domenica 30 dicembre 2012

MENU DI CAPODANNO - CROSTATA ALLA CREMA DI FIORI D'ARANCIO


Un finale semplice con un profumo di primavera per un cenone coi fiocchi. Un figurone con poca fatica. 

375 gr di frolla pronta – 110 gr di farina di mais fine – 2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio – il succo e la buccia grattugiata di 3 arance – 160 gr di zucchero – 4 tuorli d’uovo leggermente sbattuti – impasto per meringa – panna

Srotolare la pasta frolla su una superficie infarinata, spianarla ad un’altezza di 3mm e foderare una tortiera con fondo apribile diametro 18. Bucherellare, foderare e mettere fagioli, far cuocere in forno a 180° per 20 min. Fuori dal forno spennellare l’interno con l’albume. Mescolare la farina con l’acqua di fiori d’arancio, il succo delle arance e la buccia grattugiata. Aggiungere 300 ml di acqua bollente. Mettere il composto in una pentola e far sobbollire per 3 min, finché non diventa spesso. Con una frusta sbattere zucchero e tuorli finché non diventano pallidi quindi aggiungere sempre sbattendo la crema all’arancia. Se risulta liquida far cuocere ancora 2 minuti sul fuoco. Una volta fredda versarla nel guscio di pasta. Coprire con la meringa e distribuirla a onde usando il fondo di un cucchiaio. Cuocere a 220° per 10 15 min o finché la meringa non prende un po’ di colore. Servire con panna montata a parte. 

sabato 29 dicembre 2012

MENU DI CAPODANNO - PETTO D'ANATRA AGLI AGRUMI

Mi piace l'idea di darvi un menu che non dia troppo da fare e che sia d'effetto. Perdonatemi se uso molti agrumi in queste ricette di fine anno, sono la mia grande passione e, soprattutto, sono di stagione. Molti non amano l'abbinamento dolce salato, ma forse con gli agrumi sono meno... come dire, fiscali. Questo petto d'anatra è facile e delizioso. 

600 g di petto d'anatra - un limone  (succo) - un arancia (scorza e succo) - 50 g di mandorle tritate - 20 g di burro - tre cucchiai di olio - un cucchiaino di maizena - poco prezzemolo tritato - sale pepe

Cuocere per dieci minuti il petto d'anatra in una padella con l'olio e il burro ben caldi, salare pepare.  Unire il succo di arancia con la scorza e il succo di limone prolungare la cottura di altri cinque minuti, aggiustare di sale. Togliere il petto d'anatra e unire un cucchiaino di maizena diluita in poca acqua calda e le mandorle. Far restringere la salsa a fuoco basso mescolando in continuazione. Versare sul petto d'anatra, spolverare con il prezzemolo e servire con patate bollite, puré, patate al forno oppure, per restare nello spirito dell'ultimo dell'anno, con lenticchie stufate, come contorno.
per quattro persone

venerdì 28 dicembre 2012

MENU DI CAPODANNO - RISOTTO ZAFFERANO E CAPESANTE

Un piatto velocissimo, senza fronzoli ed elegantissimo, adatto alla notte dell'ultimo dell'anno. Si possono usare le capesante congelate, ma se le trovate quelle fresche sono il massimo. Preferisco lo zafferano in polvere, si riesce ad amalgamare meglio alla preparazione, unica accortezza comprarlo di altissima qualità. 

300 g di riso Carnaroli o Vialone Nano - dodici capesante - una bustina di zafferano - una cipolla - 100 ml di vino bianco secco - 50 g di burro  - prezzemolo - brodo vegetale - olio sale pepe

Rosolare la cipolla tritata con qualche cucchiaio di olio, unire il riso farlo tostare qualche istante, sfumare col vino e bagnare col brodo caldo. A metà cottura unire lo zafferano stemperato in poco brodo. Salare e pepare. Se usate fresche pulire le capesante: aprirle, estrarre i molluschi con il corallo eliminando la parte nera, lavarli molto bene per eliminare la sabbia. Far insaporire con metà del burro e con il prezzemolo per un paio di minuti. Salare e pepare. Un minuto prima della fine della cottura del risotto unire le capesante, il resto del burro e mescolare bene. Lasciar riposare un minuto coperto prima di servire.
per quattro persone

giovedì 27 dicembre 2012

MENU DI CAPODANNO - INSALATA PORTAFORTUNA CON LATTUGA, ARANCE E MELOGRANO

Un'insalata colorata e profumata, coi chicchi rossi del melograno a fare da contrasto al colore del sole delle arance per chiudere in bellezza l'anno vecchio e aprire quello nuovo con un pizzico di fortuna (i chicchi di melograno beneauguranti).

quattro cuori di lattuga - due pugni di rucola - quattro arance - 150 g di chicchi di melagrana - foglie di menta a piacere - 60 ml di olio di oliva (non extravergine) - un cucchiaio di acqua di fiori d'arancio - un cucchiaio di acqua di rose - sale pepe 

Tagliare a vivo le arance e poi estrarre gli spicchi (trovate nel blog la descrizione). In un grande piatto di portata mettere i cuori di lattuga tagliati con le mani, la rucola, tenere da parte qualche fogliolina, coprire con glii spicchi di arancia e i semi di melagrana. Decorare le foglie di menta. Mescolare l'olio col sale, l'acqua di fiori d'arancio e di rosa, versare sull'insalata e servire. 
per sei persone 

mercoledì 26 dicembre 2012

LE FESTE CONTINUANO

Siamo ancora chiusi per oggi, ma torno presto con ricette dedicate all'ultimo dell'anno. Per finire questo anno in bellezza.

martedì 25 dicembre 2012

BUON NATALE


BUON NATALE ! 
MERRY CHRISTMAS!
JOYEUX NOEL!
FELIZ NAVIDAD!
BOM NATAL!
FROHE WEIHNACHTEN!

domenica 23 dicembre 2012

PERE COTTE AL MELOGRANO CON GELATO ALLA VANIGLIA

Il melograno è un frutto bellissimo, colorato e delizioso. Il suo succo è un antiossidante potente e quindi anche salutare e antinvecchiamento. Queste pere sono il degno coronamento di un pranzo ricco come quello che ho presentato questa settimana. Le melegrane si trovano dal fruttivendolo fino a gennaio, se volete fare questa ricetta dopo le feste potete conservare le melegrane nel reparto verdura per parecchie settimane oppure, già sgranate, dentro un contenitore ermeticamente chiuso. E poi il melograno è beneaugurante, che durante le feste non guasta. 

sei pere dalla base larga e belle sode (le Abate non sono l'ideale, il loro "collo" è troppo lungo) - un litro  di succo di melagrana (si trova nei negozi di specialità naturali) - 125 g di zucchero di canna -  due cucchiai di Cointreau o liquore all'arancia - un cucchiaio di maizena - un limone (succo e scorza tagliata a julienne) - una stecca di cannella - grani di una melagrana - mezzo chilo di gelato alla vaniglia o crema o fiordilatte

Stemperare il Cointreau con la Maizena. Sbucciare le pere e togliere il torsolo con l'apposito attrezzo, tagliare un poco del fondo così potranno stare in piedi una volta cotte. Portare ad ebollizione il succo di melagrana con lo zucchero, il limone (succo e scorza), la cannella. Unire le pere, abbassare la fiamma e cuocere per mezz'ora circa, se non fossero completamente coperte di liquido dopo un quarto d'ora girarle. Sono pronte quando un coltellino affilato entra agevolmente nella pera. Scolarle e lasciarle riposare e raffreddare su un piatto. Prelevare un paio di mestolate di liquido di cottura e metterlo in una casseruolina, far bollire per una decina di minuti o finché il liquido non si sia ridotto di metà. Unire la miscela di Cointreau e Maizena, mescolare bene e cuocere su fuoco dolce per una decina di minuti, finché il liquido comincia ad addensarsi. Al momento di servire mettere uno strato di gelato dentro ad una coppa bassa, unire una pera, coprire con la salsa di melagrana e decorare con i semi di melagrana. Servire.
per sei persone 

sabato 22 dicembre 2012

FILETTO DI MAIALE CON LENTICCHIE E CAVOLO ROSSO


Voglio uscire un po' dagli schemi natalizi, perché è facile scegliere ricette della tradizione e avere successo. Cimentatevi in cose nuove, e non abbiate paura, vedrete che il parentado ve ne sarà grato. 


