sabato 30 giugno 2012

SPAGHETTI POMODORINI E RUCOLA

Una pasta estiva e velocissima, che si può servire sia fredda che calda. Immaginate un bel giardino, o anche una terrazza con un minuscolo tavolino da bistrot e due sedie, vino bianco secco, qualche stuzzichino fresco, per esempio una Crema con Peperoni, Tonno e Limone Confit (ricetta nel blog) e la calma piatta di un tramonto estivo. Non avete subito la sensazione di trovarvi già in vacanza? 


300 gr di spaghetti – 300 gr di pomodori ciliegia – 1 spicchio d’aglio – 1 mazzetto di rucola – oli sale pepe
La micia Alice che si gode il tardo pomeriggio estivo, non beve vino ma è contenta

Scottare i pomodorini in padella con aglio e olio. Salare pepare, cuocere gli spaghetti. Condire la pasta col sughetto e la rucola. 

venerdì 29 giugno 2012

BOCCONCINI DI POLLO CON SCORZETTA DI LIMONE


Una ricetta della mia amica Cristina, la stessa della Bavarese al Pomodoro, la serve spesso alle cene primaverili estive perché è un piatto dal gusto fresco e molto appetitoso. Si sposa molto bene con la Bavarese di Pomodoro o una semplice insalata verde condita con un filo d'olio. 

750 g di petti di pollo - 4 limoni - 10 albicocche secche - 75 ml di vino bianco - olio - burro - un cucchiaino di farina - sale pepe 

Pelare i limoni a vivo e tagliare la scorza a listarelle. Tagliare le albicocche a piccoli tocchettini e il pollo in bocconcini. In una padella con un paio di cucchiai di olio e una noce di burro rosolare le scorzette di limone, unire il pollo e lasciar rosolar per qualche minuto. Versare il vino bianco, le albicocche, salare  e pepare. Abbassare la fiamma e cuocere per una decina di minuti. Sciogliere la farina con mezzo bicchiere di acqua ed unirla alla padella, terminare la cottura a fuoco vivace. Il sugo dovrà risultare cremoso. 
per sei persone 

mercoledì 27 giugno 2012

PATATE (FRITTE) COTTE AL FORNO, QUINDI LIGHT

Sono appena tornata dal paese che ha inventato le patate fritte, ovviamente ne ho mangiate svariate porzioni. In Belgio, questo il paese della mia ultima visita, le cuociono nello strutto e sono buonissime. Io preferisco quelle dei baracchini lungo le strada, soprattutto quello che si trova in Place de Sainte Catherine, vicino ai bistrot che hanno i tavoli sotto gli alberi. Questa volta, però, non vi do la ricetta originale bensì la sua variante light. 


4 patate di media grandezza - 2 cucchiai di olio - sale pepe

Scaldare il forno a 220 gradi. Lavare le patate, senza lasciarle immerse nell'acqua, tagliarle a fettine sottili. Metterle in un'insalatiera e versare l'olio, mescolare bene finché tutte le patate siano rivestite di olio. Disporle sulla placca del forno in uno strato solo e far cuocere mezz'ora girando sovente. Salare pepare e servire. Se si vuole ottenere un po' più di croccantezza e abbronzatura negli ultimi minuti accendere il grill.
per sei persone 

lunedì 25 giugno 2012

TAGLIATELLE AL LIMONE

Questa ricetta è nel libro "Confortatemi con le mele" di Ruth Reichel, direttore della rivista, e Bibbia degli appassionati americani, "Gourmet" che purtroppo ha chiuso i battenti qualche hanno fa. Peccato era sempre piena di spunti interessanti e vivace come la sua direttrice. Io ho rubato la ricetta alla direttrice, grande cuoca, molto spiritosa, come si deduce dal libro, che a sua volta ha rubato a Danny Kaye, l'attore, grande cuoco anche lui. Il suo furto è meno furto del mio, lei ha elaborato ciò che l'attore le ha cucinato, io copio pedissequamente ciò che è scritto nel libro. 

mezzo chilo di fettuccine fresche - 250 ml di panna - 60 g di burro 3 cucchiai di succo di limone - 2 cucchiai di scorza di limone grattugiata - sale pepe - parmigiano

Far sciogliere il burro in una padella dal fondo spesso, e coi bordi alti, unire e mescolare la panna e il succo di limone. Tenere la padella al caldo. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Scolare molto al dente, tenendo da parte una tazza di acqua di cottura, passare nella padella con la scorza di limone e due cucchiai di acqua di cottura. mescolare. Aggiungere acqua di cottura a cucchiaiate per raggiungere la giusta consistenza che non deve essere né troppo spessa né troppo liquida. Aggiustare di sale e pepe e cospargere di parmigiano. Servire.
per sei persone

20 settembre 2012 chiedo scusa, ma nella ricetta che ho presentato fino ad oggi non c'era la quantità di burro necessaria nell'elenco degli ingredienti e però si parlava di burro nella descrizione dell'esecuzione della ricetta. Scusatemi ancora. 

domenica 24 giugno 2012

BRUSCHETTA DI POMODORO - LA COCCINELLA

Un piccolo "divertissement" domenicale tanto per entrare nella spirale dell'inganno. I grandi e sublimi inganni di cui ho raccontato non hanno niente a che vedere con questa quisquilia, perdonatemi. Magari però porta fortuna. 

