lunedì 31 ottobre 2011

COME CONSERVARE I BAGEL

Sabato mi sono completamente dimenticata di fare quanto promesso, insegnarvi a conservare i bagel. Rimedio oggi. Siccome per farli ci vuole un po' di tempo è meglio farne parecchi e tenerli da parte.
Si dice che i bagel siano al massimo quando escono dal forno e che poi si deteriorino velocemente. Vero e Falso, nel senso che è vero che sono al loro massimo quando escono fragranti dal forno, ma si possono conservare bene anche per parecchi giorni con alcuni accorgimenti. Una volta raffreddati metterli in un sacchetto di carta e chiuderlo bene, inserire il sacchetto di carta dentro a uno di plastica, a sua volta ben chiuso. Mettere il tutto nella parte bassa del frigo, possibilmente nel cassetto delle verdure. I vostri bagel si conserveranno per almeno 5/7 giorni. Quando vorrete mangiarli sarà sufficiente tagliarli a metà, e ancora freddi spruzzarli con acqua fredda e tostarli nel tostapane o nel forno finché non sono leggermente croccanti in superficie. Saranno come nuovi, appena usciti dal forno. Evitare come la peste il forno a microonde, non adatto e addirittura deleterio per riscaldare i bagel.
Si possono congelare in un sacchetto di plastica dal quale avrete tolto tutta l'aria, ma non sarà sottovuoto. Una volta tolti dal freezer far scongelare e ripetere la stessa operazione come per quelli conservati in frigo. Si possono congelare già tagliati a metà. In freezer si conservano per sei mesi.

domenica 30 ottobre 2011

sabato 29 ottobre 2011

TORTA DI MELE

Sono moltissimi i dolci della gastronomia ebraica, sia di origine Sefardita sia Ashkenazy. Questa è una delle tante ricette e versioni di un dolce con la frutta. La frutta è considerata parve, cioè un cibo neutro che può essere mangiato sia con i formaggi che con la carne. Quindi questo dolce è l'ideale alla fine di un pasto. 

750 g di farina -  500 g di zucchero - 250 ml di olio di mais - 4 uova - 60 ml di succo d'arancia -  3 mele tagliate a fettine - 1 cucchiaio di lievito per dolci - 2 cucchiaini di estratto di vaniglia - 1 cucchiaino di cannella in polvere - 125 g di zucchero

Mescolare la cannella con 125 g di zucchero. Mettere tutti gli ingredienti, tranne le mele, in una grande ciotola e  con lo sbattitore del mixer mescolare fino ad ottenere una pasta liscia e omogenea. Versare metà del composto in una teglia ad anello rimovibile del diametro di trenta cm, disporre le mele a fettine e spolverare con lo zucchero alla cannella. Versare il resto del composto e decorare con il resto delle mele, spolverare con lo zucchero alla cannnella. Cuocere nel forno a 150 gradi per circa 90 minuti, controllando il grado di cottura inserendo la lama di un coltello al centro della torta, deve uscire pulita.


venerdì 28 ottobre 2011

BAGEL CON SALMONE

Adoro i Bagel. Mi piacciono semplici, senza tanti fronzoli e serviti con la panna acida o il cream cheese, quello buono, aromatizzato all'erba cipollina, al quale si aggiungono una goccia di limone e fette di salmone affumicato. Ne esistono tantissimi tipi: alla cipolla, coi semi di papavero, di sesamo, con uvetta e cannella o mirtilli, quelli detti "everything", i vari sapori non si contano. Sono una delle cose più tipiche di New York importate dagli immigrati ebrei. Per molto tempo negli Stati Uniti venivano indicati come New York Bagels, a certificare la provenienza nel resto del paese le rare volte che comparivano. Adesso sono tantissime le catene che li propongono in tutto il paese, i migliori però restano quelli di New York. 


1 kg di farina - 375 ml di acqua tiepida - 2 cubetti di lievito di birra - 2 cucchiai di zucchero - 2 cucchiai di sale - 1 cucchiaio di olio d'oliva - salmone affumicato - cream cheese - erba cipollina - succo di limone

Mescolare l'acqua, il lievito e un cucchiaio di lievito di birra e lasciar riposare per una decina di minuti.  In una ciotola grande mescolare metà della farina, il sale e il resto dello zucchero. Unire l'acqua col lievito e e l'olio e comininciare a lavorare la pasta. Aggiungere il resto della farina e trasferire sulla spianatoia e lavorare per cinque minuti, finché la pasta non diventa liscia, aggiungendo farina nel caso fosse troppo molle. Ungere la pasta e Metterla in una ciotola, far lievitare coperta per un'ora circa o finché non raddoppi di volume. Formare 16 palline di pasta e lasciar riposare ancora cinque minuti. Stendere le palline e dar loro la forma di una ciambella. Mettere l'acqua in una pentola capiente e aggiungere la melassa, quando è molto calda, ma non bolle, depositare delicatamente i bagels, uno alla volta. Cuocere per trenta secondi, girare con una schiumarola e cuocere per altri 30 secondi. Far asciugare per cinque minuti su una gratella. Disporre sulla placca del forno unta d'olio o rivestita con la carta forno, cuocere sul ripiano più basso a 230 gradi per 15 minuti circa, finché i bagel non sono dorati e lucidi.
per 16 bagel (domani vi insegnerò il modo di conservarli a lungo)