2 filetti di maiale – 2 cipolle – 4 spicchi d’aglio – olio – burro – timo/rosmarino – 1 cucchiaio abbondante di panna – 2 cucchiaio di senape all’ancienne – pepe – 250 gr lenticchie di Castelluccio – 1 un quarto di cavolo rosso  - brodo

Tagliere i filetti in sei pezzi e sigillarli a fuoco medio in una padella con un po’ d’olio. Aggiungere una cipolla e due spicchi d’aglio tritati, far dorare un po’, salare, pepare, aggiungere timo e rosmarino, unire brodo a sufficienza per coprire a metà la carne e lasciar sobbollire per circa 50 min a fuoco basso. Girare ogni tanto la carne e aggiungere acqua o brodo se fosse necessario. Far cuocere le lenticchie, in acqua o brodo, con l’aglio e la cipolla, circa 40 min. Tagliare il cavolo finemente e far sbianchire per 5 minuti, scolare e aggiungere alla carne insieme ad un pezzetto di burro 10 min prima della fine della cottura. All’ultimo momento aggiungere panna e senape, mescolare. Servire. 
per sei persone 

venerdì 21 dicembre 2012

GNOCCHI DI CASTAGNE CON SALSA DI CASTELMAGNO

E' vero a Natale è tradizione mangiare i tortellini. D'accordo ci vorrebbero in brodo o, al massimo, al sugo leggero, però, uffa, le tradizioni sono proprio un po' noiosette. Perché non cambiare con qualcosa di diverso e divertirsi a creare un piatto e una nuova tradizione, che qualcuno potrà trasgredire in futuro? Questo Natale suggerisco di preparare gli gnocchi di castagne, deliziosi e appetitosi nella loro salsa al Castelmagno. Potete usare qualsiasi formaggio vi faccia piacere, ovviamente. 

per gli gnocchi: 250 g di farina di castagne - 150 g di farina bianca - 150 ml di latte - 100 ml di acqua - sale pepe noce moscata

per la salsa: 200 g di Castelmagno - 150 ml di latte - 50 g di burro - pepe sale

per gli gnocchi: Mescolare le due farine unire il latte e l'acqua emulsionati e lavorare fino ad ottenere una pasta consistente, anche se un po' appicciocosa. Infarinare il piano di lavoro, infarinare le mani e con le mani creare dei cilindretti di due centimetri di diametro. Tagliare e formare gli gnocchi.
per la salsa: In un pentolino a fuoco basso mettere il latte, il burro e il Castelmagno tagliato a piccoli pezzi. Mescolare fino ad ottenere una crema omogenea. Tenere in caldo.
Portare ad ebollizione abbondante acqua salata, unire gli gnocchi e quando vengono a galla scolarli. Condirli con la crema di Castelmagno e servire subito.
per quattro persone 

mercoledì 19 dicembre 2012

ZUCCOTTO DI PROSCIUTTO E SPINACI

Questo è un antipasto sostanzioso, calorico e saporito, molto invernale e natalizio. Va benissimo per il pranzo di natale ed è l'ideale per un buffet. Si può anche confezionare nello stampo da plum cake, sarà un po' meno scenografico, ma buonissimo lo stesso. Suggerisco di lasciar asciugare gli spinaci cortti dentro ad un canovaccio per almeno un paio di ore. 

per l'esterno: 300 g di spinaci lessati e strizzati molto bene - 250 g di prosciutto cotto - sei fette di prosciutto crudo - 100 g di burro a temperatura ambiente - mezzo cucchiaino di di salsa Worchester - Tabasco sale pepe
per il ripieno: 150 g di prosciutto cotto - 80 g di prosciutto di Praga o di Prosciutto cotto in Crosta di Pane (specialità friulana) - 100 g di burro a temperatura ambiente - 2 cucchiai di mascarpone - mezzo cucchiaino di senape di Dijon - 2 cucchiai di verdura in agrodolce - Tabasco - sale pepe
Per decorare e servire: verdure di stagione - pane tostato

Per l'esterno: mettere gli spinaci nel mixer e poi passarli nel passaverdure a fori grandi. Mettere nel mixer il prosciutto con il burro, unire gli spinaci, la Worcherster, il Tabasco, sale e pepe, azionare le lame fino ad ottenere una crema relativamente liscio. Versare il tutto in una ciotola e lavorare con una spatola per rendere il composto leggero e soffice. Preparare uno stampo da zuccotto, di circa 20 cm di diametro, con della pellicola trasparente facendola aderire bene alle pareti. Rivestire con questa mousse, per un paio di centimetri, di spessore le pareti dello stampo. Deve avanzare un po' di crema che andrà a chiudere lo zuccotto. Mettere in frigo a rassodare, lasciando a temperatura ambiente la crema avanzata.
Per il ripieno: Passare nel mixer i prosciutti, aggiungere il burro, il mascarpone, la senape, il Tabasco, frullare per pochi secondi, la crema non deve essere troppo fine. Mettere in una ciotola unire le verdure in agrodolce, mescolare bene e lavorare con la spatola, come per la crema agli spinaci, fino ad ottenere un composto leggero e spumoso. Salare pepare. Mettere nello stampo insieme all'altra crema, riempiendo fino ad un centimetro dal bordo. Livellare con il resto della crema verde, tenuta a temperatura ambiente. Far rassodare in frigo per almeno quattro ore, meglio un giorno. Decorare lo zuccotto coi rebbi di una forchetta. Servire decorato con verdure di stagione e accompagnato da pane tostato a piacere.
per sei/otto persone

P.S. I prosciutti di Praga e in Crosta di Pane sono leggermente affumicati, nel caso non li trovaste potete  aumentare la dose del prosciutto cotto normale, la ricetta non ne risentirà. 

martedì 18 dicembre 2012

UN NATALE BELGA



La Grand Place di Bruxelles di Notte
Il Belgio era, ed è, famoso per il cioccolato, per essere la sede dalla Nato e delle istituzioni della Comunità Europea, ma oggi, grazie agli Antwerp Six, gli stilisti super modaioli tra cui spiccano Anne Demeulemeester e Dries Van Noten, è famoso per anche per la moda. Adesso, diciamolo, il Belgio è di moda. In questo paese tutto è doppio. Ci sono due lingue, due regioni, due culture. A sud c’è la Vallonia che parla francese, a nord troviamo le Fiandre che parlano fiammingo, una derivazione dell’olandese. A nord per tradizione ci sono i porti, i tagliatori e il mercato dei diamanti; a sud brillava l’oro nero fuligginoso, il carbone, sul quale il Belgio ha fondato la sua potenza coloniale e che adesso non si trova più. I belgi non sono separati solo dalla lingua, anche la loro cultura è diversa: francofona e francesizzante per i valloni, di stampo tedesco-olandese per i fiamminghi. Naturalmente anche il Natale raddoppia, nel senso che festeggiano allo stesso modo, mangiano le stesse cose, ma chiamano le specialità culinarie e Babbo Natale in modo diverso. Invitare gli amici valloni e fiamminghi alla stessa cena di Natale potrebbe dare significato al termine Torre di Babele: vuoi un po’ di Kerstronk? No grazie, preferisco un po’ di Bûche de Nöel. Stesso piatto, nomi diversi. Bruxelles è un po’ la terra di conciliazione: si parla sia francese sia fiammingo, si condividono le tradizioni e le ricette. C’è anche una piccolissima parte di una regione che è di lingua tedesca.
In Belgio esistono due momenti di festa, magari anche tre. La tradizione locale vuole che si festeggi San Nicola, che si chiama Saint Nicholas in Vallonia, Saant Niklaas nelle Fiandre. (....) 
(...) Il Natale, quello che arriva il 25 dicembre, è storia relativamente recente per il Belgio. E’ sempre esistito, ma la vera festa era San Nicola, il 25 dicembre era in tono minore. Comunque, in questo giorno, oramai tradizionale, si presenta la terza occasione di festa, sia nelle Fiandre sia in Vallonia, arriva anche Babbo Natale a consegnare doni ai bambini buoni. (...) 
(...) La cucina belga è molto variata e succulenta, ci sono il Waterzooi, che può essere sia pollo sia di pesce e che è tipico di Gand, la Carbonade à la Bière, uno stufato di manzo e cipolle alla birra servito con il Pain d’épices, il cinghiale cucinato in molti modi e un’infinità di dolci tra cui le deliziose Gaufres.
La cena di Natale è probabilmente il momento meno brillante della gastronomia belga. L’ottimo tacchino alle castagne, forse un piatto forte po’ banale, visto che si trova in quasi tutto il mondo, è preceduto da un antipasto e seguito dalla classica Bûche de Noël- Kerstronk. (...) 


Trovate il resto della storia e le ricette nel mio libro (qui a fianco il link) "Il Natale è Servito" ed. La Linea Bologna. 

domenica 16 dicembre 2012

PROSSIMAMENTE

Una nuova avventura natalizia e un menu delizioso nel solco della tradizione, con qualche variante spiritosa...

sabato 15 dicembre 2012

PAIN PERDU DI PANETTONE CON AMARENE E PANNA

Il pain perdu è un dolce tipicamente francese e serve a riciclare avanzi di dolci e pane raffermo. In questa ricetta, invece, diventa un motivo di rinnovare il dolce tipico del Natale italiano, il panettone rendendolo un dessert tutto nuovo, ma nel solco della tradizione. Non conviene esagerare con le amarene, renderebbero la preparazione troppo dolce e stucchevole, mentre invece la panna si sposa benissimo col panettone in questa sua nuova versione. 

