mercoledì 29 febbraio 2012

POLPO CON PATATE ALLA LIGURE

Oggi la scelta della ricetta è obbligata, non si può scappare. Secondo me il polpo con le patate è uno dei piatti più semplici e sopraffini della gastronomia ligure. Non bisogna essere dei grandi cuochi per riuscire a cucinare le patate e il polpo, è sufficiente rispettare i tempi di cottura. Per un piatto perfetto non lesinare con l'olio, che è fondamentale acquistare di qualità eccelsa. La ricetta è quella di mia mamma che, anche se nata altrove, cucina piatti liguri come una nativa.  Un suggerimento: un tempo i polpi si battevano per renderli più teneri, operazione faticosa, oggi meglio passarli almeno qualche ora nel congelatore, semplice ed efficace. Un trucco: far rotolare il polpo avanti e indietro su un tagliere, aiuta a eliminare la pellicola viscida. Può essere sia antipasto che secondo piatto. 

1 chilo e mezzo di polpo - 1 cipolla - 1 costa di sedano - 1 carota piccola - 500 g di patate - un bel ciuffo abbondante di prezzemolo - 2 spicchio d'aglio - succo di limone - olio evo - sale pepe

Pulire il polpo, svuotando la "testa" che contiene gli occhi, il dente e le interiora.  Potete anche spellarlo se è molto grosso. Lavarlo bene e metterlo in una pentola in acqua fredda con le verdure, l'aglio e qualche gambo di prezzemolo. Portare ad ebollizione e lessare finché non è tenero (ci vorranno un'ora e mezza/due). Lasciar raffreddare nell'acqua di cottura. Pulire dalle pellicine (questa operazione dipende dal vostro gusto) e togliete le ventose. Tagliare a pezzetti piccoli. Cucinare le patate partendo da acqua fredda per 20 minuti dall'ebollizione o finché non sono tenere, far raffreddare e tagliarle a dadini. Mettere il polpo e le patate nel piatto di portata, condire con abbondante olio extra vergine mescolato con succo di limone, sale, unire il prezzemolo e l'aglio tritati. Aggiustare di sale e pepe. Mescolare e far riposare almeno mezz'ora per permettere ai sapori di amalgamarsi. Servire tiepido o freddo.
per quattro persone 

P.S. Il tempo di cottura si può dimezzare usando la pentola a pressione. Io preferisco il metodo tradizionale. 

martedì 28 febbraio 2012

PESCA MIRACOLOSA IN RIVIERA

Era una giornata di luglio, bellissima. Il cielo era veramente azzurro, di quell'azzurro trasparente e senza una nuvola tipica delle estati della mia infanzia e adolescenza. Il mare, come diceva la canzone, era una tavola blu. L'acqua era perfettamente, inequivocabilmente liscia, non si muoveva niente, perché neanche una bava di vento poteva increspare il mare e il solito sciabordio, quello delle onde che si frangono sulla riva, era appena percettibile. Umidità atmosferica pari a zero e sole a picco. Sono anni che non ne vedo più mesi di luglio così, adesso è tutta una sinfonia di afa e umidità anche a bordo spiaggia. Quel giorno sugli scogli c'era silenzio. A noi piaceva stare su quelle pietre nere venate di bianco, portare il nostro asciugamano, scegliere la pietra più piatta e comoda vicino all'acqua. Anche mia mamma aveva preso l'abitudine di stendersi lì al sole con un materassino e un asciugamano, lontano dall'ombrellone e dalla sedia a sdraio, per stare un po' in solitudine. Pur non amando particolarmente il mare a mia mamma era sempre piaciuto scendere in spiaggia presto, godersi i momenti più tranquilli e meno roventi, rientrando a casa per il pranzo e poi ritornare al tramonto. Restava sugli scogli finché noi ragazzi non approdavamo lì, nella tarda mattinata, allora si eclissava discretamente. Quel giorno faceva caldo e lei non aveva abbandonato la postazione, noi non ci sentivamo liberi di dire tutte quello che ci veniva in mente e siamo finiti a parlare di futilità non compromettenti con lei. Faceva talmente caldo, che mia mamma, nota per non essere un'amante dell'acqua, aveva fatto quattro bracciate a rana tra la riva e gli scogli. Lì si era fermata, perché, da buona donna di montagna, a lei l'acqua piaceva bianca, ghiacciata e ferma, soprattutto poco profonda. Il contrario di sua figlia, detta il Cane delle Nevi per il suo stile poco elegante sulle piste da sci, che invece l'acqua la preferisce azzurra, tiepida e semovibile. Faceva talmente caldo che tutti noi ci eravamo trovati uno scoglio a pelo d'acqua e, dopo aver controllato che non ci fossero patelle, pomodori di mare e altre amenità animali, avevamo immerso le gambe fino al ginocchio.  Le nostre conversazioni erano così poco interessanti che all'improvviso avevamo deciso di tacere creando l'impressione di un silenzio rispettoso, degno della calma piatta di quel giorno. Anche mia mamma si era piazzata sulla punta del molo, le gambe immerse nell'acqua, i piedi poggiati su uno scoglio più basso. Ogni tanto muoveva una gamba e poi l'altra, spostandole  un po' a destra e un po' a sinistra, formando dei cerchi concentrici sul pelo dell'acqua. Tutti noi siamo rimasti in religioso silenzio respirando il mare, guardando il filo dell'orizzonte. Sole, mare, silenzio, un momento magico di una calda mattina di luglio. All'improvviso, nella calma ieratica di quella mattina è esploso un "oh-oh-oh", un singhiozzo quasi sussurrato. Ci siamo girati tutti verso il suono profano, la magia evaporata. Mia madre ci guardava, gli occhi sbarrati, senza riuscire a parlare. Il suono che usciva dalla sua bocca, l'oh-oh-oh, era diventato più acuto e urgente. D'improvviso si è girata e, tolta una gamba dall'acqua, ha cominciato a strillare, uno strillo acuto, intenso, raggelante. Come già detto mia mamma non è donna di mare, e per altro su certe cose era, e rimane, decisamente fifona. Per spiegare quando mia mamma sia coraggiosa posso dire una cosa: mettetela in un campo di battaglia con le pallottole che fischiano, e non farà una piega, ma non fatele vedere un topolino di campagna correre lungo una trave. Quella era un'occasione da topolino. Ci siamo guardati,  non capendo bene la dinamica, pensando che uno squalo baby fosse arrivato a riva e le avesse allegramente addentato una gamba. Abbiamo guardato meglio e visto finalmente il motivo dell'urlo. Lunghe strisce di colore bianco marmorizzato marrone disegnavano strani ghirigori sulla coscia abbronzata di mia mamma. Una palla, quasi un grumo, spesso e marrone, le deturpava lo stinco. Una volta capito cosa era successo, come solo gli adolescenti sanno fare nei momenti meno opportuni, abbiamo cominciato a ridere. C'era un povero, timido polpo aggrappato alla gamba di mia madre, apparentemente perplesso e indeciso sul da farsi. Se avesse avuto gli occhi in vista sarebbero stati sbarrati. Nell'indecisione aveva optato, poi, per la soluzione più semplice, stare fermo, immobile, ferocemente attaccato al nuovo scoglio, per vedere se il pericolo fosse sparito così come era arrivato. "Scusate, pensate di fare qualcosa?" ha chiesto terrorizzata mia mamma. "Metti la gamba in acqua" è il suggerimento migliore che siamo riusciti a dare. In quel momento, un mio amico, pescatore e subacqueo appassionato, si è avvicinato a mia mamma, che nel frattempo aveva infilato la gamba in acqua, e ha afferrato a mani nude il polpo che aveva iniziato una lenta e opportuna ritirata nella tana.
Quella sera c'è stata una grande cena a casa nostra, piatto forte: un bel polpo con patate, tipico delle nostre parti. Tutti felici abbiamo chiesto scusa al povero polpo, anche se piuttosto soddisfatti della pesca miracolosa. Per alcuni giorni mia mamma ha girato coi segni delle ventose sulle cosce  sfoggiando, quasi fosse un trofeo, un insolito tipo di tatuaggio ramificato. Questo in tempi nei quali i tatuaggi li portavano solo i molto eccentrici e i carcerati.