4 fette di pane casereccio - 4 pomodori di Pachino - 4 olive nere denocciolate - erba cipollina e basilico - olio sale pepe - aglio - semi di sesamo nero

Tagliare le fette di pane in 8 rettangoli, regolari. Tostarle. Sfregarle con l'aglio, spolverale con l'erba cipollina e il basilico tagliati fini e un po' di sale, su ogni fetta mettere mezzo pomodoro tagliato e salato, davanti al pomodoro mettere un quarto di oliva, con molta pazienza decorare il mezzo pomodoro con i semi di sesamo, dovrà sembrare una coccinella. Irrorare con l'olio, macinare un po' di pepe e servire subito.
per quattro persone

sabato 23 giugno 2012

CROSTATA NERA CON FRAGOLE


Un vero paradiso per gli amanti del cioccolato, un vero inferno per gli amanti della dieta. Trovo questa crostata sublime perché abbina due cose che sono le mie preferite le fragole e il cioccolato. Farla è più facile di quanto sembri. 



Per la base: 250 grammi farina – 50 grammi cacao – un tuorlo – 120 grammi zucchero a velo – 200 grammi di burro
Per la Crema: 300 grammi di cioccolato fondente – 300 millilitri di panna fresca- 120 millilitri di latte – due uova piccole
Decoro: 250 grammi di fragole piccole o fragoline di bosco – 200 millilitri di panna

Base: Mescolare cacao, zucchero e farina, tagliare i burro a tocchetti mettere tutto nel mixer e azionare le lame. Quando la farina con il cacao ha assunto la consistenza di una sabbia grossa unire l’uovo, azionare le lame e se la pasta non dovesse essersi amalgamata perfettamente aggiungere un paio di cucchiai di acqua. Tenere in fresco per un paio d’ore. Stendere la pasta del diametro di circa trenta centimetri e metterla in uno stampo imburrato, diametro ventisei centimetri, posizionarlo in modo che si adagi da se nella tortiera e non eliminare la pasta in eccesso. Bucherellare il fondo. Tenere in frigo per un’ora. Cuocere per cinque minuti in forno a 190 gradi. Pareggiare i bordi della pasta con un coltello e mettere di nuovo in forno per dieci minuti. Sfornare la base e farla raffreddare.
Crema: Portare a ebollizione il latte e la panna, aggiungere il cioccolato, e far sciogliere mescolando. Lasciar raffreddare, aggiungere le uova sbattute e mescolare con la frusta per qualche minuto. Versare la crema nella pasta e far cuocere sedici/diciasette minuti., proseguendo la cottura se la crema risultasse troppo morbida. Sfornare la torta, aspettare prima di sformarla.
Disporre le fragole, lavate pulire e tagliate a metà, sulla crostata. Coprire con la panna montata e servire. 
per otto persone 

venerdì 22 giugno 2012

INSALATA DI FINOCCHI E PREZZEMOLO

Un'insalata insolita che mi piace molto e che ho trovato in un libro di cucina dedicato a "Greens", celebre ristorante vegetariano di San Francisco, California... ovviamente. La chef, Annie Sommerville, è una vera maga nell'abbinare le verdure, amo molto il suo libro e le sue ricette. Spero vi piaccia la mia scelta. Tra l'altro il prezzemolo è una fonte di vitamina C, più del limone o dell'arancia, quindi abbondate e fatene il pieno. E' un'insalata per tutte le stagioni. 

2 finocchi - un mazzo bello grande di prezzemolo tenero e fresco - 2 cucchiai di scorza di limone grattugiata (anche lime o arancia o mandarino)  - 2 cucchiai di succo di limone (anche lime o arancia o mandarino) - 2 cucchiai di olio evo - sale pepe - misticanza (facoltativo)

Tagliare il finocchio, lavato e pulito, a fettine sottilissime. Metterlo dentro un'insalatiera e unire il prezzemolo, la scorza di limone, sale a piacere, pepe e olio. Se si usa unire la misticanza. Mescolare bene, unire il succo di limone e mescolare ancora una volta. Aggiustare di sale e pepe. Servire.
per sei persone

giovedì 21 giugno 2012

OSTRICHE CON CANNELLA E DRAGONCELLO

Non è la ricetta dell'ostrica del Noma, ovviamente. Ho imparato a fare queste ostriche alla scuola di cucina Atelier Gourmand di San Paolo in Brasile, tra gli insegnanti un giovane chef all'epoca emergente, Alex Atala. Oggi con il suo DOM affermatissimo nelle classifiche mondiali, segue ad un paio di incollature Redzepi, generoso come pochi nel regalare il suo sapere agli altri. La lezione in questione trattava di abbinamenti insoliti in cucina e lui in questo è un vero maestro. Anzi, è un vero maestro e basta. 

12 ostriche - 2 limoni - cannella in polvere - dragoncello fresco

La parte difficile di questa ricetta è aprire le ostriche, basta un gesto sbagliato che si chiudono come una morsa per non aprirsi più per qualche tempo. Allora, per non fare la figura che ho fatto io con lo chef, l'ostrica me l'ha dovuta aprire lui, ma racconterò questo episodio nel blog, pensateci bene prima di inziare. Per aprire un'ostrica bisogna coglierla di sorpresa, non ridete è vero, con l'apposito coltellino. Esiste un punto esatto per infilare la lama e tagliare il "muscolo" che permette all'ostrica di chiudersi ad... ostrica. Lo ammetto questa è una delle poche cose che mi costa fatica fare in cucina, sono proprio un'imbranata e spiegare il metodo di apertura senza un filmato non è facile. Quando il blog diventerà video blog vi ragguaglierò, per il momento se non sapete ancora aprire un'ostrica cercate su internet, a cascata troverete fior di filmati che vi aiuteranno nel compito.
Il resto dell'operazione è facile: scolare l'acqua e far riposare qualche minuto l'ostrica, si svilupperà ancora un po' d'acqua che sarà quella ideale per il consumo. Disporre le ostriche su un piatto di portata sul quale ci sarà del ghiaccio tritato o del sale grosso. Mettere dentro ogni ostrica qualche goccia di succo di limone, una spolveratina di cannella e il dragoncello tritato, a piacere, ma senza esagerare perché altrimenti si ammazza il sapore anziché esaltarlo. Servire immediatamente.
per sei persone