6 fette di panettone spesse un cm e tagliate a metà - tre uova - 250 ml di latte - 125 ml di succo d'arancia - la buccia grattugiata di un'arancia - un cucchiaio di liquore all'arancia (opzionale) - 2 cucchiai di zucchero - cannella in polvere (opzionale) - panna e amarene allo sciroppo (Fabbri) a piacere

Sbattere le uova, unire il latte, il succo e la buccia d'arancia, il liquore, lo zucchero e la cannella. Mettere il composto in un piatto fondo e immergere le fette di panettone 10 secondi per lato. In una grande padella antiaderente mettere un po' di burro e quando è caldo unire le fette di panettone, fare attenzione a non metterne troppe. Cuocere tre o quattro minuti per lato. Poi girare e cuocere ancora per un paio di minuti. Servire con le amarene e la panna montata.
per sei persone

venerdì 14 dicembre 2012

MEDAGLIONI DI PESCATRICE AL LARDO CON CAPONATA SPECIALE

Proseguiamo col tema del pesce e questa ricetta, facile, gustosa e allo stesso tempo sontuosa, rispecchia lo spirito che ho voluto dare al mio pranzo di Natale. La rana pescatrice è un pesce dalle carni sode, delicate e saporite, che tra l'altro assomiglia molto come consistenza all'aragosta. La caponata si sposa benissimo con la pescatrice e la piccola quantità di aceto asciuga ed esalta la delicata carne aromatizzata al lardo.

per la pescatrice: sei medaglioni di rana pescatrice - sei fettine di lardo di Colonnata o di Arnad  - sei rametti di timo - olio sale pepe

per la caponata:  due melanzane - due gambi di sedano - due cipolle rosse - otto olive olive (io, anche se non è ortodosso, preferisco le taggiasche) - un cucchiaio di capperi (qui di Pantelleria, ovviamente) dissalati - tre pomodori freschi spellati e privati dei semi o 150 g di polpa di pomodoro - 40 ml aceto di vino bianco - tre cucchiai di zucchero due cucchiai di uvetta ammollata e strizzata in poco vino passito - due cucchiai di mandorle, tostate e tritate - due cucchiai di pinoli tostati a secco in padella - 40 ml di olio, più qualche cucchiaiata

per la caponata: cuocere le cipolle affettate in una padella con poco olio e qualche cucchiaio di acqua finché non sono morbide. A questo punto unire i pomodori e cuocere fino a raggiungere la consistenza di una salsa. Unire l'aceto e lo zucchero. Cuocere le melanzane tagliate a dadini in forno (la ricetta tradizionale le vuole fritte, io preferisco questa versione più leggera). Denocciolare le olive, tagliare a dadini il sedano e mettere, insieme ai capperi, in acqua bollente per tre minuti dall'ebollizione. Scolare. Versare tutto nella salsa con le cipolle,  unire le melanzane, l'uvetta e i pinoli e  far insaporire per qualche minuto. Servire appena tiepido spolverato con le mandorle tritate.

per la pescatrice: Arrotolare intorno ai medaglioni il lardo, come se fossero delle bistecchine, fermare con del filo. Scaldare una padella antiaderente, unire un po' d'olio, mettere i rametti di timo e sopra i medaglioni di pescatrice. Cuocere da entrambi i lati, salare e pepare leggermente prima di girare. Ci vorranno circa cinque minuti per parte, dipende dallo spessore del medaglione. Servire insieme alla caponata.
per sei persone 

giovedì 13 dicembre 2012

LINGUINE (O TRENETTE) AI GAMBERI E ZUCCHINE

Per questa settimana, che scoprirete dedicata al pesce vi offro un primo piatto quotidiano, ma elegante, che sta bene nel pranzo di Natale senza appesantire e strafare. Un piatto velocissimo che permetterà di dedicarsi ad altre cose più elaborate, come magari il dolce. Le zucchine non sono di stagione, ma ormai si trovano tutto l'anno e a Natale si può fare un'eccezione.

2 kg di vongole (anche 3) col guscio - 380 g di linguine - 300 g di zucchine - 3 scalogni - 75 ml di olio - 1 spicchio d'aglio - 25 di prezzemolo - sale pepe

Mettere l'acqua per la pasta a bollire. Far spurgare le vongole in acqua fredda salata per almeno mezza giornata (meglio più a lungo), cambiare l'acqua ogni ora e mezza. Far aprire le vongole in una grande padella con un filo d'olio e uno spicchio d'aglio. Tenere da parte un po' di acqua di cottura. Sgusciarle quasi tutte e tenerne da parte una quindicina per decorare. In una grande padella far scaldare metà dell'olio e lo scalogno, soffriggere per pochi istanti, unire le zucchine tagliate a rondelle, far stufare finché sono cotte, ma sono ancora croccanti. Aggiungere le vongole e un po' di acqua di cottura, il resto dell'olio, cuocere per qualche tre/quattro minuti. Scolare le linguine al dente e passarle nella padella insieme agli altri ingredienti, unendo il prezzemolo, far saltare per alcuni istanti e servire.
per quattro persone 

mercoledì 12 dicembre 2012

MOUSSE DI SALMONE AFFUMICATO (O TROTA SALMONATA)

Questa mousse è un grande classico dei Natali della mia infanzia, la faremo quest'anno per la prima volta dopo molti anni. Nasce come mousse di trota salmonata affumicata, forse la preferisco, ma siccome non è facile trovare delle buone trote affumicate, ho scelto il salmone. 

200 g di salmone affumicato (o anche 2 trote affumicate) - 250 ml di latte - 125 ml di panna - 50 ml di acqua fredda - 15 g di gelatina - 40 g di cipolla - 25 g di burro - 25 g di farina - 20 g di salsa al rafano - 40 ml di succo di limone - sale pepe - per decorare : paprika e prezzemolo tritato - gelatina al limone (segue ricetta)

In uno stampo da plum cake versare la gelatina di limone, decorare con piccoli rombi di salmone, qualche fettina di limone sottilissima tagliata in quartini, foglie di prezzemolo. Far solidificare in frigo. 
Tritare il salmone molto finemente. Mettere il latte sul fuoco unire la cipolla e portare a leggera ebollizione. Togliere dal fuoco e lasciare in infusione per dieci minuti. Filtrare. Ammollare la gelatina in acqua fredda per 5 min. Far sciogliere il burro e unire la farina. Cuocere per un minuto. Aggiungere il latte alla cipolla a poco a poco e portare ad ebollizione, mescolando. Far bollire un minuto o due e togliere dal fuoco. Unire la gelatina e mescolare finché non è sciolta. Laciar raffreddare in un piatto fondo coperto con la pellicola trasparente. Mettere nel mixer la salsa fredda, il salmone, la salsa al rafano, il succo di limone, sale e pele. Frullare per amalgamare bene. Montare la panna, incorporarla al composto, aggiustare di sale. Versare il composto sopra la gelatina pronta e decorata. Mettere in frigo fino al momento di servire (almeno 3 ore di frigo). Decorare un piatto di portata con bianco con paprika e prezzemolo tritato finissimo. Sformare la mousse e metterla al centro del piatto. Servire con pane nero leggermente tostato.
per sei/otto  persone

GELATINA AL LIMONE 

125 ml di acqua - 25 g di gelatina in polvere - 20 ml di succo di limone - 20 g di zucchero - sale - 15 ml di aceto di vino bianco (possibilmente al dragoncello)

Mettere la gelatina nell'acqua fredda e farla ammorbidire per 5 min. Aggiungere il succo di limone, lo zucchero, il sale. Mettere sul fuoco bassi e continuare a sciogliere bene la gelatina senza far bollire il composto. Togliere dal fuoco e aggiungere l'aceto. La gelatina è pronta da usare. Ne vengono circa cento grammi.

martedì 11 dicembre 2012

NATALE BRASILIANO



Tram di Natale a Milano 

Una nazione che ha una città che si chiama Natal dovrebbe celebrare il Natale con tutti i crismi. Natal, la capitale dello stato brasiliano del Rio Grande do Norte, fu fondata proprio il giorno di natale nel 1599. In realtà il Natale è un’occasione importante perché il Brasile è la più grande nazione cattolica del mondo, ma la festa celebrata in grande pompa è un’altra, il Carnevale.
Il Natale per gli standard brasiliani di festa è, bisogna ammetterlo, piuttosto sobrio. Prima di tutto è un’occasione da trascorrere in famiglia, quindi si esce poco, al limite si va al ristorante la sera della Vigilia, se proprio le cuoche non hanno voglia di mettere niente in tavola. Ricordo perfettamente il mio primo Natale brasiliano. Lontani da casa, eravamo volati da San Paolo a Rio de Janeiro perché speravamo di festeggiare alla grande nella città carioca. La sera del 24 dicembre non c’era nessuno per strada, i ristoranti erano pieni e non accettavano ospiti in più, la serata era tranquilla, nemmeno un cane spelacchiato in giro. Alla fine siamo riusciti a trovare uno strapuntino in un ristorante, sic, italiano di Ipanema. (...)