domenica 26 febbraio 2012

LA TORTA AL CARAMELLO DI MINNY CON GLASSA DI ZUCCHERO

Durante tutta la lettura del libro The Help ho avuto l'acquolina in bocca per via delle famose torte al caramello di Minny, una delle cameriere protagoniste, famose in tutta Jackson. So che nei caffè in giro per il Sud degli USA la torta al caramello è di solito una torta tipo Pan di Spagna semplicemente glassata al caramello; la ricetta che presento, invece, è un'autentica torta con la pasta al caramello e la glassa di zucchero. Forse risulta un filo dolce per nostri palati abituati a dolci meno dolci, ma mangiata a piccole dosi è un vero paradiso. Sono sicura che questa ricetta piacerebbe a Minny che senz'altro la fa così, perché, ad un certo punto del libro, mentre sta preparando il caramello per la torta lo brucia, visto che la padrona chiacchiera ininterrottamente, e lei si innervosisce.  Quella di oggi è una torta a due strati, come tutte le torte americane che si rispettino, se volete essere un po' più parchi e scegliete di fare solo uno strato, dimezzate la dose. In generale le torte americane hanno tutte la glassa, detta Icing o Frosting, questa che presento è  di zucchero molto semplice e facile da fare, se preferite potete ometterla e scegliere una glassa di vostro gradimento. Se, invece, preferite una glassa un po' meno dolce suggerisco una bella Ganache al Cioccolato che si sposa benissimo col caramello della torta e non contiene zucchero, andando a compensare la dolcezza della torta. Per la Ganache guardare la ricetta dei Tartufi di Cioccolato nel blog. A me piace molto così, con il cioccolato fuori e la soffice torta al caramello dentro 

Per il caramello: 125 ml di zucchero - 125 ml di acqua bollente

Per la torta: 750 g di farina 00 - 250 g di zucchero - 250 ml di latte - 125 g di burro - 2 uova, separare tuorlo e albume - 2 cucchiaini di lievito in polvere - 1 cucchiaino di estratto di vaniglia

Per il caramello: Mettere lo zucchero in una casseruolina a fondo spesso mescolando in continuazione finché non comincia a sciogliersi e scurire, non appena ciò avviene togliere dal fuoco e versare l'acqua bollente mescolando come con forza e velocemente (traduzione: mescolare come pazzi). Riportare sul fuoco e continuare a mescolare finché non si ottiene uno sciroppo spesso. Tenere da parte.

Per la torta: Imburrare ed infarinare due teglie diametro 22. Lavorare a crema il burro con lo zucchero, aggiungere i tuorli. Setacciare insieme tutti gli ingredienti secchi nella crema di burro, alternando con il latte, in due mandate. Unire l'estratto di vaniglia e tre cucchiai abbondanti di caramello e mescolare bene. A parte montare a neve ferma gli album e unirli delicatamente alla pasta della torta. Cuocere in forno a 180 gradi per 30 minuti o finché uno stecchino inserito al centro non venga fuori pulito. Far raffreddare le torte su una gratella e decorare con la glassa.

GLASSA SEMPLICE ALLO ZUCCHERO (Non è altro che quella che in Francia viene chiamata Meringa Italiana)

250 ml di acqua - 560 g di zucchero - 1 cucchiaio di sciroppo di mais o di glucosio - 3 albumi a temperatura ambiente - 1 cucchiaino di estratto di vaniglia

Portare l'acqua ad ebollizione e unire 500 g di zucchero e lo sciroppo di mais o glucosio. Far bollire finché non raggiunge lo stadio di piccola bolla o i 105/110 gradi. Mentre lo sciroppo bolle montare gli albumi e quando sono schiumosi unire 60 g di zucchero e montare a neve molto ferma, quasi sul punto di seccarsi. Quando lo sciroppo è a temperatura versarlo a filo sul lato della ciotola delle uova continuando a montare finché lo sciroppo non è incorporato. Decorare la torta a piacere.

sabato 25 febbraio 2012

POLLO FRITTO DEL SUD PERFETTO

Cosa sarebbe il Sud degli Stati Uniti senza il pollo fritto? Una landa gastronomicamente desolata. Il pollo fritto è forse il piatto più consumato negli stati del sud, il Kentucky Fried Chicken ne è la prova anche se la sua qualità lascia un po' a desiderare. Diciamola tutta: gli stati del Sud amano le cose fritte; se in Cina tutto si può mangiare, da quelle parti tutto si può friggere e io amo le cose fritte benché ne mangi poche per ovvi motivi di linea.  Questa è senz'altro la ricetta del pollo fritto che cucinerebbe quella cuoca sopraffina di Minny, la cameriera del libro The Help, e che io ho rubato all'amica di mia mamma, quella nata e cresciuta in Alabama. 

1,5 kg di pollo in pezzi, a voi la scelta dei pezzi - 350 ml di buttermilk/latticello (vedere nel blog i sostituti e la ricetta per farlo) - 250 g di farina autolievitante - 1 cucchiaino di sale - mezzo cucchiaino di pepe di Cayenna - mezzo cucchiaino di aglio in polvere (facoltativo) - 1 cucchiaio di paprika - 1 uovo - sale pepe olio per friggere

Lavare i pezzi di pollo e immergerli in 250 ml di buttermilk, e farli marinare in frigo per almeno 2 ore o per tutta la notte. Mescolare la farina e tutte le spezie, distribuire su un grande piatto. Sbattere l'uovo con il restante buttermilk. Scaldare l'olio in una grande padella (deve essere almeno profondo 3 cm). Togliere il latte pollo dalla marinata, passarlo nella farina, immergerlo nel composto di uovo, e passarlo di nuovo nella farina. Friggere finché non è ben cotto, ci vorranno circa 15/20 minuti. FAr asciugare su carta assorbente, salare e servire.
per otto persone


venerdì 24 febbraio 2012

GARLIC MASHED POTATOES - PURE DI PATATE ALL'AGLIO

Un classico contorno della cucina sudista, amatissimo soprattutto con il pollo fritto di cui darò la ricetta domani. L'agkui parecchio, ma questa è la ricetta originale, se volete potete ridurlo. Includo questa ricetta perché c'è il buttermilk tra gli ingredienti e potete subito sperimentare qualcosa con i vostri sostituti. 

2 kg di patate a pasta gialla - 125 g di buttermilk (latticello) - 100 g di burro - 5 spicchi d'aglio - 1 cucchiaio di sale - pepe

Lavare molto bene le patate e metterle in una pentola di acqua fredda con l'aglio e il sale. Cuocere per venti minuti circa dall'ebollizione. Schiacciare le patate e l'aglio con lo schiacciapatate, unire il burro a tocchetti e il pepe, piano piano aggiungere il buttermilk senza esagerare per non far diventare la mistura troppo molle. Servire subito oppure mettere il puré in una teglia da passare in forno per avere una crosticina dorata.
per otto persone 

BUTTERMILK O LATTICELLO - COME FARLO E QUALI SONO I SOSTITUTI

Quando si tratta di cucina del Sud degli Stati Uniti il buttermilk o latticello è uno degli ingredienti fondamentali, lo si usa un po' ovunque come base per la marinata del famoso pollo fritto, come agente lievitante per il pane e i dolci, insomma è onnipresente. Il buttermilk o latticello è il residuo della lavorazione del burro. Quando la panna si separa per diventare burro lascia un liquido virtualmente privo di grassi, leggermente e piacevolmente acido, ideale da usare in cucina. In Gran Bretagna e Stati Uniti si trova in cartoni come il latte, praticamente ovunque, in Italia non è facile da trovare perché non è uno degli ingredienti più comuni della nostra cucina; a volte lo si può incontrare nei banchi frigo di alcuni negozi di specialità naturali come SuperPolo o NaturaSì a Milano, più spesso bisogna arrangiarsi per trovare un sostituto degno di questo nome. L'acidità del buttermilk è molto utile per far lievitare al meglio qualsiasi tipo di torta, biscotto, muffin, brownie etc, anzi io consiglio di sostituirlo se nella torta è richiesto il latte, si vedrà la differenza in lievità, e usandolo nei dolci di origine americana come i muffin o i brownies si avrà un sapore più autoctono. 

Qui sotto, rigorosamente in ordine di preferenza, vi elenco i vari metodi per sostituirlo e, addirittura, vi insegno anche a farlo, non si sa mai che vogliate applicarvi.

SOSTITUTO NUMERO UNO: Usare la stessa quantità di yogurt bianco un po' spesso, tipo quello greco. Il più lontano dalla scadenza sarà l'opzione migliore. Questa è una delle opzioni che preferisco.

SOSTITUTO NUMERO DUE: Mescolare 500 ml di latte con un cucchiaino e tre quarti di cremor tartaro. Questo farà in modo che il latte inspessisca e diventi leggermente acido. Assomiglia abbastanza al buttermilk.

