martedì 8 ottobre 2013

KITTY IN VERDUN


A volte le cose serie si mischiano alle cose più facete e danno origine a storie intrise di tenerezza. Credo che questa che vi racconto oggi sia una di quelle.
La cittadina non è grande, la Mosa scorre placida nel suo centro. E' famosa per una cruentissima battaglia della Prima Guerra Mondiale e molti angoli della città sono dedicati al ricordo dello scudo fatto dai francesi contro i tedeschi. Elmetti, divise d'altri tempi, fucili con la baionetta innestata, generali che guardano l'orizzonte, queste le immagini in basso e alto rilievo scolpite nel marmo dei monumenti. Ma questi sono i dettagli di una cittadina con un'eleganza d'altri tempi, dove i popoli si sono scontrati ed incontrati. Le costruzioni parlano di una città di rilievo politico e strategico in un passato lontano, muri fortificati e edifici testimoniano la sua importanza almeno dal 1600. Verdun è una delizia, tranquilla, silenziosa, nobile e a tratti troppo placida. Accogliente con la ruvidezza della gente abituata a stare sola, a guardia di un confine. Una rivelazione. L'eleganza e la pacatezza delle vie cittadine riconciliano con la vista di campi di battaglia, di cui si possono solo immaginare le trincee, il clangore delle armi e l'odore del sangue durante gli scontri tra i soldati. Oggi anche nei campi regna il silenzio, accompagnato solo dal sibilo del soffio di una brezza leggera. Il verde accecante e la terra coltivata riportano ad un'Europa di oggi, dove le barriere sono cadute e non si combatte più per conquistare il territorio di un altro paese. Si è uniti, senza confini e frontiere. Un sogno che un soldato della Prima, e anche della Seconda, Guerra Mondiale non avrebbe nemmeno potuto sognare. Nella notte i monumenti si illuminano di luce artificiale e il silenzio si fa ancora più irreale, accompagnato solo dallo scorrere del fiume lungo il viale alberato oggi isola pedonale. Avanti, in fondo ad una via, un monumento ricorda i caduti di una delle guerre, una frase di un generale francese ne esalta l'eroismo. Il monumento è bello, una ripida scala porta in alto, verso una scultura che prende tutta una parete e che sta in mezzo alle frasi di rito per ogni monumento dedicato ad una guerra. Si domina la città, la si sovrasta dall'alto, lo sguardo spazia oltre i tetti delle case del centro, oltre al fiume e gli edifici sulla riva, oltre verso i campi che la vista non coglie. Dietro un giardino pieno di alberi. Un monumento che suscita, nella sua imponenza, un attimo di raccoglimento al pensiero di chi ha combattuto e non è tornato a casa. Ad un certo punto da uno dei lati del monumento-scultura è arrivata lei. Nera come la notte e gli occhi gialli come una luna che sorge. Ci ha guardati, sembrava che gli occhi sorridessero, che fosse contenta di vederci. "Vi ho trovati e vi tengo stretti," diceva con la coda alta e il suo strusciarsi contro le nostre gambe. Una carezza, una smanceria, il pelo liscio e morbido senza una chiazza, senza una macchia più chiara, perfettamente nera, tutta. Due carezze e una grattatina alla gola e tra le orecchie e subito è partito un concerto di fusa goduto e felice. Piccola, leggera, si è lasciata prendere in braccio, accarezzare. Il suo musetto umido contro il collo, pronta a venire via con noi in piena fiducia. Ma il nostro viaggio era lungo, lontano da lì e lei non avrebbe potuto seguirci. A malincuore l'abbiamo lasciata sui gradini del monumento, su quei gradini ripidi come una picchiata d'aereo. Lei si è seduta, ci ha guardati scendere, ne abbiamo percepito la delusione rassegnata. La sua coda sembrava dire vi perdono per avermi illusa. E' rimasta immobile a guardarci scendere finché non siamo diventati un puntino lungo il fiume, giù in  basso. Le avevamo già scelto un nome, Verdun si sarebbe dovuta chiamare se l'avessimo portata con noi. Verdun, come la città da dove proveniva e in ricordo di un'unità Europea non ancora perfetta. Kitty of Verdun, micia nera e nobile.

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