(...) L’albero di Natale è presente in ogni, ma proprio ogni, casa brasiliana, e si trova declinato in tutte le dimensioni e decorazioni anche in giro per le città. Vero è che se al Nord è il Presepe protagonista, per il Sud è l’albero. Perché il Sud è stato ampiamente colonizzato da immigrati di origine tedesca e quindi festeggia di preferenza con l’albero. In queste zone può capitare che faccia anche freddo e addirittura nevichi, ma senz’altro non a Natale, visto che in Brasile è piena estate in quel periodo.

Uno degli alberi più scenografici che si possano vedere in Brasile è quello, gigantesco, piazzato in mezzo alla Lagoa Rodrigo de Freitas, dietro le spiagge di Ipanema. Un cono di ferro che stilizza un abete decorato con centinaia di luci e lucine, galleggia in mezzo alla laguna. Spicca nel periodo natalizio in tutta la sua altezza dal 1996 quando è stato eretto il primo, alto 48 metri. E continua crescere, chissà quanto in alto arriverà.(...) 


(...) La cucina brasiliana è multisapore, multiodore, multicolore, multi come tutto in questo paese. Si deve pensare che in Brasile sono arrivate diverse culture in ondate diverse e ognuna ha lasciato traccia nella cucina. Il Sud è tedesco, nel senso che molti degli stati del sud del Brasile hanno ospitato e ospitano colonie di origine tedesca, come ad esempio il Rio Grande do Sul. Quindi non è difficile incontrare piatti come i crauti o il maiale affumicato e a Natale sulla tavola è facile trovare lo Stollen, un dolce tradizionale. Gli stati del Nord, tra cui Bahia o l’Amazzonia, sono in maggioranza abitati dai discendenti degli schiavi, qui venuti per lavorare nelle piantagioni o dagli indios nativi, quindi è facile assaporare piatti conditi con olio di palma, a base di manioca o di pesce e crostacei come le Moquecas, oppure con le erbe amazzoniche come nella zuppa Tacaca, che lascia le labbra leggermente anestetizzate per via delle foglie di Jambu utilizzate per confezionarla. Non poteva mancare un piatto creato dagli schiavi ai tempi delle catene, la Feijoada, si tratta di uno stufato di fagioli neri al quale venivano aggiunte in origine puntine, orecchia, zampetta di maiale e varie altre interiora. Era la quota che spettava agli schiavi dopo l’uccisione del maiale, i quarti nobili andavano ai padroni, quello che avanzava a loro. Anche se oggi ai pezzi tradizionali si sono aggiunti quelli più nobili, senz’altro non è un piatto natalizio, benché sia quello che più di tutti rappresenta il Brasile.(...) 

Trovate il resto della storia e le ricette nel mio libro (qui a fianco il link) "Il Natale è Servito" ed. La Linea Bologna. 


Da domani un menu di Natale da leccarsi i baffi. Le ricette non sono quelle del Natale è servito, quindi questo non vi esime dall'acquistare il libro. Ah, Ah, Ah. 

domenica 9 dicembre 2012

PROSSIMAMENTE

Comincio con le storie di Natale... e con tante ricette per la vostra cena e il vostro pranzo. Tutto come sempre facile e gustoso.

sabato 8 dicembre 2012

PAN DE MEJ

Pan de Mej, ovvero pane di miglio. Un pane dolce da, letteralmente, da leggenda. Si narra che nel XIV secolo il capitano Visconti liberasse le campagne intorno a Milano dai briganti che le infestavano. A quel tempo i campi erano coltivati essenzialmente a miglio e per ringraziare il nobile cavaliere i contadini prepararono un dolce con ciò che avevano di più prezioso, appunto il miglio. Lo offrirono al cavaliere il giorno di San Giorgio accompagnandolo da una tazza di panna fresca dove intingerlo. Erano nati una tradizione e un dolce che più milanese, e lombardo, non si può. I fiori di sambuco non sono fondamentali, ma conferiscono al dolce un profumo e un sapore magnifici, soprattutto se accompagnato dalla panna che esalta il sambuco. Ancora oggi persiste la tradizione di servire Pan de Mej e panna il giorno di San Giorgio. La ricetta è quella codificata, ne esistono alcune varianti, ma questa è quella tradizionale. 

150 g di farina gialla a grana grossa - 150 g di farina 00 - 150 g di farina gialla finissima - 150 g di burro - 120 g di zucchero - 15 g di lievito di birra - 200 ml di panna liquida - 100 ml di latte - 3 uova intere - 2 cucchiai di fiori di sambuco (in erboristeria) - sale - zucchero a velo (vanigliato)

In un po' di latte freddo sciogliere il lievito, far fondere il burro e setacciare le 3 farine insieme. Sulla spianatoia mettere le farine, lo zucchero, i fiori di sambuco e il sale, fare la fontana, unire le uova, il burro fuso, tutto il latte compreso quello con il lievito e i fiori di sambuco. Formare una palla e metterla in una terrina coperta con un canovaccio e farla lievitare per un'ora. Passato questo tempo dividere la pasta in piccole palle (circa 12 cm), schiacciarle leggermente, disporle sulla placca del forno imburrata e infarinata, spolverare con lo zucchero a velo, e cuocere in forno a 200 gradi per circa mezz'ora o finché non sono belli dorati. Servire con la panna liquida.

venerdì 7 dicembre 2012

COTOLETTA ALLA MILANESE


Come poteva mancare questa settimana? Il piatto più famoso della città è un regalo della dominazione austriaca, anche se qualcuno sostiene il contrario cioè che siano stati i milanesi a darla agli austriaci. In realtà la Milanese è un regalo dei turchi ai viennesi (Wienerschitzel), che a loro volta l'anno passata alla città meneghina. Perché i turchi? Perché sono arrivati alle porte di Vienna e stavano per prendere il possesso di quel paese, è andata diversamente, ma hanno lasciato la cotoletta, dimenticandosi però di continuare a farla dalle loro parti. Strani i giri che fa il cibo vero? Comunque, diciamo per esattezza storica diciamo che da entrembe le parti, sia a Vienna che a Milano si faceva la cotoletta, chi l'abbia data a chi, non importa. A Milano c'è la diatriba con osso e senza osso, alta o orecchia d'elefante, maiale o vitello. Diciamo che osso è bello! Ma anche senza non è male! Io però la preferisco alta, niente orecchia d'elefante a casa mia troppo secchetta.  Maiale (origine viennese) o vitello? Io la amo di pollo! La tradizione vuole che la Milanese venga cotta nel burro chiarificato e che a fine cottura il burro di cottura venga versato sulla Milanese. Per niente leggero, ma la tradizione vuole così. Io preferisco friggerla in ottimo olio. Il limone, nooooooo. La tradizione non lo vuole e nemmeno io che tradizionale non sono. Punto e basta. Vi do la ricetta "quasi" tradizionale, ma sotto una variante tutta mia, tra la Palermitana (altra versione di bistecchina impanata) e la Milanese originale. Tra l'altro un piatto a prova di imbranato, è facilissimo da fare. 


4 nodini di vitello - 2 uova - farina - pangrattato - olio o burro chiarificato (io preferisco l'olio) per friggere

Per chi vuole l'orecchia d'elefante: lavorare piano con il batticarne dando piccoli colpetti "striscianti" dall'osso verso l'esterno, fino ad appiattire completamente la bistecca e a farle assumere l'aspetto di un orecchio d'elefante. Per la versione alta dare solo un paio di colpetti per rompere le fibre della carne. Tre piatti: in uno la farina, nell'altro le uova leggermente sbattute, nell'ultimo il pangrattato. Infarinare la bistecchina, passarla nelle uova sbattute e nel pangrattato facendo aderire bene premendo con le mani. Scaldare l'olio in un padella, mettere una bistecchina e farla dorare da un lato, girarla e farla dorare dall'altro. Asciugare su carta assorbente. Servire. A me piace molto con i fagiolini all'agro o un'insalata verde o di pomodori. 
per quattro persone 

LA MIA MILANESE

Nel pangrattato mettere uno spicchio d'aglio tritato fine, due cucchiaini di origano di ottima qualita, tre cucchiai di parmigiano grattugiato, un cucchiaio di pecorino. Mescolare bene e impanare come per la milanese tradizionale. Friggere in olio. 

giovedì 6 dicembre 2012

OSSOBUCO ALLA MILANESE, ALLA MIA MANIERA PERO'

L'ossobuco è uno dei grandi classici della cucina milanese, si serve insieme al Risotto Giallo, cioè il Risotto alla Milanese (vedi ricetta).  Bisogna dire che è un piatto ricco, molto invernale e delizioso. L'ossobuco, inteso come taglio di carne,  deve essere rigorosamente di vitello. Io vi propongo la mia versione, un po' più leggera di quella tradizionale e con il mio ingrediente segreto. La gremolata è fondamentale, conferisce al piatto quella freschezza necessaria a renderlo perfetto. Anche nel caso dell'accompagnamento, io di solito rompo la tradizione e evito il Risotto, delizioso, ma troppo ricco, e scelgo un riso in bianco semplicissimo oppure, lo so, lo so, i puristi urleranno "all'orrore", un cous cous condito con appena un filo d'olio. Provare per credere. 