SOSTITUTO NUMERO TRE: Funziona piuttosto bene, tra l'altro. Semplicemente mescolare metà yogurt, metà latte. Altra soluzione che mi piace molto. L'unica cosa con questi sostituti è che si perde il piacevole asprigno del latticello/buttermilk, un po' un peccato, ma.. di necessità virtù. 

SOSTITUTO NUMERO QUATTRO: Unire a 250 ml di latte caldo 20 ml di succo di limone o aceto di vino bianco. L'aceto è la migliore soluzione, ma se si ha fretta meglio il limone che rende spesso il latte in un attimo.

Se volete provare a farlo...

COME FARE IL BUTTERMILK/LATTICELLO

Riempire per metà un barattolo da un litro (quelli di Quattro Stagioni sono perfetti) con 500 ml di panna fresca, evitare quella a lunga conservazione e, anzi provare, quella non pastorizzata quando possibile, chiudere bene il tappo. Cominciare a scuotere piano avanti e indietro il barattolo, dopo alcuni minuti la panna cominicerà ad inspessirsi e a montare. Continuare a scuotere il barattolo, ad un certo punto, all'improvviso, la panna si separerà, lasciando da una parte il burro e dall'altra il latticello/buttermilk. Che ci crediate o no ci vorrano circa 15 minuti di lavoro di olio di gomito e non di più (è vero!), ma il risultato è fantastico. Versare il buttermilk in un altro barattolo e usarlo per la vostra ricetta. Si conserva molto bene in frigo per qualche giorno oppure potete congelarlo per averne sempre un po'  a disposizione già pronto.
Potete tranquillamne usare il burro che si sarà formato, unico accorgimento lavatelo sotto l'acqua corrente per eliminare ogni traccia di latticello che potrebbe farlo inacidire rapidamente. Salatelo o aromatizzatelo come più vi piace per condire verdure bollite, bistecche o da mangiare solo sul pane. Servitelo come aperitivo  con le acciughe. Conservato in frigo, dura parecchi giorni.

giovedì 23 febbraio 2012

OKRA FRITTA

Nel Sud degli Stati Uniti si usa moltissimo l'Okra, è proposta in diverse ricette fritta, in stufato da sola o con altri ingredienti. Non si può dire di aver assaggiato la cucina sudista se non si è mangiata almeno una volta l'Okra, una verdura che è ingrediente fondamentale, quasi sacro, per la gente del sud, i cui semi sono stati introdotti nelle Americhe attraverso le navi negriere e diffusi dagli schiavi africani. Ironia della storia, se non fosse stato per gli schiavi non esisterebbe una delle bandiere culinarie dei Sud. Il frutto di questa pianta, dalla forma allungata, per essere perfetto deve essere piccolo e tenero, la consistenza e il sapore saranno migliori. Se i frutti sono troppo grandi diventano fibrosi e duri anche se ben cotti. Quindi meglio cercarli più piccoli possibile nei negozi di specialità straniere, soprattutto africane. Nel libro The Help si cita l'Okra e uno dei modi nel quale usarla: fritta. Questa è la mia ricetta regalo di un'amica di mia mamma nata e cresciuta in Alabama. 

250 g di fioretto (farina di mais finissima) - 250 ml di latticello (buttermilk) - 450 g di okra tagliata a fette di un centimentro/un centimetro e mezzo, le più piccole lasciarle intere - mezzo cucchiaino di sale - una punta di cucchiaino di pepe di Cayenna - una spolverata di pepe nero -  mezzo cucchiaino di polvere d'aglio (facoltativo) - olio per friggere

Mescolare in un grande piatto il fioretto, i pepi, il sale, e la polvere d'aglio se la si usa. Mettere il latticello in una ciotola. Preparare l'okra, pulirla bene, tagliarla e metterla nel latticello. Togliere l'okra dal latticello con una schiumarola e passarla nella farina fioretto, quando i pezzi sono perfettamente avvolti dalla farina metterli sulla placca del forno o in una teglia rivestite di carta forno e metterli in freezer per un quarto d'ora. Preparare l'olio per friggere e, se avete un termometro da frittura o la friggitrice portare la temperatura a 170 gradi, altrimenti state sotto il punto di fumo, l'olio non deve fumare insomma, e mettere l'okra a friggere per 5/6 minuti, girandola sovente per farla dorare su tutti i lati. Asciugare con carta assorbente, salare e servire caldo.
per quattro persone 

mercoledì 22 febbraio 2012

U.S.A. E LEGGI - DUE LIBRI

Durante la malattia non ho prodotto scritti, troppa fatica tenere a bada tutte le eventualità del caso: il computer in posizione sulle gionocchia, la gatta sui piedi, la testa che ha dentro ha un concerto di sassi e oggetti di metallo, la febbre alta (38 circa), il naso che cola e altre amenità dovute alla malattia. Un inferno durato a lungo e io, che non mi ammalo quasi mai, sono una pessima paziente. Una cosa sono riuscita a farla: leggere. Tutte le riviste arretrate hanno finalmente trovato posto nella mia testolina e sono state commentate mentalmente. Finite quelle arretrate sono passata a quelle nuove, divorate in un lampo e, allora, ho continuato coi libri. Ben due libri, più o meno interessanti, ed era un po' che non leggevo tanti libri in così poco tempo; il tempo di una malattia raddoppiata.
Il primo: New York di Edward Rutherford, 981 pagine edizioni Oscar Mondadori.
Un libro su New York che tratta pochissimo New York. Mi spiego: ho acquistato il libro attirata dal titolo e dalla voglia di conoscere meglio i segreti della città. Che so io, come è stato costruito il Ponte di Brooklin nella seconda metà del XIX secolo oppure la storia di Five Points, un po' come l'ha raccontata Martin SCorsese nel film "Gangs of New York" oppure come ere New York, esattamente, ai tempi di Nuova Amsterdam, suo primo nome. Ecco, chi si aspetta qualcosa del genere se lo scordi nessuno di queste cose viene approfondita più di tanto. Si da molto spazio alla storia di alcune famiglie, inventate, per altro, stabilitesi in città in momenti diversi, in secoli diversi e si narra dei loro amori, delle loro ascese o discese sociali, momenti delle loro vite che si incrociano e si "scrociano", pur appartenendo loro a  classi sociali diversissime, in tempi nei quali le classi sociali erano rigidamente e socialmente separate e codificate. Scritto e tradotto bene, non è però niente di speciale; si da più importanza alle storie delle famiglie, e non di tutte le famiglie tra l'altro, che ai dettagli storici-architettorinci-socilai della città. Chi si aspetta un trattato su New York sappia che anche la costruzione dell'Empire State Building, per anni l'edificio più alto del mondo, è liquidato in poche, scarne pagine. Insomma storie che si intersecano e New York che fa da pallido sfondo e non il contrario, come mi sarei aspettata; le strorie potrebbero svolgersi in qualsiasi altra città americana, per quanto ne sappiamo, anche Chicago o San Francisco, per esempio. Comunque, un libro ideale in caso di malattia: distrae e non ci si affatica. Su questo argomento meglio "I segreti di New York" di Corrado Augias che ho letto tempo fa, d'accordo non è un romanzo ma un saggio, ma è moto più divertente e completo.
Il secondo libro: The Help di Katrhyn Stockett 516 pagine edizioni Mondadori.
Da questo libro è stato tratto l'omonimo film candidato all'Oscar il 26 febbraio. Un libro che diverte e commuove, pieno di ironia e di personaggi ai quali ci si affeziona. Racconta la storia di alcune domestiche di colore e delle loro padrone a Jackson, Mississippi, negli anni sessanta e l'idea di una ragazza di raccontare di loro negli anni di Kennedy, di Luther King, dei bagni separati, dei posti sull'autobus assegnati, della fine apparente della segregazione razziale con le lotte per i diritti civili dei neri. Il Mississippi è sempre stato il più chiuso e segregazionista degli Stati Americani, chi non ricorda il film "Mississippi Burning,  con tra gli altri Gene Hackman, che raccontava un episodio realmente accaduto proprio agli inizi degli anni sessanta, di alcuni ragazzi uccisi dal Ku Klux Klan e dei relativi insabbiamenti ed indagini. Nel libro si citano famosi e clamorosi episodi per il percorso di emancipazione dei neri e, paradossalmente, anche dei bianchi. Tra signore che giocano a Bridge consumando tramezzini e uova ripiene spettegolando di tutto e tutti, che organizzano balli di beneficenza, pensano ad accasare amiche difficili, cameriere che tacciono, acconsentono e si ribellano in segreto. Gli uomini fanno da contorno alla storia, sono quasi assenti come lo erano gli uomini di quegli anni e come spesso sono anche oggi. Il tutto in una prosa leggera e appassionante, ideale in caso di malattia. Chiuso il libro ho subito avuto nostalgia di Minny, la mia preferita, e delle sue torte al caramello, di Aibileen e della sua filosofia, di Miss Skeeter e del suo desiderio di fuga.
E poi, lo ammetto, nel libro si parla della mia amatissima cucina del Sud degli Stati Uniti: tra pollo fritto marinato nel latticello, okra o gumbo fritti o in stufato, braciole di maiale in padella o al barbecue, uova ripiene servite durante il bridge, i deliziosi Biscuits, nel libro tradotti come biscotti, e erroneamente si pensa ai nostri frollini, ma bisogna averli assaggiati per capire di cosa si tratta (ricetta nel blog: Southern Biscuits); e ancora panini al roast beef, torte di fragola, magnifiche torte al caramello e sfiziose torte al cioccolato. Saranno queste le ricette che vi farò preparare nei prossimi giorni. Vale la pena di leggere il libro per conoscere uno spaccato di un'America profonda che apparentemente non esiste più.