Si servono in questo modo: tagliare a metà di bagel, farli tostate finché i bordi sono leggermente dorati. Nel frattempo mescolare il cream cheese con l'erba cipollina tagliuzzata, poco sale e pepe. Spalmare il formaggio sul bagel caldo, mettere il salmone affumicato a fette sottili, un po' di cipolla tritata e qualche goccia di succo di limone. Servire. Slurp.

giovedì 27 ottobre 2011

GEFILTE FISH - POLPETTINE DI PESCE

Un piatto tipico della gastronomia ebraica Ashkenazy. E' anche uno dei cibi che si consuma più di frequente durante lo Sabbath perché aiuta a rispettare una delle 39 azioni proibite del giorno festivo, consumare pesce cade in quello detto "separare", in questo caso il gesto di togliere le spine, il fatto che il gefilte fish si presenti sotto forma di polpetta esenta dall'operazione e permette di consumare pesce. Ne esistono numerose versioni sia con pesce di mare che di acqua dolce e persino una a base di salmone. Originariamente si serviva questo piatto dandogli una forma di pesce e di polpettina. 

450 g di pesce bianco (carpa, merluzzo)  - 1 cipolla - 1 carota - 1 uovo - 2 cucchiai di farina di matzo (va bene anche grano) - mezzo cucchiaino di sale - pepe

Per il brodo: 1 cipolla tritata - 1 carota tagliata a cubetti - brodo vegetale - qualche grano di pepe nero

Tagliare il pesce, le carote e la cipolla grossolanamente, mettere tutto nel mixer e frullare fino ad ottenere un impasto fine. Aggiungere l'uovo, la farina, il sale e il pepe. Con le mani bagnate fare delle palline di pesce del diametro di circa 5 cm. Portare il brodo ad ebollizione aggiungere tutti gli ingredienti, abbassare la fiamma, unire le palline di pesce e far cuocere per circa un'ora. Servire con foglie di lattuga e la salsa al rafano/cren.
Salsa al rafano/cren: passare uno spicchio d'aglio allo spremiaglio, mescolare insieme a rafano/cren grattugiato e succo di limone. Unire maionese a piacere. Salare e pepare.
per quattro persone

P.S. Durante una lezione di cucina ebraica con un cuoco pazzo e piuttosto incapace abbiamo fatto del Gefilte Fish bellissimo. Una pallina di Gefilte al salmone avvolta da uno strato di Gefilte al merluzzo, l'effetto cromatico era magnifico. In quell'occasione il sapore era terribile, molto probabilmente per colpa del cuoco che ci aveva fatto mettere qualcosa di diverso dalla farina di matzo o di grano, non ricordo bene cosa, ma in seguito è stato un piatto di grande successo. Pazzo ed incapace, ma con delle idee. 

mercoledì 26 ottobre 2011

LATKES - FRITTELLE DI PATATE

Un piatto tipico dell'Est europeo che è diventato patrimonio della cultura ebraica. Dalla Polonia alla Svezia, passando per la Svizzera, arrivando in Francia,  esistono numerose versioni di piatti ai quali si sono ispirati i Latkes e che assomigliano nella forma e consistenza. Sempre a base di patate, perché alimento tipico di quei paesi, è uno dei piatti consumati durante l'Hannukah, la festa delle luci. Consumare latkes non è uno dei mitzovot di Hannukah,  cioè quei cibi che la religione comanda di consumare nel corso della festa, ma gli ebrei trovano consono mangiare cibi fritti o cotti in abbondante olio in quell'occasione per ricordare il miracolo dell'olio nel tempio. Spesso si consumano con la panna acida. 


quattro patate grandi - 1 cipolla media - 1 uovo - 2 cucchiai di farina di matzo o di grano - 2 cucchiai di olio vegetale (per dei latkes meno grassi) altrimenti tanto olio da coprire il fondo della padella - panna acida a piacere o salsa di mela (facoltativo) - sale

Grattugiare le patate nella grattugia a fori grossi, fare lo stesso con le cipolle, mescolare il tutto. Si può passare la mistura in acqua fredda per una mezz'ora in modo da eliminare più amido dalle patate. In questo caso asciugare bene. Unire alle patate e cipolle l'uovo, la farina e il sale. Scaldare l'olio in una padella e versare il composto di patate a cucchiaiate (una o due), appiattire leggermente e far cuocere da un lato per circa cinque minuti. Girare e continuare la cottura finché i latkes non sono cotti e dorati, tra i 10 e i 15 minuti. Servire caldi con la panna acida o la salsa di mela.



martedì 25 ottobre 2011

KNISH - FAGOTTINI RIPIENI DI PATATE

Uno dei miei piatti preferiti della gastronomia ebraica, in particolare quella Ashkenazi che si è sviluppata nell'Europa Centrale e Orientale. Sono dei fagottini di pasta ripiena di patate o altre verdure come gli spinaci, sono ottimi come aperitivo o antipastino. Sono facilissimi da fare. 