mercoledì 20 giugno 2012

BAVARESE DI POMODORI

Questa è la classica settimana da "che ci faccio io qui?", nel senso che come affrontare le ricette conseguenti al racconto di una cena nel miglior ristorante del mondo? Non c'è nulla da fare: ricette danesi? Già fatto; ricette del Noma? Ma per favore, chi oserebbe! Ricette mie? Che altro, ma accidenti mi sento piccola piccola. Ho scelto di stare sul semplice, magari anch'io gioco all'inganno, chi lo sa lo scoprirete solo seguendo le ricette dei prossimi giorni. 

800 g di pomodori a grappolo maturi - 200 g di panna fresca - 1 limone - 3 stecche di colla di pesce - 1 mazzetto di erba cipollina - sale pepe - pomodorini ed erba cipollina per la decorazione

Portare ad ebollizione abbondante acqua, sbollentare i pomodori per un minuto, metterli nell'acqua ghiacciata e togliere la pelle. Mettere la colla di pesce in acqua fredda e farla ammorbidire per qualche minuto. Frullare i pomodori nel mixer con sale a piacere ed erba cipollina. Spremere il succo di limone e farlo scaldare in una padellina insieme alla colla di pesce che dovrà sciogliersi completamente. Unire ai pomodori, mescolare bene. Montare la panna e unirla delicatamente al composto di pomodori ed erba cipollina. Versare il tutto in una forma da budino e far rapprendere in frigo per almeno otto ore. Sformare e servire decorato con mezzi pomodorini ed erba cipollina.
per otto persone


P.S. ricetta della mia amica Cristina cuoca e pasticcera sopraffina (vedere la torta di Tanti Auguri nel blog).