martedì 21 febbraio 2012

RIAPERTO DOPO MALATTIA

Prometto che da domani il blog tornerà opertivo, ho avuto svariati e dolorosi problemi di salute. Lasciatemi finire questa convalescenza lenta, che poi tornerò a raccontare storie e ricette come se nulla fosse successo. A presto.

sabato 18 febbraio 2012

CREME BRULEE ALLA VANIGLIA


900 ml di panna – 225 gr di zucchero più 8 cucchiai – mezza stecca di vaniglia tagliata a metà – 4 uova

Scaldare il forno a 120°. Scaldare la panna, lo zucchero e la vaniglia in una casseruola finché non sobbolle. In una ciotola sbattere le uova e mettere in semi della vaniglia. Lentamente aggiungere metà dalla mistura di crema in quella di uova mescolando con la frusta, continuando a mescolare con la frusta aggiungere il resto della crema. Mettere in 8 ramequins da 250 ml, mettere nella teglia del forno acqua che copra ¾ dei ramequins. Cuocere per un’ora, un’ora e un quarto finché i lati sono solidi e il centro morbido. Mettere un cucchiaio di zucchero sulle coppette e far caramellare sotto il grill.


PATATE NOVELLE CON SENAPE DI DIJON


Contorno facile e squisito, ottimo per il maiale al miele e senape di cui trovate la ricetta nel blog. 

450 gr patate novelle (diametro 2,5/5 cm) con la pelle – 1 cucchiaio di rosmarino tritato – 1 cucchiaio di olio – 1 cucchiaio di senape di Dijon à l’ancienne – sale grosso pepe

Scaldare il forno a 200°. Se le patate fossero più grosse di 5 cm di diametro, tagliarle a metà. Mettere le patate in una teglia, spolverarle col rosmarino. In una ciotolina mescolare olio e senape. Cospargere col composto le patate, salre e pepare. Mescolare per ricoprirle bene, poi metterle in uno strato solo. Sono pronte quando sono dorate e una forchetta entra facilmente, 40/45 min.

giovedì 16 febbraio 2012

POLPO CON SALSA AI CAPPERI


Una ricetta che può essere antipasto o secondo. Ci sono due scuole di pensiero per quanto riguarda il polpo: con pelle o senza pelle e con ventose o senza ventose. Io sono della prima scuola per quanto riguarda la pelle e della seconda per quanto riguarda le ventose. Se anche voi preferite senza ventose, dopo la cottura armarsi di un po' di pazienza e togliere tutte le ventose prima di tagliare a pezzetti.

1 polpo – 10 grani di pepe – 1 bouquet garni (prezzemolo, timo, alloro, finocchio, porro, carota) – 1 anice stellato – 1 cucchiaio di grani di finocchio – 2 cucchiai di sale grigio grosso

per la salsa: 6 cucchiai di olio evo - 4 cucchiai di capperi - 1 limone (succo) – 1 cipolla o, meglio, 1 cipollotto – 1 spicchio d’aglio possibilmente nuovo – 1 pomodoro – 10 foglie di basilico – 1 pezzettino di peperoncino fresco – sale pepe

Mettere tutti gli ingredienti del bouquet garni e il polpo dentro una pentola, coprire d’acqua e portare ad ebollizione e lasciar cuocere a fuoco basso per 30 min. Far raffreddare dentro il brodo se si ha il tempo altrimenti togliere i polpo e usarlo subito. Tagliare il polpo a pezzettini, mescolare tutti gli ingredienti della salsa e versare sul polpo. Lasciar riposare il polpo nella marinata al fresco per un po’. Accompagnare con pane tipo ciabatta.
per quattro persone






mercoledì 15 febbraio 2012

UOVA IN COCOTTE CON TOSTINI AL PROSCIUTTO E ROBIOLA

Un  piatto per imbranati in cucina, ma che invece sembra una cosa super difficile da eseguire e vi farà fare un figurone pazzesco. Nella settimana di San Valentino ci voleva... 

8 uova - 160 g di formaggio a scelta - 4 cucchiai abbondanti di panna - 4 fette di pane in cassetta integrale - 1 fetta di prosciutto cotto - 100 g di robiola - 2 fette di pane casereccio - burro - sale pepe

Tagliare in quattro striscioline il pane in cassetta, su ogni striscia distribuire la robiola e ricoprire con una strisciolina di prosciutto cotto, terminare con una strisciolinia di pane a formare dei mini toast a fiammifero. Cuocere i mini toast in una padella con un po' di burro, finché non sono belli dorati. Far tostare il pane casereccio in una tostiera e tagliarlo a striscioline.
Imburrare molto bene quattro ramequins o delle piccole teglie da forno diametro max 8 cm, mettere 20 g di formaggio tagliato a fettina sul fondo, rompere due uova per ogni ramequin. Unire un cucchiaio di panna per ogni contenitore, salare pepare. Far cuocere a bagno maria in forno a 180 gradi per 5/10 minuti, l'albume deve essere completamente rappreso. Servire con i tostini alla robiola e prosciutto e con le striscioline di pane casereccio tostato
per quattro persone

martedì 14 febbraio 2012

GOUGERES

Per la festa di San Valentino uno sfizio facile da fare e di grande effetto. Buon San Valentino a tutti. 

2,2 dl di acqua – 110 gr di burro – 5 uova –  180 gr di farina - 120 gr di groviera a dadini – 60 gr di groviera grattugiato – 1 cucchiaino e mezzo di sale

Scaldare il forno a 180. Portare a bollore l’acqua, il burro e un cucchiaino di sale in un casseruola, mescolare fino a far fondere il burro. Togliere la casseruola dal fuoco lasciar raffreddare leggermente aggiungere la farina e mescolare bene. Rimettere sul fuoco a fiamma viva e rimestare con un cucchiaio di legno fino a che il composto si stracca dalle pareti della casseruola. Togliere dal fuoco. Aggiungere un uovo per volta, mescolare con energia e amalgamare bene. Unire il formaggio a dadini e il restante sale e pepe. Girare bene.  Lasciar cadere delle cucchiaiate di composto su una placca da forno bene imburrata. Smussare la cima e i lati di ogni gougère con un coltello e cospargere con formaggio grattugiato. Mettere in forno 25 min. fino a quando si gonfiamo e diventano dorate Servire subito.   

lunedì 13 febbraio 2012

ACCIUGHE IN BAGNETTO VERDE


Malatissima ancora una volta, ma quest'influenza non perdona nessuno. Vi lascio una ricetta che interpreta il tema previsto questa settimana: il sale. Riprenderò la mia routine non appena la testa smetterà di scoppiarmi. A presto 

Una decina di acciughe sotto sale – un mazzetto di prezzemolo – 50 gr pane raffermo – aceto di vino bianco qb – vino bianco secco qb – 1 spicchio d’aglio – sale olio

Bagnare il pane con l’aceto, pulire le acciughe, sciacquarle sotto l’acqua fredda e poi ancora con una miscela di aceto e vino. Asciugare e mettere da parte. Tritare il prezzemolo, possibilmente a coltello, e con esso le acciughe e l’aglio. Unire al trito il pane strizzato e aggiustare di sale, aggiungere olio. Mescolare, versare in una terrina di vetro e aggiungere le acciughe, mescolare bene e coprire, se necessario con altro olio. Si conservano 8/10 in frigo. Con la stessa salsa si possono condire anche i tomini. 