quattro ossibuchi di vitello - una cipolla dorata - uno spicchio d'aglio - un bicchiere di vino bianco - due pomodori (vanno bene anche in conserva o pelati) privati dei semi e della buccia - burro - brodo di carne - sale pepe

per la gremolata: uno spicchio d'aglio - la buccia grattugiata di un limone - un mazzo grande di prezzemolo tritato - due cucchiaini di rafano fresco grattugiato (il mio ingrediente segreto, se volete una gremolata tradizionale omettetelo, oppure provate entrambe e scegliete quella che preferite)

Praticare dei piccoli taglietti sui bordi degli ossibuchi, infarinarli e passarli in una padella con un filo d'olio, cinque minuti per lato. Toglierli dal tegame e unire la cipolla, farla soffriggere qualche minuto, unire l'aglio tritato e un bicchiere di vino. Sfumare e aggiungere i pomodori. Far insaporire per circa cinque minuti. A questo punto rimettere gli ossibuchi con un po' di brodo e cuocerli a fuoco basso, irrorandoli ogni tanto con qualche cucchiaio di brodo. Far sobbollire a fuoco lento per un'ora e un quarto/venti. Girare ogni tanto. Regolare di sale e pepe.
La gremolata: tritare l'aglio e il prezzemolo, unire il limone e il rafano se lo usate.
Una volta che gli ossobuchi sono cotti, trasferirli sul piatto di portata. Mettere nel frullatore il fondo di cottura, aggiungere un bel tocchetto di burro e frullare. Profumare con la gremolata che verserete sugli ossibuchi. Servire con l'accompagnamento che più vi piace.
per quattro persone



mercoledì 5 dicembre 2012

RISOTTO ALLA MILANESE

La settimana di Milano non poteva che prevedere la ricetta del Risotto alla Milanese, è la bandiera della città insieme al Panettone e alla Cotoletta. La ricetta è quella "vera" cioè con il midollo di bue, chi ha problemi di dieta o di colesterolo o mucca pazza lo ometta, ovviamente sarà sempre un Risotto alla Milanese, ma un po' più leggero. I puristi non fanno a meno del midollo, mai. 

380 g di riso Carnaroli o Arborio - mezza cipolla tritata - 40 g di midollo di bue - un bicchiere di vino bianco secco - 50 g di parmigiano - 50 g di burro - 2 cucchiai di olio - zafferano in polvere o pistilli - sale pepe - brodo di manzo q.b.

In un pentolino rosolare il midollo tritato fine per un paio di minuti. In una casseruola far soffriggere la cipolla con un cucchiaio di olio, unire il riso e farlo tostare leggermente. Sfumare con il vino bianco, unire il midollo e aggiungere il brodo a mestolate fino a portare il riso a cottura. Quando mancano un paio di minuti alla fine della cottura unire un piccolo mestolo di brodo in cui si sarà stato sciolto lo zafferano. Salare e pepare, quindi fuori dal fuoco mantecare con il burro e il parmigiano. Servire.
per quattro persone 

martedì 4 dicembre 2012

MILANO MIA, PORTAMI VIA. PERO' FORSE NO.

Torre Branca, Gio Ponti. Tramonto d'Inverno.
Ogni anno la settimana di Sant'Ambrogio, il patrono della città, dedico una storia a Milano. Quest'anno non sarò da meno.


Nascere a Milano è una sfida al mondo. Tutti, ma proprio tutti, ti dicono che "si, beh, è la capitale morale del paese, ma, diciamolo, è proprio brutta e poi c'è la nebbia". Chi dice così non conosce veramente la città, in effetti ha smesso di essere la capitale morale del paese da un po' e di nebbia se ne vede pochissima già da un pezzo. Brutta non lo è affatto. Ho visto città più brutte al mondo, vogliamo parlare di Pechino (Beijing)? Possiamo citare San Paolo del Brasile? Che dire di Boise, capitale dello Stato dell'Idaho (e chi l'ha mai vista, dite? Ecco, appunto)? Ci sono dei momenti che Milano è strepitosa. Prendete un tramonto invernale, una di quelle rare (vero, purtroppo) giornate nelle quali il cielo è limpido, quasi trasparente, blu profondo, e passate da Parco Sempione; la Torre Branca, piccolo capolavoro di Giò Ponti, Tour Eiffel "de noartri", si staglia in quella luce perfetta, obliqua, rossastra, sopra gli alberi spogli. Un momento perfetto, sublime che fa stringere il cuore e dire "com'è bella la mia città". Un'altra occasione, in primavera, dietro al Duomo, in una giornata dall'aria frizzante e birichina, l'albero fiorito di bianco incastrato sul retro della Cattedrale maestosa,  in mezzo a marmi e graniti, riempie di poesia un angolo urbano. Può essere magica una passeggiata in città dopo una nevicata, vero è che dura giusto il tempo di realizzare che è una giornata di neve e che dopo ci sarà fanghiglia acquosa, inquinata e grigia a terra. Un solo istante, ma tutto quel bianco soffice vi riempie gli occhi e vale la passeggiata. Certo Milano non è Parigi o Roma, così sfacciatamente belle e romantiche, non è Venezia così dannatamente disponibile, no Milano è Milano. Dura, difficile, poca avvezza al complimento e al vezzeggio. Come una donna complicata, bisogna scoprirla, andarla a cercare, vedere oltre il grigio nebbia, oltre la severità e la riservatezza ereditate dagli austriaci, bisogna andare più in là dell'ovvio. Se non fosse che i veri milanesi fuggono dalla città non appena possono, forse sarebbe anche più bella. Ma cosa volete, è facile fuggire: intorno hai le montagne e quindi d'inverno ti viene voglia di sciare, guardi un poco più a sud e hai il mare, che d''estate, col caldo da bollitore che fa in città, è meglio andarci, e poi, vicinissimo il lago, a uno sputino, giusto il tempo di fumarti una sigaretta e ci sei. Essere milanesi è una sfida, di solito il milanese adottivo riesce a scoprire l'anima vera della città, è il nativo che ha qualche difficoltà. Senti spesso il vero milanese balterare di una casetta in Provenza, "col giardino, l'orto e un cane". In effetti, di solito, la casa ce l'ha il milanese doc, proprio in Provenza, ma si guarda bene dall'andarci a vivere, perché "mettere le mani nella terra dell'orto", ossignùr che schifo, e poi "dai che il cane  lo possiamo avere anche a Milano". Tra l'altro sarebbe difficile ammettere la sconfitta di essere fuggiti da Milano per mettere su casetta in Provenza, per poi scoprire che vivere in Provenza d'inverno è di una noia mortale, che non c'è nessuno con cui parlare in quei villaggi battuti dal Mistral "cazzarola, parlano tutti francese, meglio portare il cane al parco, va". Ecco, al massimo i milanesi passeggiano il cane al parco, è molto più comodo, economico e ti lascia la libertà di criticare la città, di evitare di ammettere che tu in mezzo ai prati e i campi ti ci senti a disagio. Tutte quelle balle del caminetto acceso, di andare per i boschi a fare legna per la stufa dove cuoci i fagioli al coccio, le passeggiate bucoliche in mezzo alla campagna, sono solo un parlare fitto fittto per fare un po' di conversazione. In realtà il milanese si crogiola nel suo bello smog, della sua grigia città, anzi si compra una bella macchina inquinante, un bel SUV, che rende l'aria ancora più irrespirabile, adora fare le code per rientrare la domenica e ancor più dire come le ha evitate. E' di gran lunga meglio avere a portata di mano il Poldi Pezzoli per non andarci, lamentarsi del traffico durante la settimana della moda, per poi non perdersi nemmeno una sfilata, ovviamente usando la macchina per raggiungerla, che respirare l'aria gonfia di Mistral, piena di fumo di legna del camino, isolati e lontani chilometri dal primo teatro che "come La Scala non ce n'è". Il milanese gioca spesso a fare l'appassionato ecologista, fa il convinto quando dice che bisogna fare qualcosa per migliorare l'inquinamento in città, salvo poi, non appena gli mettono l'Area C (centro a pagamento per tutti gli automobilisti di ogni ordine e grado), urlare all'abuso e strillare "è colpa del riscaldamento (inteso come casalingo e non quello globale)" e "sono tutti in combutta per mandare in malora i negozi del centro". Non pensando che, forse è la crisi che attanaglia il mondo a far diminutire gli acquisti, che i negozi sono vuoti perché "ghe minga pù dané" (traduzione del milanese maccheronico: non ci sono più soldi), perché in realtà sarebbe sufficiente prendere i mezzi di trasporto per raggiungere il centro e continuare a fare shopping sfrenato. Già, i mezzi di trasporto, tasto dolente. Non esiste milanese che si rispetti che pensi di prendere i mezzi pubblici per muoversi in città, soprattutto per raggiungere il centro. Un milanese che si rispetti non mette piede sui mezzi di trasporto del comune, neanche si prendesse il tifo salendoci. Al massimo, qualche signora volenterosa gira in bicicletta, entusiasta di mantenersi in forma, di non avere i problema dell'area C e quello del parcheggio. Solo quelli nati fuori dalla città, di ogni ceto sociale, si azzardano a salire sui tram, le metropolitane o gli autobus, anzi ci provano gusto, ma un milanese no, non ci pensa nemmeno. Piuttosto va a vivere in Provenza.

