia infanzia è quello. Rigorosamente servita con il prosciutto crudo, poco ligure, ma delizioso. 


500 g di farina 0 - 125 ml di latte - 125 ml di acqua 4 cucchiai di olio - 25 g di lievito di birra - sale


Per servire: prosciutto crudo stagionato tagliato a fette non troppo sottili.

Setacciare la farina col sale e metterla in una ciotola. Mescolare acqua e latte, farli intiepidire appena sul fuoco. Prendere quattro cucchiai di acqua e latte e far sciogliere il lievito. Aggiungere l'olio e il lievito alla farina, cominciare a mescolare con una forchetta, poi a poco a poco l'acqua. Quando la pasta avrà assunto una consistenza solida, ma non troppo, sollevandola deve ricadere in grosse gocce, farla lievitare coperta per circa 3 ore. Passato questo tempo metterla in una teglia unta d'olio e appiattirla con le mani unte. Far lievitare ancora mezz'ora, poi aggiungere del sale grosso a piacere e far cuocere in forno a 220 per 15/20 minuti.  Quando sarà appena tiepida servire le fette di focaccia tagliate a metà con prosciutto crudo, se riuscite a non mangiarla prima.

P.S. Non aggiungete tutto li liquido immediatamente, ma fatelo gradatamente, ogni farina assorbe il liquido in maniera diversa: a volte avrete bisogno di aggiungerlo, a volte ne avanzerà. Per questo è meglio  sciogliere il lievito separatamente. 

lunedì 1 agosto 2011

POMERIGGIO D'ESTATE

Il giardino della mia infanzia oggi 
Chissà perché  le estati della nostra infanzia sembrano infinite, soleggiate e bellissime. I giardini sono più grandi, il mare è più blu, il cielo più azzurro, l'acqua più salata, la pelle più abbronzata. Le mie estati lunghe e belle le ho trascorse, e le trascorro, in Liguria a casa dei miei nonni. Un paesino di pescatori assurto a notorietà internazionale tra la fine dell'800 e primi anni del '900 per la presenza di una comunità russo-inglese-ungherese. Nobili signori che venivano a scaldare le ossa al sole della Riviera e che hanno lasciato ville sontuose e alberghi di lusso, oggi condannati alla legge del condominio. Si narra di mondanità e balli, the e conversazioni sussurrate nei pomeriggi trascorsi in ozio, passi sul ghiaino dei giardini e romantiche liason con ragazze del posto. Seduta sulla sdraio in giardino, che all'epoca mi sembrava un immenso parco fatato, mia nonna mi raccontava alcune di queste storie, mi annoiavo un po', ma la ascoltavo. Poi sparivo a giocare con le mie amiche, copiando i suoi racconti, inconsapevole.

P.S. che oggi vuol dire Pre-Scriptum: La lettura di questo racconto è preclusa ai maschi di ogni età.  Perdonatemi.

Eravamo un gruppetto di bambine piuttosto pestifere, separate da poco più di due anni una dall'altra. La più piccola, vittima sacrificale del gruppo, era la sorella di una di noi e spesso veniva schiavizzata in umili faccende da Cenerentola. I maschi non erano ammessi nella cerchia, anzi venivano sbeffeggiati, incastrati in scherzi atroci o bellamente ignorati a seconda dell'occasione. Quello era il nostro sport preferito, subito dopo veniva giocare alle signore agghindate di tutto punto con gli abiti smessi da mia nonna. Eravamo uno spettacolo, indossavamo con leggiadria abitini di cotone leggero dalle fantasie estive, molto somiglianti a quelle di Emilio Pucci. Nonostante mia nonna fosse uno scricciolino di meno di un metro e cinquanta, gli abiti trascinavano a terra dandoci l'illusione di avere uno strascico da principesse. Con una mano sollevavamo l'orlo davanti, con l'altra gesticolavamo, ci pareva, eleganti. Come se non bastasse tutto questo a farci sentire divine, esageravamo issandoci su minuscole scarpe col tacco a spillo, ovviamente fornite da mia nonna, piede di fata. Ricordo un paio di sandali di camoscio viola, con listelli incrociati, poco adatti ad una signora settantenne, che infatti se ne era liberata, ma che oggi indosserei volentieri. Avevamo un arsenale di fondi di ombretti, rimasugli di cipria, mozziconi di rossetto, resti di polveri dai vari colori e dall'uso ignoto con i quali ci pitturavamo tanto da sembrare vecchie cocotte stanche. Lo smalto non l'avevamo, ma rimediavamo prendendo la colla trasparente, marca UHU, e la spalmavamo allegramente sulle unghie. Faceva le bolle, toglierla era un inferno, ma secondo noi era una delle cose più chic che indossavamo. Avevamo anche una vecchia borsa di vernice, una sola per un gruppo di quattro, che veniva messa in palio all'inizio del gioco. La paglia più corta prendeva la borsa e diventava il capo dell'operazione "giochiamo alle signore". Chi possedeva la borsa,  aveva in mano il potere. Dentro un specchietto rotto, un ferma borsa arrugginito, un pennello spelacchiato e un fazzolettino strappato. Ci seguiva un codazzo adorante di gatti che mia nonna nutriva  amorevolmente chiamandoli tutti Mignin, giusto per non confondersi. La nonna dormiva sulla sdraio nella parte alta del giardino, noi giocavamo nella parte bassa. Sulla panchina di pietra sorbivamo da tazze sbeccate e senza manici the immaginari, sgranocchiavamo finti pasticcini da piatti mezzi rotti e conversavamo di mare, bel tempo, bambole malate, pesci colorati e sogni ad occhi aperti. Dalle 14 alle 16, l'ora del pisolino per i genitori, eravamo in un regno fatato tutto nostro. La giornata si concludeva al mare, dove giocavamo a fare FA, la famosa pubblicità del sapone al Lime dei Caraibi. Correvamo sulla spiaggia, ci tuffavamo in mare e imitavamo la modella della pubblicità che era rigorosamente in bianco e nero. Poi un'estate una di noi è arrivata con il magnetofono, il registratore a cassette, dentro urlava una musica favolosa, mi pare si trattasse di "Crocodile rock" o forse "Angie" o "Light my Fire", e i nostri pomeriggi non sono stati più gli stessi.

FIOR DI FRAGOLA


Quando eravamo piccole c'era questo gelato, uno stecco rosa e bianco. Dentro morbido e cremoso fior di latte, fuori freddissimo ghiacciolo alla fragola. La mia grande passione, con il cornetto e il pinguino di una gelateria speciale, non passava giorno che non lo volessi.  Ho cercato di ricreare il sapore in coppa. 

300 g di gelato fior di latte - 250 g di fragole - 50 g di zucchero a velo - qualche goccia di succo di limone - qualche goccia di essenza di vaniglia.

Lavare e pulire le fragole, metterle nel mixer con lo zucchero, il limone e l'essenza di vaniglia. Frullare bene e setacciare per eliminare i semini. Preparare delle piccole coppette, mettere una pallina di gelato fior di latte e versare la salsa alla fragola. Servire.
per quattro piccole coppette, insomma per quattro bambini