domenica 12 febbraio 2012

sabato 11 febbraio 2012

TARTUFI AL CIOCCOLATO

"Creme Tangerine and Montélimar
A Ginger Sling with Pineapple Heart
A Coffee Dessert--yes you know it's good news
But you'll have to have to have them pulled out
After the Savoy truffle

Cool Cherry cream, nice Apple Tart
I feel your taste all the time we're apart
Coconut Fudge--really blows down those blue
But...."
Savoy Truffle - The Beatles

I Beatles hanno sfonata molte canzoni che hanno un cibo o il cibo nel testo come per esempio "A Taste of Honey", "Strawberry Fields Forever" o "Lucy in The Sky with Diamonds" d, ma è su "Savoy Truffle" dove si sono scatenati di più. La canzone è ispirata alla passione per il cioccolato di Eric Clapton che ne mangiava quantità esagerata ed era amico di George Harrison. Nel testo ci sono i nomi delle varietà di cioccolatini ripieni contenute dentro la scatola "Good News" della Mackintosh. Io vi do la ricetta dei tartufi al cioccolato, non sono difficili da fare, e durano una decina di giorni chiusi in una scatola di plastica a chiusura ermetica conservata nel frigorifero. Questa ricetta arriva dritta da una pasticceria fantastica di San Paolo, il Cafè Patisserie di Mara Rocha Mello che è stata eletta miglior pasticcera del 2009. Io ho fatto il corso di tartufi con lei nell'ormai lontano 2001 e ogni volta che faccio questi tartufi la ringrazio perché è una ricetta che non può fallire. Procedimento lungo, ma ne vale la pena. 

per il ripieno: 480 g di cioccolato fondente tritato - 30 g di glucosio - 280 g di panna -

per la copertura: 200 g di cioccolato fondente - cacao in polvere

Far bollire la panna con il glucosio. Versare sopra al cioccolato, mescolare bene. Far raffreddare e tenere in frigo fino al momento dell'utilizzo. Con un cucchiaino da the prelevare un po' della ganache e farla ruotare nel palmo delle mani fino ad ottenere una pallina. Disporre tutte le palline su una grande teglia rivestita di carta forno e far riposare in frigo per almeno un'ora. In una grande ciotola di metallo messa in un bagnomaria caldo, l'acqua non deve toccare il fondo, far fondere il cioccolato tritato. Spegnere il fuoco sotto il bagnomaria e lasciare la ciotola. Coprire il fondo di una teglia a bordi alti con del cacao. Con l'aiuto di uno stuzzicadenti, o con l'apposito attrezzo fotografato sotto, passare i tartufi freddissimi dentro al cioccolato fuso, far scolare la maggior parte del cioccolato e rotolarli subito nel cacao in polvere. Lasciarli qualche istante nel cacao in modo che prendano consistenza. Procedere in questo modo fino all'esaurimento del ripieno. Se il cioccolato fuso dovesse indurire riaccendere il bagnomaria avendo l'accortezza di rimettere in frigo il ripieno.

Per chi ha manualità: non appena il ripieno è sciolto metterlo in un sac-à-poche e sulla teglia rivestita di carta forno fare dei piccole palline di poco più piccole di una noce. Per il resto proseguire come sopra .

P.S. Se si vuole farli al Rhum o Cognac, non appena il cioccolato per il ripieno è fuso aggiungere un paio di cucchiai di liquore.

Entrambi gli attrezzi vanno bene, ma io preferisco quelle sopra, il tartufo si avvolge meglio nella cioccolata ed è più semplice far il passaggio nel cacao.



venerdì 10 febbraio 2012

PURE DI PATATE DA MANUALE

"Here I am and I'm back again
I'm doing mashed potatoes
I'm gonna start by going
To New York City 
With your number one...."
Mashed Potatoes - James Brown  


Un famoso pezzo di James Brown che era anche il ballo di modissima nel 1962, una sorta di twist un po' più nero. Questo è stato il cavallo di battaglia del Godfather of Soul per molti anni e questo purè di patate è il mio da sempre. Ricordatevi: non esiste purè di patate dietetico, perché venga leggero, aereo, soffice come la neve di  questi giorni ci vogliono quantità industriali di panna e burro; e soprattutto olio di gomito, lavorare bene col cucchiaio di legno montando come fosse una frusta. Per coloro i quali soffrono di intolleranza al lattosio: viene benissimo con il latte e la panna di soya e tutti i suoi derivati.

800 g di patate rosse - 200 g di patate a pasta gialla - 125 ml di latte - 60 ml di panna - 4 grani di pepe - 2 rametti di timo - 1 foglia di alloro - 60 g di burro tagliato a dadini - sale pepe - noce moscata

Cuocere le patate intere, sbucciate, partendo acqua fredda per 10/15 minuti dall'ebollizione, a questo punto unire un cucchiaino di sale grosso. Metterle sulla placca del forno e passare in forno a 100 gradi per  circa 10 minuti. Nel frattempo portare ad ebollizione in una casseruolina il latte e la panna, con il pepe, il timo e l'alloro. Non appena accenna a bollire, spegnere la fiamma e coprire con un coperchio e far riposare per una ventina di minuti. Eliminare gli aromi. In una grande ciotola passare le patate con un passaverdura a buchi medi insieme al burro. Unire il composto di panna caldo. Aggiustare di sale e pepe. Lavorare bene con il cucchiaio di legno per "montare" il purè. Servire.
per quattro persone

P.S. TRUCCO SALVATEMPO Si può preparare con un po' di anticipo; non sarà così aereo come appena fatto, ma sarà buonissimo lo stesso e voi starete coi vostri ospiti. Ecco come fare: utilizzare una grande ciotola di metallo, una volta montato il purè distribuire il composto su tutte le pareti della ciotola, coprire con della pellicola trasparente, facendo in modo che aderisca al purè, e  poggiare su  una pentola a bagnomaria, l'acqua non deve toccare la ciotola. Si può tenere così in caldo per un massimo due ore. 

giovedì 9 febbraio 2012

LASAGNE DI KAMUT AI BROCCOLI

"...E a 'ste panse veue cose ghe daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi..."

Creuza de Ma - Fabrizio de André   

"E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere, cose da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelli di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole"



Un grande classico di De André col testo in dialetto che racconta anche di cibo: frittura di pescetti, cervelli di agnello e lasagne ai quattro sughi. La parte culinaria si chiude con uno stufato di lepre di tegole in agrodolce; ecco, fossi in voi, non indagherei cos'è la lepre di tegole. Ho scelto ovviamente le lasagna, non saranno ai quattro "tucchi", cioè ai quattro ragù, ma sono deliziose e soprattutto diverse dal solito.  


5 fogli di sfoglia al kamut per lasagne (vanno bene anche le lasagne normali) - 2 spicchi d'aglio - 2 rametti di timo - 400 g di broccoli - 120 g di albume - 120 g di parmigiano - olio evo - sale pepe 


Lavare e pulire i broccoli, sbollentarli per qualche minuto in acqua bollente salata e farli raffreddare in una ciotola con acqua e ghiaccio. Soffriggere l'aglio e il timo, aggiungere i broccoli, e farli cuocere per qualche istante; eliminare l'aglio e frullare la verdura. Montare l'albume a neve, unire i broccoli e il parmigiano. Sbollentare la sfoglia di pasta, farla asciugare su un telo, e disporre su una teglia rivestita di carta forno come per una comune lasagna. Alternare gli strati di pasta e crema di broccoli, terminando con la crema di broccoli. Infornare per mezz'ora in forno a 180 gradi. Si può servire con una fonduta a base di Asiago Stravecchio. 
per quattro persone 


P.S. Curiosità: in Argentina il ragù di carne si chiama "tuco", e ciò testimonia di quanti liguri siano emigrati in Argentina. Invece la parola ragù ha tutt'altro significato: se si dice "tengo un ragù...", si sta dicendo "ho una fame da lupi". 
P.P.S. Questa volta ho copiato pari pari la ricetta, è troppo buona per modificarla. Qui sotto il libro dello chef autore di questa delizia. 
Il Talismano del Mangiare Sano. 200 ricette certificate dalla Fondazione IEO" di Marco Bianchi,

mercoledì 8 febbraio 2012

BEANS ON TOAST - FAGIOLI SUL TOAST

"I don't drink coffee, I take tea my dear
I like my toast done on one side..." 