P.S. La prima parte del titolo è un verso della canzone "Luci a San Siro" di Roberto Vecchioni 

sabato 1 dicembre 2012

SHRIKAND - YOGURT DOLCE CON ZAFFERANO E FRUTTA SECCA

Chi legge il blog da tempo sa che non amo molto i dolci indiani, ma il sabato è il giorno del dolce e l'India la protagonista della settimana, quindi vi presento uno dei dolci che mi piacciono. Facile e poco impegnativo questo dolce dello stato del Gujarat è uno dei dolci più amati in India ed è sempre servito con pane fritto.

un litro e mezzo di yogurt greco - 125 g di zucchero a velo - 1 cucchiaio ben pieno di pistacchi non salati - 2 cucchiai di mandorle o nocciole tritate - una punta di cucchiaino da the di cardamomo in polvere - un pizzico di stami di zafferano diluiti in un paio di cucchiai di latte caldo

Far scolare lo yogurt per 6/8 ore, finché non è bello sodo. Unire allo yogurt  lo zucchero, mescolare bene. Unire metà dei pistacchi e dell' altra frutta secca, cardamono e zafferano. Mescolare e raffreddare prima di servire guarnendolo con i pistacchi.

P.S Se volete potete sostituire lo zafferano con 125 ml di polpa di mango centrifugata, per cambiare sapore. Io lo preferisco. 


venerdì 30 novembre 2012

CECI ALLE SPEZIE (CURRY DI CECI)

I ceci, insieme alle lenticchie, sono uno degli ingredienti fondamentali della cucina indiana, soprattutto quella vegetariana. Si usa la farina di ceci come "collante" per fare i kebab di carne trita, si mangiano in diverse versioni di curry, tra cui la ricetta di oggi, e si sgranocchiano quelli tostati come spuntino insieme ad un Lassi.

200 g di ceci - 1 bustina di the o un cucchiaio di the nero (in questo caso racchiuso in una garzina da cucina) - due centimetri e mezzo di zenzero tritato - un litro e mezzo di acqua

per le spezie: due cucchiai di olio - 2 cipolle rosse - 1 peperoncino verde - 1 cucchiaino di aglio tritato - 3 pomodori di grandezza media a dadini - 2 cucchiaini di coriandolo in polvere - un cucchiaino e mezzo di cumino in  polvere - mezzo cucchiaino di curcuma in polvere - 1 cucchiaino di pepe di cayenna in polvere - 2 cucchiaini di coriandolo fresco tritato - un quarto di cucchiaino di Garam Masala (trovate la ricetta nel blog)

Lasciare a bagno i ceci per un'ora e poi scolarli. Farli cuocere nell'acqua insieme al the e a un centimetro e mezzo di zenzero finché non sono morbidi. Scolare, tenendo da parte 250 ml di acqua di cottura. Far soffriggere nell'olio le cipolle e farle dorare, aggiungere l'aglio, unire lo zenzero e il peperoncino. Aggiungere il resto delle spezie e i pomodori, quando il composto sarà lucido unire i ceci e l'acqua di cottura, metà del coriandolo tritato e far cuocere scoperto finché tutto il liquido non sia assorbito. Unire un pizzico di Garama Masala e servire cosparso con il resto del Garam Masale e del corindolo. Se piace unire dei bastoncini di zenzero fresco.
per quattro persone 

giovedì 29 novembre 2012

CURRY DI GAMBERI DEL KERALA

Uno dei miei piatti indiani preferiti, lo fatto moltissimo quando vivevo in India e trovavo magnifici gamberi (benché congelati). Quel sapore agro piccante, quella delicata consistenza dei gamberi, fanno di questo piatto un piatto da re. 

600 g di gamberi sgusciati - 100 g di cipolle affettate sottili - 250 ml di acqua in cui si immergeranno 3  cucchiai di polpa di tamarindo - 1 peperoncino - 1 cucchiaino di pepe in grani - mezzo cucchiaino di curcuma in polvere - 2 cm di radice di zenzero - 3 spicchi d'aglio - un cucchiaio e mezzo di olio - 2 rametti di foglie di curry (opzionali) - mezzo cucchiaino di semi di mostarda neri (vanno bene anche gialli) - mezzo cucchiaino di sale

Nel mixer, o meglio in un macinacaffè usato solo a questo scopo o nel mortaio, ridurre in crema: peperoncino, cumino, pepe, turmeric, zenzero, aglio unendo olio nel caso fosse necessario per amalgamare la pasta. Mescolare coi gamberi e far riposare qualche minuto. Scaldare l'olio insieme ai semi di mostarda e alle foglie di curry finché i semi di mostradi non scoppiettano. Unire le cipolle e cuocere finché non sono caramellate. Aggiungere i gamberi e mescolare finché non cambiano colore, unire l'acqua al tamarindo e il sale. Far sobbollire per cinque minuti finché i gamberi non sono cotti.
per quattro persone 

P.S. Tutti gli ingredienti esotici si trovano nei negozi di specialità orientali. A Milano da Kathay. 

mercoledì 28 novembre 2012

RISO AL LIMONE

Questo riso può essere piatto unico o accopagnare una pietanza, a me piace particolarmente con il Curry di Gamberi che propongo domani.

280 g di riso a grano lungo - 1 cucchiaio di olio - 1 cucchiaino di semi di mostarda neri - 1 rametto di foglie di curry (opzionale) - mezzo cucchiaino di zenzero tritato fine - mezzo peperoncino verde tagliato a fettine - 1 peperoncino rosso secco briciolato - 1 cucchiaio di anacardi tritati - 1 cucchiaio di lenticchie cotte - 1 cucchiaio di ceci cotti - mezzo cucchiaino di curcuma in polvere- due cucchiai e mezzo di succo di limone - 1 cucchiaino di sale - 1 cucchiaio di acqua - coriandolo fresco (opzionale)

Far cuocere il riso in acqua bollente salata, scolarlo al dente. Scaldare l'olio in una padella unire i semi di mostarda, quando cominiciano a scoppiettare unire tutti gli altri ingredienti tranne il riso. Far cuocere per qualche secondo e aggiungere il succo di limone, sale e acqua. Far sobbollire per qualche due o tre minuti, poi far saltare il riso finché non è bello caldo e bene amalgamato con il resto. Servire cosparso di coriandolo tritato.
per quattro persone

P.S. Tutti gli ingredienti esotici si trovano nei negozi di specialità orientali. A Milano da Kathay.