Per la pasta: 500 g di farina - 50 ml di olio - 1 cucchiaino di lievito per torte salate - 2 uova - mezzo cucchiaino di sale - 100 ml di acqua

Per il ripieno: 500 g di di patate ridotte in purè - 500 g di cipolla tritata fine - 60 ml di olio - sale pepe

Per la pasta: setacciare la farina, il sale e il lievito, fare la fontana e mettere le uova e un cucchiaio di olio, aggiungere l'acqua poco a poco e cominciare a lavorare per incorporare gli ingredienti alla farina. Lavorare finché la pasta assume diventa una palla, con le mani unte d'olio metterla in una terrina e far lievitare per un'ora.
Per il ripieno: Mettere due cucchiai di olio in una padella, aggiungere la cipolla e cuocerla finché non è tenera. Salare e pepare. Mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola.
Stendere metà della pasta in un rettangolo, con l'aiuto di un cucchiaio formare dei piccoli cumuli di pasta sul rettangolo. Stendere l'altra metà di pasta della stessa dimensione del primo rettangolo, coprire la pasta con la farcitura e chiudere come se fossero ravioli. Tagliare e mettere sulla placca del forno. Far cuocere nel forno a 180 gradi per una quarantina di minuti o finché non sono dorati.

lunedì 24 ottobre 2011

NOTTE A PRAGA

Era il mese di novembre, l'aria era frizzante, il cielo azzurro, gli alberi senza foglie lasciavano intravedere i monumenti. Il ponte Carlo era gremito, come sempre, e i turisti si accalcavano per farsi fotografare con lo sfondo della città vecchia. Noi camminavamo e chiacchieravamo lungo il fiume, senza una meta, solo con la voglia di assaporare l'atmosfera magica di Praga. Taglia a destra, gira a sinistra, attraversa, sali su per una salita, siediti su una panchina davanti alla Moldava e guarda il panorama, assaggia le castagne, degusta il pane, via, via verso il ghetto. Le vie strette, la sinagoga, il cimitero. Il cimitero ebraico di Praga, affollato di lapidi di pietra che spuntano ovunque, si affollano le une sulle altre di qualsiasi dimensione, ma della stessa foggia, piccole, medie, grandi, minuscole, minime. Lapidi che commemorano un defunto, dieci defunti, mille defunti, strette le une alle altre, si sovrappongono in strati e strati di ricordi, si tengono in piedi le une con le altre, con iscrizioni in una lingua sconosciuta rendono sacre le storie di uomini e donne. Un tempo gli ebrei non potevano essere seppelliti nient'altro che in questo cimitero e le lapidi si sono sovrapposte in strati di diverse epoche conferendo a questo piccolo bosco cittadino un aspetto anomalo, ma affascianante. Oggi il cimitero è famoso tanto quanto la torre dell'orologio sulla quale i meccanismi animati battono le ore. Noi, ovviamente, come chiunque volevamo visitare il cimitero. Peccato che fosse chiuso, era Shabbat,  il giorno sacro degli ebrei e tutto il quartiere rispettava la tradizionale pausa settimanale senza lavorare.  Delusione. Ma che importa, esiste la domenica.
E via verso avventure praghesi, un the in un caffè déco, in una birreria a degustare una cena a base di salsicce, selvaggina e birra, tanta birra. Poi a dormire, per svegliarsi presto alla mattina ed essere fra i primi ad entrare al cimitero. Un po' di libro per conciliare il sonno e tanti sogni per intrattenersi durante la notte.
Poi di colpo il risveglio e l'insonnia. Io con gli occhi sbarrati, immobile nel letto per non svegliare il mio compagno. Piano mi giro sul fianco destro inalo l'aria dal naso la faccio uscire lentamente dalla bocca, cerco di rilassarmi. Conto le pecore, conto le nuvole, conto i fili d'erba su cui passeggiano le pecore. Niente. Il sonno non vuole tornare. Mi giro piano piano sul fianco sinistro. Cominicio a pensare ad una corsa nei boschi, cerco di stancarmi mentalmente mettendo un passo davanti all'altro, respiro piano, espiro piano. Sono sveglissima. Mi giro a sinistra, lentamente, molto lentamente. Penso ad un lago tranquillo, immobili come uno specchio lucido le sue acque aspettano che io entri in e cominci a nuotare. Invece lancio una pietra e sulla superficie si diesegnano cerchi concentrici. Uno dentro all'altro si muovono piano... accidenti, sento delle voci forti in corridoio, deve essere un gruppo di ragazzi che rientra da una notte brava. Ridono forte, commentano ad alta voce qualcosa in una lingua a me ignota, ho come la sensazione che siano sbronzi. Penso ad una nuvola sofficie, morbida, accogliente, la sento intorno al mio corpo, mi avvolge. Mmmm, sonno, chiudo gli occhi. Suonano diverse campane. Mi metto il cuscino sulla testa. Fuori dalla finestra lo scampanio continua. "Ma guarda" mi sorprendo a pensare "deve essere successo qualcosa", immagino che come nel medioevo si segnali un'emergenza suonando le campane. Negli anni duemila, come nel medioevo, come sono romantici e praghesi. Mi alzo, vado in bagno. Torno, mio marito si gira nel letto, piano, so che non mi vuole svegliare. Non sa, che invece non dormo. Torno nel letto, penso ad un maglione di lana morbida che mi fa caldo e mi rilassa i muscoli. Penso ad una tisana di valeriana. Penso: "Adesso basta. Scendo in salotto a leggere il libro". Scosto le coperte. Mi alzo piano, scendo dal letto. Prendo dei vestiti nell'armadio, chiudo la porta del bagno. Sono pronta a cambiarmi. Guardo l'ora. La lancetta delle ore segna le 12, quella dei minuti è ferma sui cinquanta. Accidenti, mi si è fermato l'orologio. Ci voleva anche questa. No, un momento, quando ho spento la luce ieri sera era mezzanotte e un quarto. Sono sicura, ho guardato il quadrante nero coi numeri bianchi. Come può essersi fermato mezzanotte meno dieci? Come? Poi realizzo, afferro la maniglia della porta e ad alta voce dico "Svegliati, svegliati è mezzogiorno meno dieci, se non ci sbrighiamo perdiamo l'aereo". Il mio compagno mi guarda e dice "Sono sveglio da ore, sono stato immobile perché non volevo svegliarti". Salta giù dal letto, la cameriera ha chiuso tutte le tapparelle della stanza ermeticamente, non passa un filo di luce, nemmeno quella del mezzogiorno. Siamo in un bunker bellissimo, ma buio, buio, buio che mezzogiorno pare mezzanotte. Le campane battono ritmicamente mezzogiorno e noi non abbiamo visitato il cimitero di Praga.

domenica 23 ottobre 2011

sabato 15 ottobre 2011

COCONUT BURFEE - DOLCETTI AL COCCO

I dolci indiani sono dolci, dolci. Questo è forse uno dei meno stucchevoli, per gli amanti del cocco è il paradiso. 