In questa canzone Sting canta il suo essere inglese che si è trovato a vivere in un paese dove si parla la stessa lingua, ma dove si hanno abitudini diverse. Una canzone magnifica, che amo molto e che si presta a presentare uno snack che più inglese non si può. E' la merenda di tutti i bambini inglesi quando tornano da scuola e a volte capita che sia anche il loro pranzo. Oramai gli inglesi aprono il barattolo di Heinz Baked Beans (ironia, un prodotto americano per un classico inglese)  e lo riscaldano in una pentolina sul fuoco, nessuno fa più i Fagioli al Pomodoro in casa, secondo me ne vale la pena invece, e poi lo sbatte sul pane tostato e imburrato a cucchiaiate. Provatelo è un piatto consolatorio quando si è tristi e, inoltre, il connubio carboidrati- proteine vegetali è sanissimo. Questa è la ma versione. 




per i fagioli: 300 g di fagioli cannellini - 250 ml di salsa di pomodoro - 1 cipolla - 1 spicchio d'aglio - olio sale  pepe

per i toast: 4 fette di pane in cassetta spesso o, se volete esagerare, pane casereccio - burro a piacere - formaggio Cheddar (o altro formaggio a piacere) grattugiato (facoltativo)

per i fagioli: mettere ammollo di fagioli per tutta la notte, scolarli dall'acqua di ammollo e metterli in una casseruola con acqua sufficiente a coprirli. Portare l'acqua ad ebollizione e far lessare i fagioli al dente. Verso la fine della cottura salare con sale grosso. Scolarli. Soffriggere la cipolla tritata con un cucchiaio di olio in una pentola di coccio, unire l'aglio tagliato a fettine, far dorare bene unire i fagioli e al salsa di pomodoro. Cuocere per circa 15 di minuti o finché il sugo si sia ristretto ma sia ancora liquido, ma legato. Aggiustare di sale e pepe.

per i toast: tostare il pane nel tostapane o, meglio, ancora sulla tostiera da fornello. Imburrare generosamente le fette tostate, coprire con i fagioli tiepidi e spolverare con il cheddar. Degustare.
per quattro persone


P.S. Per favore prima di provare la versione rapida, cioè la scatola della Heinz, cuocete voi i fagioli. Sentirete la differenza. 




martedì 7 febbraio 2012

TEQUILA SUNRISE

"It's another tequila sunrise,
stirrin' slowly across the sky,
I said goodbye,
he was just a hired hand,
workin on the dreams he planned to try,
the days go by....."
Tequila Sunrise - The Eagles 

Cosa c'è di più ovvio del cocktail ispirato a questa tristissima canzone degli Eagles? Quante volte l'ho cantata e quante volte ho fantasticato di essere davanti ad un Tequila Sunrise, un'alba che sfuma dall'arancione scuro al giallo, di quando il cielo comincia ad illuminarsi, su una strada che taglia in due il deserto. Devo dire che il colore della bibita, arancione scuro sfumato verso il giallo, rende veramente l'idea di un'alba nel deserto. Si tratta di un long drink, dissetante e leggermente alcolico, rinfrescante in una giornata caldissima d'estate o, in questi giorni di gelo, per ricordarsi dell'estate dietro ai vetri appannati nel calduccio di casa. 


300 ml di succo d'arancia - 60 ml di tequila - 20 ml di sciroppo di Granatina - una fetta d'arancia per decorare

In un grande bicchiere alto e stretto mettere per prima la tequila, poi il succo d'arancia, per ultimo versare lo sciroppo di granatina che andrà lentamente a depositarsi sul fondo conferendo al drink il suo caratteristico colore. Per chi volesse: aggiungere qualche cubetto di ghiaccio e decorare con una fetta d'arancia.
per un bicchiere



lunedì 6 febbraio 2012

LET THE MUSIC PLAY, I KNOW IT'S ONLY ROCK AND ROLL

Questa settimana voglio provare ad unire due delle mie grandi passioni: la musica e la cucina. Le altre sono i viaggi e il cinema, però la mia vita è piena di colonne sonore. Ogni istante ha la sua musica.
Ho cominciato ad ascoltare musica ancora prima di infornare la prima tortina nel Dolce Forno (vedere racconto memoria nel blog intitolato "Dolce Forno Cuisine"). Il primo disco in assoluto di cui ho ricordo è qualcosa che mia madre ascoltava in continuazione quando ero bambina "Una Lacrima sul Viso" di Bobby Solo. Devo anche dire che mia mamma è stata un'antesignana del "fai ascoltare buona musica al feto, vedrai che vien fuori qualcosa di buono", e allora passava giornate intere ad ascoltare Brahmas, Beethoven, Schubert e Chopin nella speranza che la creatura nascesse rossa, di capelli, ovvio, cogli occhi verdi e molto intonata. Sono mora, occhi verde scuro, e qui le è andata bene, e non sono propriamente intonata. La seconda memoria musicale è "Quarantaquattro gatti", in fila per sei col resto di due si unirono compatti in fila per sei col resto di due, che mi ha permesso di imparare un pezzo della tabellina del sei senza alcuna fatica. Il primo quarantacique giri, spiego per quelli che sono nati dopo il 1990 e dintorni, e per quelli che fanno finta di non saperlo, cosa è un 45 giri: si tratta di un sottile strato di vinile nero compresso, con un grande buco in mezzo e che gira, appunto, a quartacinque giri al minuto. Questo strano oggetto messo sul piatto di uno stereo, e fatto suonare tramite un puntina che passa sui suoi solchi, diffonde tre minuti di una canzone, e un tempo lanciava un cantante, che magari si presentava solo con quello pezzo; si cercava di capire se funzionava. Nel caso positivo allora veniva sfornato un bel trentatre giri, che era sempre un oggetto di vinile, ma più grande e con un buco in mezzo molto più piccolo, girava a trentré giri al minuti, ovviamente, e aveva parecchie canzoni al suo interno. Un cantante che arrivava ad un 33 giri era senz'altro un cantate di successo. Ci sono, però, cantanti che hanno all'attivo anche solo un quarantacique giri che ha venduto milioni di copie e che vivono di rendita ancora oggi. Uno di loro è Patrick Hernandez. Patrick chiiii? Hernandez, "Born do Be Alive" fa suonare un campanello nelle orecchie? Dicevo primo quarantacinque giri acquistato "Vengo anch'io, no tu no" di Enzo Jannacci. Lo ascoltavo senza sosta, tanto che mia madre non lo reggeva più e ha deciso di non comprarmi il 33 giri. Perché un tempo compravi il 45, che costava meno e se poi, sia il lato A che il lato B (oggi questo significa tutt'altro, ma un tempo era solo l'altra faccia di un 45 o di un 33 e non il sedere delle donne) ti piacevano, facevi l'investimento sul pezzo grosso. Primo 33 giri comprato: The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd. Mica pizza e fichi, è forse il disco più venduto della storia del rock o almeno quello che è rimasto i classifica più a lungo. Il disco col triangolo, perché le copertine erano importanti, è ancora lì dopo tanti anni, che occhieggia dai miei vinili e ogni tanto lo metto sul piatto, fruscia, scrocchia ma suona ancora bellissimo. Ho sempre amato la musica, ballavo davanti al monoscopio quando ero piccolissima, perché, d'accordo, non trasmettevano niente, ma la musica sì. Ho posseduto il mangiadischi, un terribile oggetto il cui nome è una profezia, ingoiava i dischi e poi li risputava completamente rovinati. Una vera iattura. Ho posseduto un mangianastri portatile sul quale un 'estate ascoltavamo Good Bye Yellow Brick Road di Eltono John, il disco dove c'era Crocodile Rock e Daniel. Lo abbiamo ascoltato tanto che il nastro si è incastrato e la cassetta è morta per la stanchezza. Uno dei momenti più belli della mia adolescenza è stato quando dagli Stati Uniti mi hanno portato uno dei primissimi Walkman, pesante, grosso, fantastico, passavo le giornate con le cuffie a palla. L'unico problema era il trasporto cassette, altro che amatissimo iPod che tiene tanti brani quanto il mondo, quella era roba artigianale, la cassetta che ti portavi dietro doveva piacerti tanto, tanto, perché altrimenti ne avevi una sola per sostituirla. Tra l'altro i genitori e i lori amici profetizzavano sordità acute in età più avanzata per via delle cuffiette sempre alle orecchie, sono testimone: non sono sorda e mi sparo nelle orecchie il mio iPod ancora oggi senza problemi. Oddio, magari più avanti negli anni succederà qualcosa. Vi saprò dire.
Ho anche comprato i primi CD che parevano una cosa indistruttibile dopo i delicati vinili, ho comprato musica Jazz, Punk, Rock, Rockabilly, Classica, Heavy Metal, non ho mai comprato un disco dei Pooh che proprio non mi vanno già in nessuna salsa. Effettivamente ho comprato anche musica Salsa, Merengue, Forrò, Axè, roba da far drizzare i capelli ai puristi del rock e ai jazzisti più sofisticati. Ho visto talmente tanti concerti che potrei fare il critico musicale, l'ultimo i Black Keys lunedì scorso. Fortissimi. Sono bulimica di musica. Non ho memoria dei 78 giri checché ne pensi tu, mio amato lettore.
Ingoio musica come fosse un piatto di pasta, una mousse al cioccolato, una tartara di manzo. Amo il cibo e allora ho cercato le canzoni che avessero nel titolo o nel testo un cibo, un alimento, un profumo. E' venuto fuori di tutto, da Let's Call the Whole Thing Off, pezzo di jazz classico scritto dai fratelli Gershwin, e cantato da chiunque abbia cantato jazz più o meno bene, tra gli altri Louis Armstrong e Ella Fitzgerald, che elenca un sacco di ingredienti: Tomato, Potato, Vanilla, Salsaparilla: passando per Un gelato al Limon cantato da Paolo Conte; cercando una cena all'"Alice's Restaurant" di Arlo Guthrie, un ristorante dove puoi prendere di tutto, ma non puoi avere Alice (You can get anything you want at Alice's restaurant) e, se è per questo, nemmeno una cena. Una canzone di protesta contro il Vietnam, prende il titolo da un momento culinario, originale. Poi ci sono gli Eggs and Sausages di Tom Waits, gli Hotcakes di Carly Simon e le Hot Potatoes dei Kinks. Per non parlare  della Mayonnaise degli Smashing Pumpkins, del Pop Corn degli Hot Butter, del Breakfast in America dei Supertramp. Come dimenticare il Dixie Chicken dei Little Feat e un Country Pie di Bob Dylan. Per non parlare dei Salted Peanuts usciti dalla tromba di Dizzie Gillespie o del Sweet Tater Pie di Mongo Stantamaria, percussionista jazz di sopraffina abilità. C'è da perdere la testa a pensare a tutte le volte che un rocker, tutto sesso, droga e rock and roll, ha citato un cibo; le canzoni sono così tante che si potrebbe scrivere un bolg solo per quello. Anche, last but not least, alcuni pezzi dei Beatles parlano di cibo tra cui Honey Pie o Strawberry Fields, senza dimenticare Lucy in the Sky With Dimonds, dove c'erano i Marmalade Skyes e Tangerine Dreams. Ecco questa settimana cercherò di stupirvi con ricette ispirate a celebri canzoni; e non mancherà una ricetta molto rock and roll, d'altronde sono una rockettara dal cuore di panna.