martedì 19 giugno 2012

CIBO PER MENTI APERTE - NOMA

Era il primo giorno di primavera, Il cielo era azzurro cartolina e il tramonto trasfuso di quella luce trasparente, leggermente obliqua del solstizio di primavera nei paesi nordici. Le ombre lunghe si stagliavano sulla banchina di quello che un tempo era uno scalo merci cittadino, intorno a noi vecchi magazzini. Tutti e quattro, ansiosi, guardavamo l'orologio e il tramonto, alternandoli, mancavano dieci minuti all'appuntamento, forse sarebbe stato meglio godere delle bellezze della città sull'altro molo. Mentre ci avvicinavamo ci accompagnava questa luce radente, perfetta, poi la porta si è aperta e la nostra vita gastronomica è cambiata.
Un posto magico, fatto di legni profumati, intrecciati, lucidati, illuminati. Una spoglia essenzialità che le luci delle candele avvolge ed esalta. Niente tovaglie sui tavoli, solo il nudo legno lucido e magnifico, al centro un vasetto con flora nordica: bacche, sempreverdi, ramoscelli. Intorno silenziosi ragazzi dai movimenti lenti, eleganti, essenziali, passano, sorridono, appoggiano qualcosa su un tavolo, sistemano una candela, pronti a servirci. Aperitivo? No, grazie. Acqua. Il ragazzo che parla italiano con l'accento francese spiega mentre versa nei bicchieri quella che a noi pare acqua, semplice acqua naturale, è invece acqua di betulla, fino a qualche giorno fa non l'avreste trovata, c'è voluto il disgelo. E' leggera sulla lingua, soave, nessun residuo fisso la altera, nessuna bollicina, è come velluto in bocca. Acqua, solo acqua e già capiamo che le nostre papille stanno provando qualcosa di diverso. Se volete cominciare con il primo antipasto, servitevi pure. I nostri sguardi interdetti sembrano divertire colui che sarà il nostro angelo custode per tutta la sera. Sorride ed indica i rametti scuri dentro al vaso sulla tavola: si tratta di una focaccetta croccante fatta con malto e nocciole. Ecco, tutto lì, semplice e sublime. A questo punto inizia un turbinio di sapori, serviti uno dietro l'altro, col ritmo di una danza moderna. Si susseguono i ragazzi che hanno creato il piatto per raccontarlo. Allora, si presenta sulla tavola un piattino rivestito di muschio verdissimo, umido e perfetto, non è commestibile ma quello che sta sopra sì; è un gomitolo che ha un colore tra il verde e il giallo, lo poggi sulla lingua e si scioglie. Lichene fritto. Ecco, tutto lì, ma nessuno ci aveva mai pensato. Neanche il tempo di sospirare ed ecco che arriva un altro piattino tutto colorato, dei semicerchi arancioni fanno da base a qualcosa di rosso profondo, lucidissimo: pelle di maiale croccante con gelatina di ribes. Ecco, tutto lì semplice, tradizionale. Una scatola di metallo, di quelle della nonna si poggia sul tavolo e come per incanto si apre, dentro quattro biscottini ripieni con formaggio ed erba cipollina. Semplice, ancora una volta. Arriva una sorpresa, frutti di mare, una piatto pieno di cozze, una sopra l'altra, sono ghiacciate, e molto finte, in cima altre cozze, si toglie una valva, molto vera e sotto c'è un'altra valva, finta, fatta di pasta, ripiena con una cozza con la crema. Vero e finto, reale e virtuale si intrecciano nello stesso piatto. Sublime inganno. A questo punto arriva in tavola un uovo grande grande, sembra di struzzo. L'uovo si apre, esce un magico fumo druidico, adagiate sulla paglia di fieno le uova di quaglia si stagliano dietro al fumo, e finiscono intere in bocca, il dente affonda nella parte cotta che si rompe e lascia sgorgare un liquido sublime, che sa di fumo, di uovo, di burro, di tutto e di niente. Ecco, tutto lì, semplice, un uovo in camicia che non è in camicia, realtà e finzione, un sublime inganno. Vero e falso, un vaso di coccio con delle piantine dentro si materializza nella luce dorata della sala: ravanelli croccanti con tutte le loro foglie stanno piantati nella terra, scura marrone, densa e fertile, in realtà briciole di pane nero tostato su crema al dragoncello. Un altro sublime inganno da divorare estasiati. Poi una frittella rotonda, perfetta, ripiena di confettura di cetriolo in conserva e trafitta da un unico pesciolino fritto che sembra voglia saltare fuori dal piatto. E poi la versione minuscola, quadrata del piatto nazionale, quel tramezzino aperto della cucina quotidiana. Una sorta di mini club sandwich con pelle di pollo, pane nero, formaggio affumicato da mangiare in unico boccone. E ancora: capelli d'angelo che avvolgono una crema di fegatini di pollo.E infine: un'ostrica dentro la sua conchiglia, appena scottata perché cambi la consistenza, ma non troppo cotta da alterarne dil sapore di mare, tagliata a fettine sottili, ghiacciate, sa di acqua salata, di erba cipollina, di mare mosso. Segue un luccio in emulsione di verbena, se non fosse per il vino abbinato sarebbe un piatto dimenticabile, mi ricorda nella consistenza e nel profumo la saponetta che ho sul lavandino a casa. Perfettibile decisamente perfettibile, a volte si sa, superare sé stessi in fantasia non è cosa facile. Ma poi, ma poi, ecco arrivare un'opera d'arte, una quadro di Klimt, Kandisky e Kokochka dentro al piatto: piccoli e grandi cerchi colorati di rosso, bianco, giallo fatti di barbabietola, rossa e gialla, rapa e cetriolo in conserva che si snodano e intrecciano sul piatto a decorare il midollo di bue arrostito. L'ennesimo piccolo, divertente inganno. Alla fine arriva il Sottobosco: un grande piatto bianco con germano reale alla griglia, servito con foglie di betulla, fiori, muschi, licheni, tutti insieme sul piatto a formare un quadro Impressionista, un Cézanne o un Monet, tanto bello che spiace mangiarlo. Ecco, tutto lì semplice, divino inganno. Sublime.
(2 - fine)


P.S. La cena è durata quattro ore, la successione dei piatti non è esatta, come non sono presenti molti dei piatti che abbiamo degustato, mancano i dessert, per esempio. Alla fine abbiamo visitato le cucine, dove il più vecchio deve essere lo chef-proprietario René Redzepi, appena trentaciquenne, dove ogni piatto è montato da una squadra diversa ogni volta, quindi tutti sanno fare tutto; dove per essiccare, stendere e preparare  le foglie necessarie per creare il sottobosco c'è una persona che lavora ore e ore, dove si cambia la composizione dei piatti e gli ingredienti secondo il ritmi della natura, e si cercano nuovi sapori ogni giorno in una continua sfida. Un ristorante dove vale la pena fare l'abbinamento dei vini ai piatti, perché non esiste un vino che si accompagni bene con ognuno dei sapori presentati, a meno di  perdere una parte di gusto. Un ristorante dove il post dessert è un gioco divertente e delizioso, dove i camerieri sorridono e parlano la tua lingua, perché sono in tanti e da tutto il mondo a voler lavorare per il Numero Uno. Un posto dove l'atmosfera è magica e perfetta. Un ristorante che un appassionato di cibo dovrebbe visitare almeno una volta nella vita, a volte fare una follia (perché il conto è un po' folle) vale la pena. E... ricordate che l'acqua di betulla è diuretica. 



sabato 16 giugno 2012

FRAGOLE CARAMELLATE

Questa è la mia libera interpretazione delle fragole caramellate che ho mangiato passeggiando per le vie di Hothot, ridente capitale della Mongolia cinese. Erano dolcissime, fin troppo per i miei gusti, ma ho trovato l'idea fantastica: il lungo stecco con quattro fragole giganti rutilanti di zucchero deliziosamente amarognolo. 