martedì 27 novembre 2012

UN PORTELLONE OSTINATO


Sulle montagne dell'Hymalaya, vicino a casa nostra
La storia di quando siamo arrivati in India l'ho già raccontata nel racconto "Welcome to India", cercatelo sul blog. 
L'impatto è stato forte. Siamo arrivati di notte, siamo sopravvisuti al girone dantesco che abbiamo  trovato all'uscita dell'aeroporto, e ci siamo avventurati nella città, nei suoi vialoni enormi, nelle sue stradine, in un labirinto sconosciuto. Siamo sopravvissuti ad una notte quasi insonne; il caldo, l'umido e le zanzare ci hanno tenuto svegli per ore. Non appena ci siamo assopiti, ci hanno svegliati per andare alla stazione. Quasi un viaggio nel viaggio, un'avventura nella città. Con l'automobile abbiamo solcato il traffico impazzito, nonostante l'ora che per noi sarebbe stata antelucana. Quell'alba livida, gonfia di pioggia di fine monsone, ci ha accolti e preparati al peggio. Nell'aria pesante c'era un  sovrapporsi di rumori: clacson suonati a distesa, piccoli risciò a motore che scoppiettavano lungo i viali, autobus sgangherati che ruggivano e vomitano diesel puzzolente. Il panorama era rallegrato da vacche che deambulavano magre e dignitose, da alberi asfittici che tentavano di vivere una loro vita. Rari uomini cavallo ansimavano davanti a portantine che ospitavano signore grasse e bambini pronti per la scuola.
Siamo passati per vicoletti brulicanti e vialoni scoppietanti di traffico e, poi, all'improvviso ci è apparsa  dell'India imperiale, quella degli Inglesi, delle Colonie. Davanti a noi si è stagliata l'imponente sagoma del Parlamento, la sua enorme piazza, un parco verde ben curato e al centro un arco di trionfo, a sottolineare la grandezza di una colonia britannica morta nell'agosto di molti anni prima.
Un ingorgo. Campanelli di bicicletta, clacson urlanti, voci e grida. L'auto si è fermata dietro ad un camion policromo decorato da disegni ed iscrizioni. Abbiamo sorriso alle scritte sul retro, una incitava "Use horn, pliss" , "Usate il clacson, par paccere", come se fosse necessario ricordare a questo popolo che il clacson esiste. Intorno a noi c'era gente che correva verso il lavoro o magari da uno scrivano, per raccontare a casa la nuova avventura cittadina, verso un ristorante di strada per rifocillarsi. Un sano casino indiano, che se non ci si è abituati si resta intronati per il resto della vita. Alla fine siamo arrivati alla stazione. Saliti sul treno ci aspettava un lungo viaggio tra le pianure e i campi di colza e mostarda. Un lungo viaggio che ci avrebbe portato in montagna, vicino al cantiere dove si lavorava per la costruzione di una diga. Ore e ore di viaggio stavano per essere la prospettiva della nostra giornata, ma ignoravamo quello che realmente ci aspettava. Lo avremmo scoperto solo dopo essere saliti sul treno e ce lo saremmo ricordati per tutta la vita. In quel momento però eravamo lì fuori dalla stazione, l'autista cercava di arrivare ai gradini per poterci scaricare. Suovava il clacson, eh già che novità, si sporgeva dal finestrino, urlava parole che potevano anche essere insulti tremendi per quanto ne sapevamo noi. Alla fine abbiamo conquistato i gradini. Fuori dall'auto ci aspettano pozzanghere profonde quanto il sacro Gange, che presto ci avrebbero costretto ad uno zigzag avventuroso con le nostre valige. 
Finalmente la Ambassador che si è fermata con un singhiozzo di resa davanti all'ingresso. Baldanzoso l'autista si è precipitato ad aprire il bagagliaio, ma questo non ne ha voluto sapere di aprisi. Le nostre valigie sono rimaste intrappolate mentre lui lottava con la maniglia. Il secondo tentativo è fallito, ha allora l'autista chiamato rinforzi. Nulla, le lamiere si sono serrate ostinate come a volerci dare un motivo per trattenerci in città a godere dell'atmosfera tranquilla e rilassata. Noi, però, non potevamo fermarci, dovevamo scappare, ci stavano aspettando da un'altra parte. E il treno prima o poi sarebbe partito e la nostra valigia era in trappola. Panico e preoccupazione ci accompagnavano insieme alla stanchezza e alla privazione di sonno. Le nostre narici, ignare dell'ansia che ci attanagliava, hanno fatto un giro turistico e hanno colto l'odore esotico dell'incenso, acceso tutte le mattine da ogni indiano che si rispetti per onorare gli Dei. Gli odori erano anche altri, era tutto così intenso inebriate, spiazzante. Mentre noi lasciavamo che i sensi avessero il sopravvento la lotta contro l'invincibile portellone continuava. La sua mascella d'acciaio serrava i denti contro i nostri averi, non li voleva mollare. Ancora un tentativo a vuoto e già una piccola folla si era riunita intorno al catorcio coloniale. Due, tre, quattro indiani si davano da fare, toccavano, trafficavano, con la mano aperta davano botte tremende sulla lamiera, ma l'aggeggio sembrava irremovibile, voleva rimanere chiuso. Ostinato, questo simpatico portellone. Alla fine è spuntato da chissà dove un cacciavite, uno dei torturatori del protellone lo brandiva come una spada, lo ha infilato, concentrato, nelle viti dei meccanismi del portellone. Gira, gira e le viti dei cardini che tenevano fermo il portellone lentamente si sono lasciate svitare. Il gruppetto si è fatto in quattro per aprirlo, come fosse una magnifica, gigantesca scatola di sardine. Finalmente il nostro bagaglio ha ritrovato la sua libertà. Tra sorrisi, pacche sulle spalle e frenetici namastee, è arrivato l'applauso del pubblico che oramai era diventato da stadio. Siamo saliti sul treno per un pelo, la locomotiva aveva cominciato quasi a muoversi, i nostri bagagli trasportati da alcuni spettatori molto soddisfatti della diversione mattutina. Welcome to India, again! 





sabato 24 novembre 2012

CREME CARAMEL VERSIONE 2

Vi ho già dato la mia versione della creme caramel (marzo 2011), questa è quella della Bella Topolona. Scegliete voi quella che più vi piace. 

250 ml di latte intero - 250 ml di panna fresca - 2 uova intere - 4 tuorli - 125 g di zucchero - una scorzetta di limone

per il caramello: 4/5 cucchiai di zucchero

Portare il latte ad ebollizione con la scorza di limone. Spegnere il fuoco e togliere la scorza. Sbattere le uova e i tuorli molto bene con lo zucchero. Versare il latte molto lentamente sul composto di uova. In un pentolino far caramellare lo zucchero finché diventa scuro. Versarlo in uno stampo a ciambella e rivestirlo facendolo aderire alle pareti e al fondo. Versare il composto filtrandolo attraverso il setaccio fine. Cuocere a bagnomaria sul fornello (o in forno) con un coperchio leggermente spostato per far uscire il vapore. L'acqua del bagnomaria deve essere caldissima senza bollire. La creme caramel è pronta quando immergendo uno stecchino ne uscirà quasi asciutto. Togliere lo stampo dal bagnomaria e far raffreddare. Mettere in frigo e servirla dopo averla tenuta un po' a temperatura ambiente.
per quattro persone

venerdì 23 novembre 2012

SPIEDINI DI CALAMARI E GAMBERI

Un'altra ricetta romagnola, un'altra ricetta della Bella Topolona che, tra l'altro, una cuoca sopraffina. Quando mangio a casa sua è sempre un gran piacere, peccato che non possiate esserci anche voi. Vi potete consolare con queste ricette, vi sentirete in nostra compagnia.  Degli spiedini la Bella Topolona dice: "Piacciono a tutti. I bambini romagnoli cominciano ad apprezzare il pesce mangiando questi spiedini. magari accompagnati da una buona piadina!". 

4 calamari - 16 gamberi - 2 tazze di pangrattato - 2 cucchiai di prezzemolo tritato - mezzo spicchio d'aglio - 2 cucchiai di olio evo - sale pepe - spiedini

Pulire e sgusciare i gamberi. Pulire i calamari e aprirli, tagliarli a strisce e lasciare interi i ciuffetti. In un grande piatto mescolare il pangrattato con il prezzemolo, l'aglio schiacciato con lo schiacciaglio, olio, sale pepe. Unire il pesce nel composto e impastare bene in modo di farlo aderire al pane. Infilare il i calamari (messi a soffietto) e i gamberi negli spiedi altenanandoli. Rivestire una teglia di carta forno, appoggiare gli spiedini sul bordo in modo che restino sospesi. Ungerli con un filo d'olio. Cuocere nel forno (possibilmente ventilato) con funzione grill a 180 gradi per 15 minuti circa, girandoli a metà cottura. Devono essere un po' abbronzati. Servire caldi con spicchi di limone.
per quattro persone

giovedì 22 novembre 2012

MINESTRA DI PASSATELLI

Ecco che vi regalo le ricette della Bella Topolona, ovviamente sono romagnole DOC. Respirerete un soffio di Romagna quando le farete. Buon Appetito. La versione dei passatelli è fatta alla "moderna" con l'uso del mixer. La Bella Topolona dice "Più che una minestra è una coccola che scalda il cuore nelle sere d'inverno. Il giorno dopo se avanzano, sono ancora più buoni. 

100 g di pangrattato - 100 g di parmigiano - 2 uova - noce moscata buccia di limone - 1litro di brodo di carne o verdure di ottima qualità - sale pepe

Mettere le uova nel mixer, aggiungere un po' per volta i pangrattato e il formaggio, pochissima buccia di limone grattugiata e la noce moscata a piacere. L'impasto deve risultare sodo, ma non troppo duro. Potare il brodo ad ebollizione, con l'apposito attrezzo far cadere i passatelli nel brodo bollente (nel caso foste sprovvisti dell'attrezzo per passateli usate lo schiaccia patate coi fori più grossi). Sono pronti quanto salgono a galla.
per quattro persone

mercoledì 21 novembre 2012

(VERA) PIADINA (ROMAGNOLA)

E' ovvio, non si poteva cominciare la settimana dedicata alla Bella Topolona senza la ricetta della piadina. La stessa ricetta che ci hanno dato al famoso corso di piadina che narro nel racconto. 