600 g di cocco grattugiato secco - 5 g di cardamomo in polvere - 60 g di zucchero - 80 ml di acqua - qualche filamento di zafferano - pistacchi tritati per decorare

Mettere lo zucchero e l'acqua in una pentolina, mescolare finché lo zucchero non è completamente sciolto.  Mettere sul fuoco e  portare ad ebollizione. Aggiungere il cocco, lo zafferano e la polvere di cardamomo, mescolare bene. Togliere dal fuoco e spalmare la pasta su un piano unto d'olio. Far raffreddare e tagliare a quadratini. Decorare con pistacchi tritati.
per 4 persone

venerdì 14 ottobre 2011

PATATE RIPIENE ARROSTO

Un piatto vegetariano, piccante e saporito. Facilissimo da fare. La ricetta originale prevede un cucchiaino di peperoncino in polvere, se volete potete usarlo, io lo preferisco meno piccante. 

1 kg di patate grandi - 8 anacardi grossolanamente tritati - 10 ml di burro chiarificato (va bene anche il burro sciolto, ma tiene meno la temperatura di cottura) - 10 g di uvette ammollate - 20 g di formaggio tipo primosale o cacioricotta - mezzo cucchiaino di semi di cumino - un cucchiaino di coriandolo fresco tritato - un pizzico di garam masala (vedi martedì) - un cucchiaino di succo di limone - mezzo cucchiaino di peperoncino in polvere - sale

Pelare le patate, svuotarle lasciando uno spessore non troppo grande e friggere gli involucri. Non devono cambiare colore, ma i lati devono diventare leggermente croccanti. In un altra padella friggere il resto delle patate. Schiacciare coi rebbi di una forchetta e far raffreddare. Aggiungere tutti gli ingredienti, tranne il formaggio, riempire gli involucri di patate. Mettere le patate su uno spiedo grande, grattugiare sopra il formaggio e far cuocere sotto al grill finché non sono di colore dorate, circa un quarto d'ora.


giovedì 13 ottobre 2011

CHICKEN TIKKA - BOCCONCINI DI POLLO

Un classico della cucina indiana, bocconcini di pollo cotti nel tandoor, il tipico forno di terracotta, verticale, usato in tutto il nord del paese. Vi do la ricetta originale, senza le paste preparate industrialmente solo ingredienti freschi. Non ci si mette molto di più a prepararlo, nel caso non le trovaste macinate tutte le spezie  possono essere  intere e poi macinate in un mortaio prima di usarle, avendo l'accortezza di scaldarle prima.

800 g di pollo disossato, petto o coscia, a cubetti di 2 cm circa - 60  ml di olio - mezzo di cucchianio  di cumino macinato - due spicchi d'aglio schiacciati e tritati fini - 25 gr di zenzero fresco tritato finisssimo - 20 g di farina di ceci - mezzo di cucchiaino di cardamomo macinato- mezzo cucchiaino di macis macinato - peperoncino in polvere 1 cucchiaino - mezzo cucchiaino di pepe bianco - mezzo cucchiaino di turmeric macinato 45 g di yogurt - 4 cucchiai di succo di limone - sale

Mescolare lo yogurt con tutti gli altri ingredienti. Marinare il pezzi di pollo per almeno tre ore. Mettere i bocconcini di pollo sugli spiedini distanziati di due centimetri uno dall'altro. Cuocere nel forno al massimo delle temperatura o, meglio, sulla griglia per 3 minuti. Abbassare la temperatura a 180 gradi, spennellare gli spiedini con l'olio e cuocere per 10 minuti spennellando almeno altre due volte.
Togliere dagli spiedini e servire con cipolla affettata e chutney alla menta se proprio volete essere indiani-indiani.
per 4 persone 

mercoledì 12 ottobre 2011

SAMOSA - FAGOTTINI CROCCANTI CON VERDURE

Adoro letteralmente il samosa, sono indianissimi croccanti, piccanti, fragranti, profumati e sono fantastici in ogni momento della giornata. Aperitivo, antipasto o piatto forte a casa mia sono sempre i benvenuti. Unica cosa... sono fritti e, siccome sono attenta alla linea, non me li fa consumare quanto vorrei. I semi di ajwain sono tipicamente indiani e conferiscono un profumo particolare alla pasta, sono facoltativi soprattutto perché non sono facili da trovare. 


Per la pasta: 220 g di farina - 2 cucchiai di olio - 80 ml di acqua - mezzo cucchiaio di semi di ajwain (trachyspermum ammi) facoltativi - 1 cucchiaino di sale

Mescolare la farina, i semi e il sale. Fare una fontana aggiungere l'olio e l'acqua. Lavorare la pasta fino ad ottenere un composto consistente e che non si attacca più alle mani. Far riposare mezz'ora. Dividere in 12 palline regolari, stendere in cerchi di 15 centimetri di diametro, bagnare i bordi prima di mettere il ripieno.