16 grosse fragole - 300 g di zucchero - due cucchiai di acqua - 4 lunghi stecchi per spiedini

Preparare il caramello facendo cuocere lo zucchero con l'acqua in una pentola alta e stretta. Pulire le fragole e infilzarne quattro per ogni stecco. Immergere velocemente lo stecco dentro al caramello e metterle su un foglio di carta forno leggermente unto d'olio. Far raffreddare. Degustare.

venerdì 15 giugno 2012

FOCACCIA CON LA FARINATA

Non poteva mancare il cibo di strada della mia infanzia, quando d'inverno mia nonna mi portava in un buchetto lungo e scuro e caldo dove sfornavano delizie salate in quantità. In quel posto ho visto per la prima volta il "testo" (la teglia) per la Farinata, una grande ruota di ferro bassa e larga dove veniva versato un liquido ambrato, che piano piano veniva mescolato con l'olio d'oliva. Si infornava e usciva una cialda abbronzata e croccante fuori e morbida dentro. Con un apposito coltello si tagliava la cialda di ceci, di solito a forma di piccoli trequarti di luna, si pesava, e poi si metteva dentro ad un quadrato di Focaccia tiepida diviso a metà. A piacere una macinata di pepe e via in strada con la merenda. Ancora oggi è così, ancora oggi il posto è lungo, caldo, con gli stessi mobili, ma meno scuro, ancora oggi serve la stessa Focaccia con la Farinata negli stessi testi grandi, rotondi, bassi come vuole la tradizione. Trovate la ricetta della Focaccia nel blog, sotto Focaccia con Prosciutto Crudo. 


100 g di farina di ceci - 300 ml di acqua fredda - 40 ml di olio extravergine d'oliva - sale pepe

Versare la farina in una grande ciotola, unire l'acqua mescolando con una forchetta, non importa se si formeranno dei grumi, lasciateli pure stare, si scioglieranno da soli durante il tempo di riposo. Schiumare le bolle bianche bianche che si formano in superficie. Far riposare per quattro ore a temperatura ambiente (se si ha fretta basta un'ora anche se viene meno bene, il tempo di riposo è molto importante). A metà del tempo di riposo salare a piacere. Prendere una teglia rotonda, possibilmente dai bordi bassi, versare l'olio e sopra di esso la Farinata liquida, mescolare molto bene. Mettere in forno a 220 gradi finché non si è rappresa, nel caso non dorasse in superficie usare il grill per farla abbronzare. Tagliare a rombi con l'apposito strumento (una sorta di tagliabiscotti), ma non usare il coltello, eventualmente una forchetta o un cucchiaio, e servire con pepe macinato fresco.
La dose sopra è quella base per una piccola teglia, rettangolare (fuori tradizione) da 20 per 30cm. Calcolate la vostra secondo la dimensione della teglia in questo modo: 1 dose di farina, 3 di acqua, il 10 per cento del totale di olio. 


Variante: dopo aver messo nella teglia la farinata si possono aggiungere uno o due cipollotti tagliati fini. 

giovedì 14 giugno 2012

CAHEK U ZATAR - PANE E SPEZIE

Lasciatemi essere nostalgica, è quasi impossibile raggiungere la bontà dei Cahek facendoli in casa, però non potevo non inserire questa ricetta nella settimana del cibo da strada. Se andate nei paesi arabi approfittate per assaggiarla, non in panetteria ma direttamente dai venditori di strada. 

1 kg di pasta di pane (se volete potete farla voi) - semi di sesamo - 300 g di Zahatar -  olio

Lavorare la pasta e formare delle palline di otto centimetri di diametro, far riposare 10 minuti sotto un panno umido. Lavorare la pallina a formare un cilindro di tre centimetri di diametro, chiuderlo come se fosse una ciambellina e spolverare di semi di di sesamo schiacciando leggermente con le mani. Far riposare ancora per una decina di minuti e cuocere in forno a 250 gradi per otto minuti o finché non sono dorati. Immergere poi i pane ancora caldo dentro lo Zahatar che si compra nei negozi di specialità arabe.
Si possono anche fare delle focaccette: una volta lavorate le palline appiattirle con il mattarello a formare dei dischetti di mezzo centrimetro di spessore. Mescolare lo Zahatar con l'olio in modo che quest'ultimo avvolga tutte le spezie. Disporre al centro della focaccina un cucchiaio abbondante di composto di spezie e allargarlo bene, cuocere in forno a 250/300 per otto minuti.
per dieci cahek 

mercoledì 13 giugno 2012

SATE UDANG - SATAY DI GAMBERI (spiedini)

Uno dei tipici piatti di strada in Estremo Oriente, in particolare in Indonesia, sono gli spiedini di carne, bianca o rossa, pesce, molluschi, crostacei. Lungo le strade piccole griglie fumano di aromi particolari e uno spiedino non assomiglia all'altro nel sapore, mai. In Indonesia si chiamano Satay e spesso sono serviti con una salsina a base di arachidi. La tradizione vuole che la carne, o pesce, venga infilzata con le fronde di palma, ma anche con gli spiedini di bambù, in questa ricetta si usa la Lemongrass che conferisce un delizioso aroma ai gamberi. Nel caso non trovaste l'erba usate pure gli spiedini normali. 