P.S. Iniziamo la settimana con gli ZZ Top, mangiare davanti alla TV non è bellissimo ma il pezzo è fantastico. Aspetto commenti.

domenica 5 febbraio 2012

PROSSIMAMENTE

Si è chiusa questa settimana dedicata a Las Vegas, vi darò di nuovo gli indirizzi dei ristoranti citati durante tutta la cavalcata a Sin City. divisi per giorni, così se volete potete andare a ve La prossima settimana un esperimento, saremo molto musicali.

Martedì:
Aureole, cucina americana moderna, Mandalay Bay

Mercoledì:
Joel Robuchon e, con il suo fratello minore francesi per eccellenza e tradizione, l'Atelier de Joel Robuchon, all'MGM Grand.

Bouchon, di Thomas Keller, il guru della cucina franco-californiana, al Venetian

Todd's Unique Dining, cucina americana moderna, per i ristoranti degli chef locali, 4350 East Sunset Road a Henderson.

Lotus of Siam, thailandese, 953 East Sahara Avenue

Giovedì
Lucille's, Smokehouse- cuncina del Sud, 2245 Village Walk Drive, Henderson

Burger Bar, hamburger di alta qualità per tutti i gusti, Mandalay Bay

Venerdì:
Origin, indiano,4480 Paradise Road

sabato 4 febbraio 2012

BANANA CREAM PIE

Non esiste niente di più americano dei Pies, e niente è più americano del Banana Cream Pie. Per alcuni potrebbe essere un dolce troppo dolce, ma a me piace molto. Si può omettere lo strato di panna, mettere semplicemente le banane sopra la crema pasticcera dopo averle passate nel succo di limone e decorare col cioccolato. Yummy uguale. Ma quello qui sotto è proprio il Banana Cream Pie classico ed originale. Nella ricetta ci sono anche alcuni trucchi per lavorare la pasta, stenderla, cuocerla e far raffreddare velocemente la crema. Questa ricetta è più facile farla che leggerla e scriverla, ve lo assicuro... non abbiate paura ad eseguirla.

per la pasta: 300 g di farina - 150 g di burro tagliato a dadini - 1 cucchiaio di zucchero - 1 cucchiaino di sale - 1 cucchiaino di bicarbonato di sodio - 3 cucchiai di acqua freddissima

Sul piano di lavoro lavorare la farina, il sale, lo zucchero e il bicarbonato con il burro a dadini. Lavorare velocemente con la punta delle dita, o meglio con un coltello, senza scaldare troppo gli ingredienti , fino ad ottentere una consistenza ganulosa. A questo punto unire l'acqua e lavorare velocemente per dare consistenza alla pasta. Normalmente le paste per crostata e affini richiedono un perido di riposo in frigo, questa pasta al contrario può essere stesa subito con il mattarello su una superficie infarinata, a ogni giro per dare la forma rotonda spolverare di farina. Stenderla un po' più grande, in modo che sbordi un po' quando messa dentro la teglia che dovrà avere un diametro di 24 cm circa. Tagliare l'eccesso di pasta appoggiando in mattarello sul bordo della teglia e facendolo scorrere, ma non tagliando completamente la pasta che sborda. Bucherellare la base di pasta con una forchetta, rivestire di carta forno e mettere dei pesini o dei fagioli. Mettere in frigo per una ventina di minuti. Cuocere in forno a 190 gradi per una 12/15 minuti, togliere i fagioli o i pesini e continuare la cottura ancora per circa 15 minuti o finché la pasta non è bella dorata e cotta. Far raffreddare completamente e a questo punto, con delicatezza, facendo attenzione a non rompere il guscio, eliminare la pasta lasciata sbordare e tagliata prima di infornare

per la crema e il ripieno: di vaniglia - 30 g di burro - 2 banane grandi tagliate a rondelle - 250 ml di panna da montare - 1 cucchiaio di zucchero - 75 g di cioccolato fondente a scaglie

Tagliare a metà la stecca di vaniglia, estrarre tutti i semini. In una casseruola portare ad ebollizone il latte con la stecca di vaniglia tagliata a metà e i semini. In una ciotola montare i tuorli con lo zucchero, il sale, quando il composto è spumoso unire la maizena. Togliere la stecca di vaniglia e versare il latte bollente a filo mescolando con una frusta, riportare sul fuoco e far cuocere finché la crema non diventa consistente. Fuori dal fuoco unire il burro. Passare in una ciotola, mettere la pellicola trasparente a contatto con la crema, bucherellarla per far uscire il vapore e metterla su un'altra ciotola con acqua gelata e ghiaccio. Far raffreddare. Nel frattempo montare la panna con lo zucchero. Disporre le fettine di banana sul fondo della crostata, coprire con la crema pasticcera, ultimare con uno strato di panna. Mettere in frigo fino al momento di servire. Coprire con il cioccolato fondente e degustare.
per otto persone

venerdì 3 febbraio 2012

HAMBURGER VEGETARIANO

Nel Sud, e in Nevada che  non è esattamente  Sud, ma è la cosa che ci si avvicina di più, e negli Stati Uniti in generale la cucina della tradizione non è esattamente vegetariana e non è facile trovare ristoranti di cucina vegetariana, se si escludono le grandi città. Certo esiste la California, dove la percentuale di vegetariani è altissima e dove la cucina fatta di legumi e verdure viene declinata in ogni suo aspetto; e sempre più sovente la dieta americana lascia di lato le proteine animali, sue per tradizione, e degusta quelle vegetali. In tutta Las Vegas c'è un solo ristorante che può essere considerato vegetariano, Origin: indiano e fuori dallo Strip, per altro favoloso. Altrimenti i vegetariani devono accontentarsi di qualche piatto nei menu dei ristoranti più importanti, e nemmeno sempre possono essere accontentati. Per non parlare dei vegani. In omaggio a quelli di voi che hanno rinunciato alla carne, regalo questa ricetta che ho imparato al corso di cucina vegetariana e che mi piace tantissimo. Servitela con patatine fritte o al forno, se avete voglia di trasgressione, oppure con una bella insalata verde condita con una Vinaigrette al aromatizzata al prezzemolo se siete più salutisti. 