Per il ripieno: 1 patata tagliata a dadini piccoli - 1 carota tagliata a dadini piccoli - 250 g di piselli freschi scottatati in acqua bollente - 100 ml di brodo vegetale - 2 spicchi d'aglio - 1 cipolla tritata - 1 cucchiaio di olio - 2 cucchiaini di curry o garam masala - peperoncino tagliato a fettine (facoltativo) - sale pepe

Olio per figgere

In una padella mettere l'olio, soffriggere la cipolla e l'aglio, aggiungere il curry o le spezie e cuocere finché non sono morbide le cipolle. Unire le verdure e mescolare finché non sono bene amalgamate. Versare il brodo e far cuocere per circa trenta minuti.
Mettere al centro dei cerchi pasta un po' del ripieno e chiudere per formare dei triangoli. Friggere in abbondante olio caldo finché non sono dorati.
per 12 samosa 

P.S. Nel caso non si trovino i semi di ajwain, per avere la sensazione dello stesso profumo usare un po' di timo, non è la stessa cosa ma si avvicina abbastanza. 

martedì 11 ottobre 2011

DANZA DI STRADA IN RAJASTAN

Non faceva molto caldo e la strada, una via di mezzo tra uno sterrato, una strada normalmente asfaltata, ma piena di buche, e un sentiero di montagna, era affollata. Parecchio affollata. Noi eravamo chiusi dentro l'auto, guidata da un sikh con un gigantesco turbante turchese, tanto grande da annullare la vista sulla strada. Eravamo stati sballottati di qua e di là e ci sentivamo shakerati come un cocktail all'ora dell'aperitivo. Altrettanto freschi, perché nonostante le nostre rimostranze l'aria condizionata dell'auto aveva la stessa temperatura di un secchiello di ghiaccio. D'improvviso l'autista ha inchiodato, letteralmente. In India non esiste il termine "frenare dolcemente", ma solo "inchioda più veloce che puoi e cerca di non fare danni, ma non sempre, e chissene frega dei passeggeri". Davanti a noi in un imbuto chiuso da macchine, carretti,  bestie, tra cui un cammello, c' erano mezzi fermi in tutti i sensi di circolazione. Tutti immobili, a cuocere sotto il sole, sulla carreggiata opposta senza pensare a quelli che vengono dalla parte opposta, ma con un senso della musica spiccato nascosto dentro ai clacson suonati a distesa, a ritmi differenti. Ogni tanto un raglio d'asino o di cammello punteggiavano il ritmo come una batteria. La domanda è sorta spontanea, cosa è successo. E' ovvio, come accade spesso, no anzi, spessissimo in India un camion si è ribaltato nel dirupo, un altro è finito di traverso nel tentativo di evitarlo, bloccando tre quarti della carreggiata, impedendo così il normale transito automobilistico. Una cosa decisamente consueta da quelle parti. E quale buona occasione di un bell'ingorgo affollato per fare un po' di rumore col clacson, strumento amatissimo da tutti i guidatori indiani persino dai pedoni, dai conducenti di elefanti e di risciò a traino umano. Perché quello era un bell'ingorgo, di quelli che ti danno soddisfazione e ti fanno perdere un paio d'ore, almeno, sulla tabella di marcia. Tutti fermi, ottimo motivo per scendere dall'auto e sgranchire le ossa provate dalla levigatezza accurata della strada. Persino gli organi interni avevano sofferto di quella trasferta tra una città e l'altra. Due passi erano proprio quello che ci voleva. Avanti e indietro tra le macchine, poi seduti sul ciglio della strada guardando il dirupo, si cercava di passare il tempo. All'improvviso un tamburo comincia  a suonare, prima timidamente rompe il ritmo dei clacson che si sono sgolati a sufficienza e cominciano a tacere uno a uno. Prima timido, poi sempre più ardito, batte il ritmo e all'improvvisono ci siamo trovati tutti proiettati sullo schermo di un cinema che presenta un film di Bollywood. Ballerine in sari e shawar khameez, l'abito coi pantaloni tipico delle donne sikh, agitano le mani in aria e sbattono il sedere a destra e a sinistra. Uomini in camicia bianca e pantaloni grigi, ma anche in perfetta tenuta "sono l'erede di Gandhi, vesto di bianco", scuotono il corpo come se fossero tarantolati. Tutti, ma proprio tutti scendono dall'auto e cominciano a dimenarsi come ossessi. Saltano, si muovono, ridono. Noi guardiamo, ma solo per un istante, qualcuno ci afferra per la mano e ci coinvolge nelle danze. Scuotiamo il sedere, alziamo le mani, shakeriamo il corpo. Balliamo come forsennati in mezzo alla strada piena di polvere. Ci sembra veramente di essere protagonisti del film "Volevo ballare sulla strada per Jaipur", celebre storia d'amore tradotta anche in Tamil e Urdu. Invece siamo solo noi, in mezzo ad un gruppo di scatenati indiani che vanno ad un matrimonio e non hanno voglia di annoiarsi nel corso di un ingorgo. All'improvviso il tamburo tace, i sederi smettono di sbattere di qua e di là, il corpo di distarantola e cala il silenzio. Come è iniziato il ballo si interrompe, all'improvviso, senza nemmeno avvertire, tutti i protagonisti salgono in auto, sui pulmini, sui cammelli, sugli asini, salutando con la mano. Hanno rimosso il mezzo dalla strada, l'ingorgo è finito. Il traffico ricomincia a scorrere. A noi pare di aver sognato.