600 g di gamberi medio/grandi sgusciato - 1 tazza (250 g circa) di pasta per crostacei (sotto) - lemongrass fresca pulita e tagliata a bastonicini di 15 cm

Mescolare bene i gamberi con la pasta per crostacei, coprire e far marinare per un giorno nel frigorifero. Infilzare ogni gambero nella parte più sottile della lemongrass, cuocere sulla griglia ben calda.
per quattro persone  


PASTA SPEZIATA PER  PESCE E CROSTACEI 


10 peperoncini (anche meno se sono piccanti) tagliati fini  - 6 spicchi d'aglio tagliato fine - 10 scalogni tagliati fini - 10 cm di zenzero fresco tagliato fine - 10 cm di curcuma fresca tagliata fine - 1 pomodoro medio spellato e tagliato a dadini - 1 cucchiaio di semi di coriandolo - 10 pinoli (se trovate quelli asiatici meglio, si chiamano candlenuts) - 1 cucchiaio di pasta d'acciughe (o pasta di gamberi, nei negozi di specialità orientali) - 4 cucchiai d'olio di arachidi - 3 cucchiai di pasta di tamarindo - 2 gambi di lemongrass

Mettere tutti gli ingredienti in un mixer, eccetto il tamarindo, l'olio e la lemongrass, azionare le lame fino ad ottenere una pasta dalla grana grossolana. Scaldare l'olio, aggiungere tutti gli ingredienti e cuocere su fuoco basso per almeno cinque minuti, mescolando spesso. Far raffreddare prima dell'uso.

martedì 12 giugno 2012

ACARAJE - FRITTELLE DI FAGIOLI

Come abbiamo visto nel racconto un altro cibo di strada è l'Acarajé, una ricetta tipica di Bahia fritta nel rosso olio di Dende (accento circonflesso sulla prima "e") , olio di palma, decisamente poco digesto per lo stomaco di noi non bahiani. Sono deliziosi e in loco vengono serviti aperti a metà con la Vatapà, una crema di pesce e manioca tipica. Potete fare lo stesso se volete.

450 g di fagioli dell'occhio - 1 cipolla media - 1 peperoncino sott'aceto (la ricetta originale vuole i peperoncini Malagueta in conserva, si trovano a volte nei negozi di specialità straniere) si può sostituire con una punta di cucchiaino da te di Tabasco) - sale pepe - olio  per friggere (l'originale vuole il Dende, come spiego sopra, ma va lo stesso bene l'olio di arachide, quello d'oliva no. Se usate il Dende: per ogni 250 ml di dende 750 ml di olio normale) - 20 gamberi secchi (ricetta nel blog)

Lavare e mettere in fagioli in ammollo per 24 ore, cambiando l'acqua una volta. Scolare i fagioli, in una grande ciotola aggiungere acqua fino a coprirli e con le mani lavorare per togliere la buccia il più possibile. Lasciare che le bucce vengano a galla, eliminarle e scolare i fagioli. Passare i fagioli insieme alla cipolla nel mixer per ottenere una puré grossolana. In una ciotola unire il peperoncino, il sale e il pepe, mescolare bene. Scaldare l'olio. Con due cucchiai formare delle polpettine di fagioli a forma di uovo, inserire un gambero nel mezzo lasciando fuori la coda. Friggere nell'olio caldo (180 gradi) fino a doratura, circa 5 minuti. Scolare e far asciugare sulla carta assorbente. Servire caldo con la Vatapà o con Tabasco.

lunedì 11 giugno 2012

HOT DOG

Questa settimana il cibo di strada sarà il protagonista delle ricette presentate nel blog. E partiamo con il cibo di strada per eccellenza, l'Hot Dog. A New York ogni angolo e ogni incrocio di Street o Avenue, che sia nei quartieri alti o in quelli popolari, ha il suo carrettino riscaldato con gli hot dog serviti semplici o ultra ripieni. Sono, però, altre le città americane che hanno fama di avere Hot Dog da manuale, in particolare Chicago. Questa versione è la mia interpretazione degli Hot Dog che mangiavo a Chicago. Non è dietetico quindi se siete in vena qualcosa di leggero cercate altrove nel blog.

4 panini da Hot Dog, possibilmente con semi di papavero, ma anche il sesamo va bene - 4 hot dog di ottima qualità, comprati magari da un buon macellaio - 125 g di cipolla tritata fine - 125 g di dadini di pomodoro - 4 friarielli tagliati fini - 4 cucchiai di senape (se trovate quella alla birra meglio) - burro fuso per spennellare i panini - cetriolini marinati all'aneto a piacere - sale al sedano

Far grigliare gli hot dog sulla griglia a fuoco medio per cinque minuti, girando un paio di volte. Tenere in caldo. Tagliare a metà i panini, spennellarli con il burro e metterli, dal lato unto, per un minuto sulla griglia, girare e far tostare ancora 30 secondi. Servire con gli ingredienti che i commensali sceglieranno a piacere oppure già imbottiti a vostra diescrezione.
per quattro persone