250 g di lenticchie (Colfiorito, Castelluccio) - 400 g di champignos - 2 cucchiai di burro (o olio) - 1 piccola cipolla tritata - 1 carota grattugiata - 180 g di pan grattato - 125 g di avena in fiocchi - 2 cucchiai di salsa di soia - 2 cucchiai di prezzemolo - 1 uovo piccolo - sale pepe

Cuocere le lenticchie al dente, ci vorranno circa 30 minuti. Tritare gli champignon. Mettere il burro il una padella, far dorare la cipolla, unire i funghi e farli cuocere finché tutto il liquido non sia evaporato. Far raffreddare. Mescolare in una ciotola le lenticchie, gli champignon, l'avena, la carota, il prezzemolo, aggiungere l'uovo sbattuto con la salsa di soia, salare e pepare ed, infine, unire il pan grattato a cucchiaiate per dare consistenza, a volte non è necessario usare tutto il pan grattato. Tenere in frigo per un'ora prima di iniziare a modellare gli hamburger. Far cuocere sulla griglia o in una padella senza condimento. Servire da soli o, come hamburger classici, con pane al sesamo e una foglia di insalata. Quasi indispensabili le salsine d'accompagnamento, consiglio il ketchup come condimento di elezione, ma va bene anche una salsa tartara o la maionese.
per quattro hamburger

P.S. Si può aggiungere formaggio e farlo fondere sull'hamburger mentre è in cottura. 

giovedì 2 febbraio 2012

SOUTHERN BISCUITS SULLO STRIP

Ci sono un sacco di cose da fare a Las Vegas; i casinò sperano che la gente giochi tutto il giorno, ma propongono anche tanti divertimenti, che se uno riesce a giocare è quasi un miracolo; ci sono le piscine, grandi come mari, affollate di un'umanità variopinta che pare uno spettacolo di varietà; ci sono i teatri, pieni di comici, cantanti in disarmo e sulla cresta dell'onda che fanno mesi e mesi di show, c'è il Cirque du Soleil, che offre un numero di spettacoli impressionante in contemporanea. Vicino a Sin City ci sono uno paio di Canyon dai colori mozzafiato, c'è la Death Valley; con qualche dollaro in più c'è il giro in elicottero sul Grand Canyon. Per non parlare dei campi da Golf, degli Shopping Mall e dello spettacolo della gente per strada. Appunto, come dicevo uno deve aver proprio il vizio del gioco per giocare. Ci sono i ristoranti dello Strip, rutilanti di luci, di cibo succulento, per tutte le tasche e i gusti. Si mangia parecchio a Las Vegas, ci sono i posti tipicamente americani come il Burger Bar e i ristoranti citati ieri, di grande classe; un po' spostati fuori ci sono quelli che servono i locali, nei loro quartieri pieni di piante in mezzo al deserto, uno di questi si chiama Lucille's, cucina del Sud, una Smokehouse, insomma il Barbecue del Sud; si trova ad Henderson e si bevono Juleps e The Freddi aromatizzati serviti nei bicchieri delle conserve; nel menu ci sono una quantità esagerata di birre, patatine di tutti i tipi, verdure condite, hambuger sopraffini, pezzi carne arrostiti da manuale  e le famose Back Ribs, costolette cotte a lungo nel forno a legna. Non è esattamente un posto per vegetariani, anche se qualche piatto ospita solo verdure. Nell''attesa della cena servono fantastici Biscuits con burro di mela, una favola, io li adoro.Come vorrei trovarmi lì questa sera. 

500 g di farina - mezzo cucchiaino di sale - 1 cucchiaino di lievito per torte salate - mezzo cucchiaino di bicarbonato - 1 cucchiaio bello pieno di burro (la ricetta originale vuole la margarina o grasso vegetale) - 60 ml di buttermilk (detto latticello in italiano, potete sostituirlo con metà latte metà yogurt)

Setacciare tutti gli ingredienti secchi in una grande ciotola, aggiungere il burro e lavorare con la punta della dita finché la farina non assume consistenza granulosa. Unire il buttermilk, lavorare, la pasta deve rimanere piuttosto consistente. Non lavorare troppo a lungo. Stendere la pasta su una superficie infarinata all'altezza un centimetro, circa. Ritagliare delle forme rotonde, metterle sulla placca rivestita di carta forno. Cuocere per 12/15 minuti in forno a 220. Servire caldi con il burro.

mercoledì 1 febbraio 2012

INSALATA THAI VERSIONE LAS VEGAS

A Las Vegas hanno la succursale molti dei migliori ristoranti degli Stati Uniti. Quando ci vivevo io mi sono divertita a provare la sensazione di trovarmi a New York mentre cenavo da Aureole, ma il panorama era tutt'altro che newyorkese; oppure ho provato il brivido di gustare prelibatezze a caro prezzo alla tavola di uno dei grandi chef del mondo, nel ristorante che porta il suo nome: Joel Robuchon; e bissare ad una cifra più contenuta con il suo fratello minore, proprio accanto, l'Atelier de Joel Robuchon; persino Thomas Keller, il guru della cucina franco-californiana, posside un bistrot sullo Strip, fratello minore del celebre French Laundry. Poi ci sono i ristoranti degli chef locali, posti che non sono centrali, anzi decisamente fuori mano, e che per raggiungerli bisogna avere la macchina, ma che offrono una cucina strepitosa, come, uno su tutti, Todd's Unique Dining a Henderson o, quello che era il mio preferito: Rosmary's, sulla Sahara, che purtroppo ha appena chiuso; speriamo che i proprietari ci ripensino. 
Tutto fantastico, ma una delle esperienze gastronomiche più fulminanti della mia vita è stata una cena in un ristorante piccolo, defilato, ubicato in un parcheggio, senza vista particolare, senza pretese. Un ristorante thailandese, io sono una grande amante del genere, dove si mangia quasi meglio che a Bangkok. Se si passa sopra l'iniziale dubbio sull'ubicazione tristissima, si entra in un posto che punta su ingredienti freschissimi, mano leggera e che, per fortuna, chiede il grado di piccantezza nei piatti, altrimenti la cucina thai può risultare devastante; si può chiedere leggero, medio, alto, altissimo, sintomo di piatti preparati solo per quel particolare avventore. La loro cucina è decisamente tradizionale con qualche punta moderna. Se passate da quelle parti non perdetevelo, soprattutto se amate le cucine esotiche, si chiama Lotus of Siam ed è sulla Sahara Avenue. Celestiale. Questa ricetta è ispirata a una delle loro favolose insalate. 

150 g di fagiolini o di fagiolini lunghi tagliati in pezzetti da 3 cm e scottati 2 minuti in acqua bollente - 2 cetrioli - 6 pomodorini ciliegia - 1 cucchiaio di gamberetti secchi - 2 peperonicini secchi fatti rinvenire in acqua tiepida per un paio di minuti- 2 cucchiai di arachidi tostate, ma non salate, tritate - 2 cucchiai di succo di lime - 2 cucchiai di salsa di pesce - 3 spicchi d'aglio - 1 cucchiaio di zucchero - un quarto di lime tagliato a dadini

Mettere i peperoncini, l'aglio, il lime a dadini e lo zucchero in un mortaio e lavorare finché non si formi una pasta, circa 5 minuti. Unire i gamberetti e pestarli finché non sono polverizzati. Questo è il modo tradizionale, ma per fare prima potete usare un piccolo mixer tritatutto. Mettere i fagiolini e i pomodori,  in una busta per congelazione ben chiusa, con il mattarello passare sopra le verdure per schiacciarle leggermente. Unirle in un'insalatierea ai cetrioli, alla salsa di pesce, al succo di lime e alla pasta di peperoncino. Mescolare molto bene e Far riposare 10 minuti, unire le arachidi e servire.
per quattro persone

P.S. Per questa ricetta i fagiolini devono rimanere praticamente crudi. Potete usare al posto dei cetrioli normali i Tortarelli, cetrioli abruzzesi particolarmente digeribili. La quantità di aglio è quella tradizionale, potete ridurre. Se non trovate i gamberetti secchi sostituite con un paio di acciughe sotto sale, lavate e pulite. La ricetta è piccante. La salsa di pesce si trova nei negozi di specialità esotiche.