GARAM MASALA 

Un ingrediente fondamentale della cucina indiana, serve per insaporire tutto. Il curry, quello che noi compriamo al supermercato, non è la stessa cosa, ha diversi utilizzi e soprattutto è un retaggio degli inglesi. Questo è ciò che usano gli indiani quando cucinano e ogni famiglia ha la sua versione. Questa è una delle tante. Si conserva a lungo dentro ad un barattolo a chiusura ermetica.  

6 semi di cardamomo neri - 8 semi di cardamomo verdi - 5 cm di cannella in stecca - 16 chiodi di garofano - 25 g di semi di cumino. 

Cuocere le spezie in una padella senza grassi, quando sprigionano tutto il profumo togliere dal fuoco e far raffreddare. Tritare finissimo in un macino da caffé o nel mortaio

domenica 9 ottobre 2011

sabato 8 ottobre 2011

INSALTA BALINESE DI SFILACCETTI DI TONNO

Avete finalmente visto dove eravamo diretti questa settimana, a Bali l'isola magica. Questa è una delle ricette più semplici della vasta e deliziosa gastronomia isolana. E' anche un piatto economico perché si può fare con gli avanzi di tonno o con il tonno in scatola, certo è meglio il tonno fresco. La pasta per condire si conserva una settimana in frigo oppure più a lungo, divisa in piccole quantità nel frezeer.

400 gr di tonno a fette - 60 g di pasta per condire i pesci (sotto la ricetta) - 1 cucchiaino di sale - 1 cucchiaio di succo di lime - 250 g di sambel metah (sotto la ricetta) - pepe

Mettere le fette di tonno insieme alla pasta per condire i pesci, sale, pepe e succo di lime. Cuocerle a fuoco vivace in una padella unta d'olio per 3 minuti per lato. Far raffreddare e sfilacciare le bistecche. Mettere in un'insalatiera, aggiungere il sambel metah e mescolare bene. Decorare con cipolla passata in padella con un po' d'olio e servire con riso bollito.

Pasta per condire il pesce: 10 peroncini - 6 spicchi d'aglio - 15 scalogni - 10 cm di zenzero fresco - 10 centimetri di curcuma fresca (facoltativo) - 1 pomodoro - 1 cucchiaio di semi di coriandolo - 10 pinoli - 1 cucchiaino di pasta di gamberetti (acciughe) - 4 cucchiai di olio - 2 cucchiai di polpa di tamarindo - 2  ramoscelli di citronella (lemongrass) tagliati fini

Mettere tutti gli ingredienti nel mixer, tranne la polpa di tamarindo e la citronella,  frullare. Mettere l'olio in una padella, aggiungere tutti gli ingredienti e far cuocere su fuoco medio per cinque minuti. Mescolare bene e far raffreddare. Si usa nella cucina balinese per condire piatti a base di pesce e crostacei.

Sambel metah (per 500 g): 15 scalogni  - 4 spicchi d'aglio - 10 peperonicini - 1 cucchiaino di pasta di gamberetti (acciughe) - 5 foglie di lime (sostituire con scorzetta di lime) - 4 ramoscelli di citronella (lemongrass) - 1 cucchiaino di sale - 2 cucchiai di succo di lime - 80 ml di olio -

Tagliare le cipolle a fette, mescolarle con gli altri ingredienti. Lasciar riposare qualche minuto prima di servire col pesce o il pollo.