sabato 9 giugno 2012

CIBO PER MENTI APERTE

Prelibatezze sui fornelli di un ristorante bord de route a Rampur, India 
Ho mangiato di tutto, ho mangiato ovunque. Sono naturalemente curiosa, quindi è stato facile ingurgitare cose nuove, forse un po' di diffidenza mi ha aiutato a non ingoiare improbabili manicaretti esotici. C'è un limite a tutto. Gli assaggi sono cominciati che ero una bambina appena svezzata e i miei genitori si sono trasferiti in Medio Oriente. Da quelle parti ho iniziato ad affinare le mie papille gustative e sono andata oltre al passatino di zucchine e alla bistecchina al vapore, piano piano la mia bocca ha cominciato a capire che fuori da lì c'era un tutto un mondo. In quella porzione della mia infanzia trascorsa nei paesi arabi la mia merenda preferita consisteva in Cahek u Zahatar (mi perdonino i madrelingua araba, ma non posso fare di meglio con la loro magnifica e complicata lingua che ormai ho dimenticato). Cahek, pane con il sesamo a forma di ciambellina, Zahatar, polvere mista di erbe, spezie e sesamo.  Tutti i giorni sotto a casa nostra passava il venditore, la sua voce risuonava sui muri delle case, rimbalzava di piano in piano e arrivava su verso l'alto, dove vivevamo noi,  e allora noi scendevamo per acquistare la leccornia. Il venditore teneva  il pane in una teca di vetro trasparente attaccata al collo, nella stessa teca c'era una ciotolina con lo Zahatar, che mi veniva consegnato racchiuso dentro ad un pacchettino di carta da giornale. Una moneta cambiava di mano e il Cahik mi veniva consegnato con un sorriso condito di una serie di  "Habibi" (tesoro) da parte della mia amatissima Maleke, l'anziana signora che lavorava a casa nostra e che mio fratello ed io veneravamo come una nonna. Io aprivo il cartoccio, spezzavo il pane, lo intingevo nella spezia e mi sentivo in paradiso. Questo è un vizio che mi trascino dietro ancora oggi, non appena arrivo a casa e ho del pane caldo lo "puccio" dentro allo Zahatar che compro in un negozio di specialità arabe.
La carta da giornale sembra ricorrente nelle mie esperienza gastronomiche. Ricordo perfettamente la prima volta che ho assaggiato il Fish and Chips a Londra. Con una mia amica inglese siamo andate al banco della friggitoria nella periferia di Londra dove lei viveva, ho questo ricordo di odore d'olio, un po' stantio a dir la verità, pesce e benzina, non so perché l'odore di benzina abbia accompagnato la prima esperienza di cibo inglese; forse il fornello era a benzina, chissà. La mia amica aveva passato giorni a decantare la bontà di quello che avrei scoperto essere semplice pesce fritto e patatine. Ne abbiamo ordinato una porzione e il venditore, dopo averlo spruzzato di aceto, ha avvoltolato il pesce con le patatine nel giornale. Io ho guardato il giornale, poi la mia amica, lei ha ricambiato l'occhiata e con un sorriso sornione ha accettato i dubbi di un'italiana sulla presenza del foglio di carta di giornale. Perché diciamolo, chi non ha mai pensato che quel foglio di giornale fosse stato smanacciato da chiunque, fosse volato per la strada, e che come minimo l'inchiostro nero e pieno di piombo fosse tossico. Non fate finta di niente, please, che tanto lo so, anche voi lo avete pensato mille volte. Lei con la flemma tipica dei britannici ha detto, ovviamente in lingua originale,  "Il fish and chips non viene servito senza giornale, perché col giornale è più buono", una piccola frase gentile per dire "non essere provinciale e prova, la prossima volta te lo fai servire in un piatto, se proprio ti fa schifo". Merluzzo fritto e patatine, un piatto banale nobilitato dalla carta di giornale. Sarà per questo motivo che sono diventata giornalista? Perché il giorno dopo dentro al mio articolo sudatissimo ci si avvolgesse del cibo?
Ho assaggiato di tutto, ma devo dire che non ho osato mettere in bocca alcuni dolci indiani che si vendevano alla fiera di Rampur, su per le montagne dell'Himalaya dove vivevamo non proprio felici. Sul banchetto dove bolliva un olio dall'odore sospetto c'erano dei nastri di qualcosa di non ben definito, ma dal colore ancora più sospetto, una variante tra l'arancione fosforenscente e il rosso fanalino di coda illuminato nella notte. Rutilanti e lucide di zucchero erano delle cose strane di cui i valligiani sembravano andare ghiotti, io non ho mai osato nemmeno darci una leccatina per paura che la mia bocca di tingesse inesorabilmente, ed eternamente, di rosso o che la lingua mi cadesse folgorata da qualche ingrediente misterioso. Le bocche dei valligiani erano già rosse quasi per natura, visto che masticavano il Paan, che consta in foglie di Betel e altri intrugli che rendono la bocca e la saliva rosso pompeiano.
Ho provato il serpente, come racconto in "Striscia le cena in Cina" qui nel blog. Sempre in Cina mi sono avventurata in ristoranti dove non esisteva un menu tradotto in nessuna lingua compresibile e quindi ho il sospetto di aver mangiato animali, verdure, alieni e altro, di cui ignoro anche solo l'esistenza. Ancora in Cina ho provato dei sublimi spiedini di carne cotti su una griglia arrugginita in mezzo alla strada, il sapore era celestiale, la consistenza della carne paradisiaca, il costo ridicolo. Di nuovo, non conosco né la provenienza, né il nome dell'ingrediente principale degli spiedini e non mi interessa saperlo, nemmeno a posteriori. Negli stessi giorni tra le bancarelle di un mercato ho trovato e assaggiato nell'ordine: una crepe con cipollotto, magnifica, un riso saltato con verdure, sublime, fragole caramellate servite su uno stecco, troppo dolci, ma un fantastico lecca lecca tutto natura.
In Turchia ho assaggiato la miglior carne cruda con grano, cipolla e prezzemolo che da quelle parti si chiama, accidenti l''ho dimenticato come si chiama. Mi trovavo in una stradina lontana dalle zone turistiche, affollata di turchi allegri, il banchetto era accanto ad un ristorante, in felice convivenza. Un banchetto di legno basso con un omino vecchio, vecchio dietro, le cui mani volavano tra le foglie di insalata, la carne e il bussolotto pieno di monete, spesso non in quest'ordine. In Brasile ho mangiato con i piedi nella sabbia e praticamente a casa di un pescatore, come chi segue il blog ben sa (Cena per due), ho bevuto i migliori sucos di frutta, frullati senza latte, di Rio de Janeiro nel baretto all'angolo tra Rua Prudente de Morais e Avenida Garcia de Avila, chissà se esiste ancora; lungo le strette viuzze che portano al Pelourinho di Salvador ho banchettato con Churrasco di strada e Acarajé cotti dentro pentoloni ribollenti da monumentali bahiane vestite di bianco; a Itaparica ho mangiato pesciolini fritti direttamente sulla spiaggia, questi però non hanno lasciato un buon ricordo, ho passato giorni a trangugiare pastiglie per rimediare al disastro. In Venezuela, quando il fine settimana mi sdraiavo sulla spiaggia di uno dei famosi Cayos, tra mangrovie e sabbie bianche, ho divorato Ceviche trasporatato in grandi borse termiche di polistirolo. In quei momenti non mi sono chiesta da dove provenisse il pesce, come fosse stato conservato, se chi lo aveva tagliato avesse usato il coltello pulito, se la borsa termica beneficiasse di una disinfettata ogni tanto. Non mi sono posta nessuna di queste domande, ho mangiato e basta.
La strada è stata la mia grande fonte di ispirazione per molte ricette che presento nel blog e che cucino nella vita quotidiana, ma ho anche un debole per i ristoranti di gran lusso e allora posso dire di aver mangiato da Joel Robuchon, uno dei guru della cucina internazionale, in un ristorante ipermoderno dove abbondavano graniti neri e acciaio; sono stata a San Paolo alla tavola di Alex Atala, il mago della cucina brasiliana considerato tra i migliori chef al mondo e ho assaggiato le sue magie esotiche; mi sono seduta e ho degustato un intero menu da Alinea a Chicago, più un pezzo perché chi mi accompagnava non si sentiva bene, lì mi sono stati serviti pezzetti di manzo di Kobe cotto alla griglia accompagnato da una brocca da cui usciva essenza di rosmarino; ho potuto assaggiare, cogli occhi e con la bocca, un dessert a base di cachi posato su un cuscino dal quale ogni volta che affondavi il cucchiaino nella crema uscivano effluvi di spezie orientali. Per giorni dopo l'abbuffata ho sorriso, pensando al cibo e alle brocche fumanti. Ho cenato con gli ingredienti essenziali e i piatti sublimi di Davide Oldani, ho assaggiato piatti pensati da Ferran Adrià, ma non sono mai riuscita ad andare a El Bullì, il suo ristorante, prima che chiudesse. Insomma, ho vissuto tutto l'alto e il basso della cucina,  le tradizioni rivisitate e non, gli esperimenti, a volte poco riusciti, e sono passata dalle bancarelle di quattro assi inchiodati lungo le strade alle tovaglie di lino inamidate delle grandi tavole,  ma non ero pronta per quello che mi si è prospettato la sera del primo giorno di primavera in una capitale nordica, ma questo è un racconto che vi accompagnerà la prossima settimana.
(1 - continua)