500 g di farina 00 - 70 g di strutto (di Mora di Romagna) - 4 g di bicarbonato (o lievito per torte salate) - 8 g di sale dolce di Cervia

Mettere la farina, con il sale e il bicarbonato, sulla spianatoia, fare la fontana al centro e unire lo strutto. Aggiungere acqua a poco a poco all'interno del cerchio e iniziare a lavorare, fino ad ottenere un impasto molto morbido ma non appiccicoso. Lasciar riposare coperto con con un canovaccio per una mezz'ora. Dividere la pasta in cinque palline che si stendereanno con il mattarello. Scaldare una padella a secco, mettere una piadina e quando comincia a formare bolle sulla superficie, girarla e terminare la cottura. Da mangiare rigorosamente calda, accompagnata alla maniera tradizionale di formaggio squaquerone e rucola e/o prosciutto crudo.
per cinque piadine

martedì 20 novembre 2012

A SPASSO CON LA BELLA TOPOLONA


La Micia Alice che gioca con la carta di un regalo che mi ha fatto la Bella Topolona

La Bella Topolona è una mia amica, sono io che la chiamo così e nessun altro. Come dice il soprannome è bella, ma proprio bella, da sempre, e con lei io vado a spasso. Facciamo gite a corto, medio, lungo e lunghissimo raggio. Insieme siamo state a fare corsi di cucina di tutti i tipi, viaggi di piacere con i nostri amici, vacanze stupende e gite in giornata in località più o meno amene. Spesso il nostro muoverci si riassume in puntate di shopping più o meno sfrenato, in città. Sono note a tutti le sfiancanti ricerche di scarpe per il piede da Cenerentola della Bella Topolona, un piedino fatato, veloce e raffinato. Spesso sono stata in missione per conto della BT (Bella Topolona), ho ricercato scarpe di una nota marca in luoghi spersi per il pianeta, ho trovato il numero, telefonato alla BT, comprato dietro sua autorizzazione e portato a casa. Questo argomento però non fa parte deila storia di oggi, non credo che a qualcuno interessino le disavventure di piede della BT.
Tornando a bomba nel discorso. Di solito io guido e lei dirige. Lei non ama molto guidare, a me non dispiace. Allora partiamo verso la nostra destinazione e cominiciamo a chiacchierare. Parliamo ad un ritmo di 455 parole al minuto, fitto, fitto, ci raccontiamo di tutto, e maciniamo chilometri. Non ci si secca mai la gola, non siamo mai stanche, non ci fa tacere nemmeno la radio, siamo una corazzata della chiacchiera da automobile. Una volta siamo partite per andare a fare un corso di piadina in Romagna, la sua terra di nascita. Un corso fondamentale per la nostra formazione di cuoche sopraffine, una parte indispensabile di un’istruzione culinaria. Ogni cuoca che si rispetti deve saper stendere una piadina favolosa, ovvio. Siamo partite un pomeriggio di una bella giornata primaverile, il cielo era azzurro, l'aria tiepida, noi eravamo in pieno spirito "gitesco". Ovviamente, non appena salite in macchina le nostre lingue sono partite, siamo scivolate indifferenti attraverso il traffico cittadino, e abbiamo imboccato l'Autostrada del Sole. Tra una chiacchiera e l'altra, abbiamo continuato il nostro viaggio. La nostra destinazione era la casa di una parente della BT che ci avrebbe ospitate per quella notte, dopo averci nutrite naturalmente. Anche la nostra ospite, ottima cuoca, avrebbe condiviso la lezione del giorno dopo. Non sia mai detto che una lezione di piadina non si debba condividere. Quel pomeriggio abbiamo viaggiato sull'autostrada, prudenti e attente, facendoci compagnia l'un con l'altra in una nuvola di chiacchiere in libertà. Fino a Ronco Bilaccio. Sopra il lungo viadotto che attraversa una parte particolarmente impervia della tratta ho chiesto: "Ma quando dobbiamo girare per andare verso la Riviera Romagnola? Prima di Firenze, mi auguro", sul volto della BT è calato un velo di panico. Si è girata verso di me, il terrore negli occhi, e ha detto "Come Firenze?". Chiacchiera che ti chiacchiera noi avevamo proseguito lungo l'Autostrada del Sole, verso la Toscana. A nessuna delle due, ma soprattutto alla BT che percorre quella strada piuttosto sovente, era venuto in mente di controllare i cartelli che indicavano la nuova direzione da prendere. Con grande abilità e rassegnazione abbiamo invertito il muso dell'auto e ripreso lemme lemme la strada verso la Riviera. Ad un certo punto abbiamo anche ricevuto una telefonata da chi ci aspettava. Non vedenci arrivare si era preoccupata, noi abbiamo abilmente glissato millantando molto traffico e code, omettendo la vergonosa verità. Siamo arrivate con circa un'ora di ritardo, e abbiamo chiaccherato a raffica per tutta l'ora in più.
Un altro dei nostri celebri exploit è stata la gita all'Ikea. Siamo due appassionate acquirenti dei prodotti per la tavola della premiata azienda svedese, siano oggetti o cibo. Ci divertiamo un mondo a comprare bicchieri, piatti, sotto piatti, tovagliette, posate, caraffe, padelle, coletelli, sottobicchieri, tovaglie, tovaglioli di carta, di tutte le grandezze e colori. Siamo davvero appassionate e giriamo per il reparto come cani da fiuto alla ricerca del gadget che non possediamo. Quella volta l'oggetto del desiderio erano le mini ciotoline di design, deliziose coppettine alte quattro centrimetri e del diametro di cinque. Qualcosa di totalmente inutile, assolutamente indispensabile per le nostre tavole. Fiere come bambine che hanno ricevuto il nastro della più brava, siamo passate dal reparto alimentari prima di uscire. Le nostra braccia cariche di ciotoline, aringhe, salmone, patatine siamo scese al parcheggio e abbiamo cominciato a cercare l'auto. "Ti ricordi dove l'abbiamo messa?". Silenzio, non voglio ammetterlo, ma ero annebbiata dalle nostra solite chiacchiere a 455 parole al minuto. Ci siamo guardate intorno, le borse pesanti, timidamente abbiamo preso una fila che ci pareva potesse essere la nostra, l'abbiamo percorsa tutta, niente. Ci siamo guardate, in silenzio questa volta. Abbiamo percorso un'altra fila in senso inverso. Niente,  della nostra auto nessuna traccia. Ci siamo fermate. Ci siamo concentrate. Abbiamo Pensato. Guardato, file e file di auto, in corsie che partono dalla lettera A e finiscono, boh, chissà, noi non siamo mai andate più lontano della G. In silenzio, in un silenzio angosciato, preoccupato, frastornato. Poi, l'illuminazione. Un flash che partiva da lontano, dalle 12 di quella mattina, e ormai erano le 17, una sorta di luce bianca che ha solcato il nostro cervello da dietro e è arrivata ai nostri occhi, alle nostre fronti. Ab-bia-mo sbagliato piano. Abbiamo Tirato un sospiro di sollievo, non siamo pazze. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo, non siamo rimbambite. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo, non lo raccontiamo a nessuno. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo e ricominciato a parlare. Veloci, veloci come non lo siamo mai state.
L'ultima avventura in ordine di tempo è recentissima, circa una quindicina di giorni. Siamo partite una mattina presto alla volta di Torino, indirizzo Lingotto per il Salone del Gusto, noi e i nostri trolley da riempire di leccornie. Siamo arrivate benissimo, in tempo record e entrate ancor più rapidamente. Abbiamo passato una giornata tra i contadini abruzzesi, calabresi, pugliesi, liguri, africani, ucraini, belgi, inglesi, americani, andini messicani, siamo riuscite persino a conversare con un contadino afgano che aveva perso la sua valigia contenente 20 chili di uvetta Presidio Slow Food. Ci siamo intrattenute con le nostre solite 455 parole al minuto, ci siamo bevute due litri di acqua e un paio di bicchieri di vino.  Abbiamo degustato specialità di ogni angolo di Italia e del globo, incontrato svariati amici e alcuni parenti, il ritmo della conversazione è sceso da 455 a 350 parole al minuto per la stanchezza e l’intensità della giornata. Ad un certo punto abbiamo smesso di camminare, ci siamo sedute nel magnifico orto africano, distrutte, sfatte, senza più la minima volontà di reazione. "Andiamo a casa" ci siamo dette in un rantolo. Salite in macchina, coi piedi che pulsavano, siamo partite. Il navigatore ci ha mandato su una strada che a noi pareva strana, ma il navigatore saprà ben lui, abbiamo pensato. Ecco, ho dei dubbi che il navigatore "sappia ben lui". Un po' è stata colpa nostra che abbiamo sbagliato una svolta, forse quella fondamentale, un po' è che il navigatore è maschio e mal sopporta le donne che chiacchierano, fatto sta che ci siamo trovate in pieno centro a Torino, lontano da una tangenziale, un’ autostrada o qualcosa che ci portasse a casa. E quando ho scoperto che il navigatore ci aveva mandate in piazza San Carlo, notoriamente il cuore pulsante di Torino e soprattutto isola pedonale, ho perso le staffe e ho cominciato ad urlargli contro come se fosse umano. La BT ha cercato di calmarmi con la sua voce dalle zeta pizzicate, inutilmente. Ci abbiamo messo un'ora e mezza ad uscire da Torino, io furiosa ho continuato a parlare a 455 parole al minuto, la Bella Topolona stava in silenzio rassegnata alla mia rabbia. Mi sono calmata solo dopo essere arrivata in autostrada, col muso della macchina diretto verso casa. Solo allora abbiamo ripreso a conversare normalmente. Quando l'ho depositata sotto casa abbiamo ancora parlato per cinque minuti, lei che teneva la portiera aperta, io il motore acceso.