venerdì 7 ottobre 2011

INCONTRO RAVVICINATO A BALI

Scorrazzavamo per l'isola a cavallo di una moto un po' tossicchiante, ma che funzionava. Su e giù tra risaie, spiagge, montagne, templi, acque termali calde e rilassanti. Ci piaceva andare tra gli artisti che dipingevano e scolpivano in laboratori aperti su un cortile ampio ed arioso, sospeso tra la foresta e il mare. Il tempo non era dei migliori, la stagione delle piogge doveva ancora finire e ogni tanto un acquazzone ci coglieva impreparati. Molte volte ci siamo trovati fradici, a correre con la moto verso un riparo qualsiasi. Riparati sotto qualche tettoia stavano ad annusare l'aria bagnata e a vedere i campi che cambiavano colore, filtrati dal velo d'acqua che scendeva costante e guardavamo affascinati gli sbuffi di umidità che venivano su dalla foresta. Non avevamo freddo, perché le piogge tropicali sono violente, ma tiepide e l'aria non si raffredda come accade con i nostri temporali estivi. Risaie a perdita d'occhio, strutturate su colline che digradavano a valle e con un sistema di irrigazione a chiuse che presupponeva la fiducia dei coltivatori nel proprietario del terreno più alto. Il verde declinato in ogni sua sfumatura faceva da sfondo ad una tela piena di colori, dai batik ai quadri, dalle processioni religiose con le offerte di fiori e frutta montate in elaborate composizioni ai panni stesi ad asciugare lungo la strada. Un posto piccolo, splendente e luccicante. Un posto magico, dove era facile, nonostante tutto, trovare angoli di solitudine. In un'isola come quella non è facile trovare la solitudine, specialmente nelle mete più affollate dei luoghi nevralgici, come la via principale di Kuta dove si accavallavano ristoranti, locali di musica rock, pop, jazz e ogni altra nota possibile, venditori di cianfrusaglie, negozi eleganti, negozi turistici, un vero mondo nel mondo, una babele di lingue ed oggetti, un rumore assordante, che contrastava con il silenzio mistico dei templi e delle risaie. Eravamo soggiogati e non riuscivamo a staccare gli occhi dalle bellezze anche più scontate.
Un giorno, in una delle nostre allegre scorribande per i campi, decidiamo di andare a visitare un tempio. Uno dei tanti, sono presenti in numero quasi incalcolabile e hanno dimensioni variabili, enormi, grandi, medi, piccoli, piccolissimi, minuscoli, infinitesimali, micronizzati, in effetti ad un certo punto, dopo l'ennesima visita,  all'urlo "Basta Pura!!!" abbiamo deciso di non visitarne più. Pura sarebbe il nome balinese per tempio e comunque quello che volevamo visitare in quel momento non era ancora arrivato alla fatidica indigestione. Insomma, andiamo a visitare il tempio. Ci copriamo, perché le regole vogliono che non si espongano le gambe e che gli uomini non portino i pantaloni. Via, allora, di pareo intorno alla vita. Entriamo, camminiamo tra le mura che sono su una roccia a picco sul mare. Arriviamo nell'ultima camera, l'oceano si staglia netto nella prospettiva e tutt'intorno scimmie. Scimmie che saltano, che giocano, che si spulciano che allattano, che ci guardano. Il tempio di Humayan, il dio scimmia buddista. Facciamo un giro. C'è un venditore di frutta, porta su una sorta di vassoio sacchettini di plastica pieni di pezzetti di frutto tagliati piccoli. Chi mai vorrà mangiare frutta in quel posto. Il venditore è solo, sorride come la maggior parte dei balinesi quando ti icontrano. Noi andiamo sull'oceano guardiamo le onde che si infrangono sulla scogliera più sotto, la scogliera è ripida e irta di spuntoni di roccia. Cadere da lì sarebbe un volo pericoloso e poco auspicabile. Scattiamo foto, della scogliera, del tempio, dell'oceano insolitamente blu. La sacca con le nostre cose appoggiata ad una sorta di capitello, ritratto di signora con sfondo di tempio e scimmie. La sacca è aperta, dentro ci sono gli obiettivi. Basta un secondo, una delle scimmie decide che le piace la nostra borsa nera, corre, afferra la prima cosa che vede. La patente internazionale finisce tra i suoi denti. Lei ci guarda come se volesse prenderci per i fondelli, sorride. Io ho la patente, sembra dire, e tu non l'hai più. Cominicia ad annusarla, l'assaggia, la lecca. E' sul bordo di uno dei muri che danno sull'oceano, proprio sopra la parte più irta di scogliera. Se decide che la patente le fa schifo e la tira giù, addio per sempre. Che cosa facciamo, ci chiediamo interdetti. Il panico scorre copioso tra le file. La scimmia continua a smanacciare la patente, la guarda sospettosa, ne saggia la consistenza con la zampa inferiore. Arriva il venditore di frutta. Ci vede nel panico. Alza una mano, come dire, aspetta che ti faccio vedere, sorride e sembra dire  "Ci penso io". Ci guarda e poi lancia uno dei sacchettini di frutta verso la scimmia, lei molla la patente per afferrarlo e la lascia cadere proprio dal lato interno del tempio. Pfff, fanno le nostre bocche. Poi la scimmia apre golosa il sacchettino e comincia a sgranocchiare i pezzettini di frutta. Deliziata,  sorride. Si, Si sorride e poi si concentra di nuova a guardare il pezzetto di frutta che ha in mano, lo annusa guarda in basso. Oh, santo cielo,  noi corriamo a prendere la patente. Il venditore ci chiede i soldi per il sacchettino. Giusto, ci ha salvato, ma si tratta di una cifra senza vergogna, non negoziabile, è chiaro. In effetti è colpa nostra. Consegnamo i soldi, comunque felici di aver recuperato il prezioso documento.  Il venditore sorride, quasi come la scimmia quando aveva la patente in mano.
A tutt'oggi, e sono passati molti anni, ho il sospetto che la scimmia fosse d'accordo col venditore.

P.S. Nella foto sopra la famosa scimmia che degusta la frutta dopo il misfatto.

giovedì 6 ottobre 2011

UOVA DI QUAGLIA FRITTE CON SALSA AGRODOLCE

Un piatto divertente, da servire come stuzzichino per l'aperitivo o come piatto per un buffet. Ha quel tanto di esotico che piace, ma non stufa. Si può anche fare con le uova di gallina, ma è più divertente con le uova di quaglia. Un po' piccante, se volete renderlo più abboccato riducete o eliminate i peperoncini. Siete riusciti a capire dove stiamo andando? 

20 uova di quaglia sode - 6 scalogni - 2 peperoni serrano (vanno bene anche i peperoncini) - un cubetto da 3 cm di polpa di tamarindo - 50 ml di acqua - 4 cucchiai di zucchero di canna - 3 cucchiai di salsa di pesce - foglie di coriandolo - olio per friggere

Versare l'acqua bollente sulla polpa di tamarindo, lasciarla per 5 minuti. Spremere la polpa con una forchetta per aiutare ad ammoborbidire e sciogliere il tamarindo. Passare con un colino per estrarre tutto il succo dalla polpa e mettere in una casseruolina. Unire lo zucchero e la salsa di pesce. Far cuocere finché non sia ben amalgamato e di consistenza sciropposa. Mettere da parte. Tagliare gli scalogni a fettine non troppo sottili, farli friggere in olio caldo finché non sono croccanti. Friggere le uova in olio caldo per uno o due minuti, devono leggermente essere dorate e "bolliciose" (perdonatemi, non saprei come altro definire l'aspetto che devono avere). Asciugare e mettere sul piatto di portata, irrorare con la salsa, guarnire con fettine sottili di peperoncino, scalogni fritti e foglie di coriandolo. Infilzare con gli stuzzicadenti e servire.
per 20 uova


P.S. Se non trovaste la polpa di tamarindo usate il tamarindo liquido diluito nelle quantità di acqua  indicata sull'etichetta.  I prodotti si trovano nei negozi di specialità orientali. 

mercoledì 5 ottobre 2011

PEPERONI RIPIENI AL FORNO

Questo è un piatto che va cotto in un forno speciale, che non esiste da noi. Per ovviare questo problema si può cuocere i peperoni sulla griglia o nel forno. Il sapore cambierà solo un poco. 