sabato 2 giugno 2012

GELATO ALL'OLIO D'OLIVA

Non poteva che esserci una ricetta di dessert con l'olio, diciamo che era d'obbligo. Io ho provato questo gelato e mi è parso buono, diverso dal solito. La ricetta non è mia e non l'ho modificata da quando l'ho provata, aspetto commenti. 

1 lt di latte - 250 ml di panna - 250 g di zucchero - 250 ml di olio extravergine d'oliva - 10 g di sale grosso

Scaldare il latte senza portarlo ad ebollizione, unire il sale e lo zucchero e mescolare fino a completo scioglimento. Far raffreddare e aggiungere la panna e l'olio lentamente e con cautela. Mescolare bene e mettere il composto nella gelatiera. La ricetta originale suggerisce di servirlo con scaglie di Pecorino o Parmigiano, diciamo che sta bene anche con le fragole.
per sei persone

P.S. Nel caso non possediate una gelatiera procedete in questo modo: mettere il gelato in una teglia e porla nel freezer, far congelate per una notte. Al momento di servire tagliare i gelato a cubotti e metterlo nel mixer, far lavorare le pale finché non è ben mantecato. Servire. 


venerdì 1 giugno 2012

OLIVE NERE SOTT'OLIO CON SCORZETTE D'ARANCIA

Quando si vuole avere qualcosa di sfizioso per l'aperitivo, quando arriva un ospite all'improvviso e si desidera avere qualcosa di pronto che non siano le solite patatine o olive tolte dal barattolo della salamoia, ecco quello è il momento nel quale si va a recuperare il barattolo di olive verdi che abbiamo messo sott'olio durante le lunghe domeniche invernali. Uno sfizio delizioso.

250 g di olive nere, magari taggiasche ma vanno bene tutte - 2 foglie di alloro - 2 rametti di finocchietto selvatico fiorito (vanno bene anche i semi di finocchio) - 1 cucchiaio di semi di coriandolo - 1 arancia - olio extra vergine d'oliva  

Togliere la scorza all'arancia usando un pela patate. Lavare bene le olive, asciugarle perfettamente. Disporre le olive in un barattolo, lasciando poco spazio tra una e l'altra, unire le foglie di alloro, il finocchietto, i semi di coriandolo e la scorza d'arancia. Unire olio a sufficienza per coprire le olive, far riposare una settimana prima di consumare. Nel caso si voglia conservarle a lungo sterilizzare il barattolo (vedere ricetta Pomodori Secchi Sott'olio di questa settimana) 
per un barattolo da 250 ml