4 peperoni  - 100 g di cavolo cappuccio tagliato a listarelle - 80 g di carote grattugiate - 200 g di formaggio tipo primosale - 60 g di fagiolini tagliati a piccoli tocchetti - un cucchiaio di uvetta ammollata - un cucchiaio di anacardi tritati - un cucchiaio di coriandolo fresco tritato - un cucchiaino di semi di cumino - due spicchi d'aglio tritati - un cucchiaino di zenzero tritato fine - peperoncino  a piacere - olio - sale

Tagliare la calotta ai peperoni, pulirli bene all'interno. In una padella scaldare un cucchiaio di olio, aggiungere i semi di cumino, l'aglio e lo zenzero, far scaldare alcuni minuti. Aggiungere le verdure, il sale e il peperoncino. Saltare per qualche istante, finché le verdure non saranno lucide. Togliere dal fuoco. Aggiungere il formaggio grattugiato. Lasciar raffreddare i composto, unire l'uvetta, gli anacardi e il coriandolo. Riempire i peperoni, chiudere con la calotta, ed infilzarli con uno spiedo nel senso della lunghezza. Cuocere alla griglia per cinque minuti, in forno un po' più a lungo, finché la pelle non è rugosa.
per quattro persone. 

martedì 4 ottobre 2011

INSALATA DI PAPAYA

Questa volta procediamo al contrario, vi do una ricetta e voi dovete capire da che parte del mondo stiamo andando. Venerdì ci sarà il racconto che svelerà la storia e il luogo raccontati.  Questa è una ricetta classica, facile da fare e ci porta verso la meta, anche se resta lontana... la meta. 


500 g di papaya - 25 g di gamberi secchi - 1 spicchio d'aglio - 1 limone

Pulire e tagliare a dadini la papaya. Far ammorbidire i gamberi secchi in acqua bollente per una decina di minuti. Asciugarli e pestarli nel mortaio con l'aglio. Deve essere una pasta omogenea. Unire il succo di limone. Versare sui dadini di papaya, aggiungere altro succo di limone, un po' di zucchero e servire.


domenica 2 ottobre 2011

DOLCE DI MANGO E PANNA

Questo è un dessert veloce, facile, delizioso, soprattutto per coloro i quali amano il mango come me. Nessuno può dire di non saperlo fare, è sufficiente avere il mixer e scatenare il proprio dito indice per accendere il bottone. Vi assicuro che preparare il mango è più difficile da spiegare che da fare. 

2 manghi maturi - 1 dl di panna - 2 cucchiai di zucchero

Tagliare il mango lungo il seme da tutte i due lati, risulteranno due "orecchie" con un coltello praticare delle incisioni profonde verticali e orizzontali su tutte e due le orecchie, rovesciarle aprendole e far scivolare la lama del coltello sotto la polpa. Avrete ottenuto così dei cubi di mango, togliete il resto della polpa dal seme. Procedete alla stessa maniera per il secondo mango. Montate la panna con le fruste elettriche, quando è ben montata trasferitale in una ciotola. Mettere  tutta la polpa del mango nel mixer, frullare bene finché il composto non è liscio. Mettere la crema di mango in una ciotola ed aggiungere un terzo della panna,  mescolando bene, poi tutto il resto mescolando dall'alto verso il basso per non far smontare la panna. Mettere la crema in ciotole di vetro e far raffreddare in frigo per un paio d'ore.
per due persone 

sabato 1 ottobre 2011

SALSA DI AVOCADO E MANGO

Oggi in teoria, rispettando le regole del blog, sarebbe il giorno del dessert, però non ho resistito alla tentazione di darvi questa ricetta sfiziosa. Servitela con delle tortillas, o anche piadine, ripiene di fagiolini saltati in padella con un po' di aglio e peperoncino se volete un secondo sfizioso. Semplicemente con dei crostini o delle piadine un po' croccanti se la volete utilizzare come aperitivo. Il suo sapore esotico è perfetto in questo scampolo d'estate servite la salsa in giardino, terrazza, al parco, sulla spiaggia, ovunque si possa stare all'aria aperta. Se non volete il sapore piccante eliminate il peperoncino, ma essendo una salsa di origine messicana.... 

1 avocado maturo tagliato a dadini - 1 mango maturo tagliato a dadini - mezza cipolla rossa tritata - 1 peperoncino fresco (opzionale) - 1 cucchiaio di succo di lime - coriandolo fresco tritato - sale pepe -

Sbollentare la cipolle per 15 secondi in acqua. Scolare e mescolare con uno spruzzo di aceto. Mettere tutti gli ingredienti in una ciotola grande, tranne il coriandolo. Girare la salsa e tenere da parte in un luogo fresco per una mezz'ora, cosicché i sapori si fondano. Prima di servire unire il coriandolo.
per  8 persone