martedì 31 luglio 2012

UN'ESTATE DA DIVORARE - CON PLAYLIST

Era estate, una di quelle lunghe estati di quando eravamo bambini e ragazzi, quelle che inspiegabilmente non finivano mai. Noi avevamo deciso che sarebbe stata un'estate memorabile, torrida, fantastica e che sarebbe rimasta scolpita nella nostra mente come la migliore in assoluto. Tutto era cominciato per caso, quando avevamo scoperto che la mia amica poteva guidare la macchina dei genitori. Loro erano partiti per una lunga vacanza col fratello più piccolo, non ci era stata comunicata la data del ritorno, ma l'assenza sarebbe durata per lo meno un mese. La macchina e, soprattutto, la casa erano a nostra completa disposizione. Credevamo dei aver vinto alla lotteria. Una casa vuota pronta per fare feste, una bella macchina al posto dei nostri macinini di seconda mano, puro paradiso. Eravamo giovani, non abbastanza giovani da essere ingenue e non ancora abbastanza mature per essere sagge, lo stato anagrafico e mentale ideale per trascorrere l'estate in allegria. Passavamo le nostre serate sfrecciando lungo la costa a bordo della macchina color argento, che solo per un caso sfortunato non era decappottabile, però noi la rendevamo tale. Un sistema semplicissimo ci permetteva di viaggiare con una macchina da dive: il tettuccio apribile era completamente scoperchiato e tutti i finestrini aperti, così noi avevamo la sensazione di avere i capelli al vento. Era nata la decappottabile dei poveri. Correvamo rombando e sgasando lungo le strade tortuose della Riviera di Ponente e della Costa Azzurra, il vento nei capelli, la mano adagiata mollemente lungo la portiera e una sigaretta che fumava tra le dita, la musica a tutto volume, senza una meta precisa. L'equipaggio era variabile da due a quattro ragazze, ce n'era per tutti i gusti, more, rosse, bionde, a volte qualcuna di noi aveva nei capelli méches rosa o lilla. Ci sentivamo belle e interessanti, diciamola tutta: ci sentivamo strafighe. In realtà eravamo solo abbastanza carine, ma la decappottabile dei poveri ci faceva salire l'autostima di diverse tacche, quindi ci sentivamo divine. Fondamentale la scelta musicale, una caratteristica di quell'auto in quell'estate.
Le nostre scelte musicali erano decisamente particolari, altalenanti e variate. Nella nostra macchina sparavamo a tutto volume senza distinzione tormentoni come Sunshine Reggae o You're The First, The Last, My Everything o roba notturna e raffinata come Tutu di Miles Davis o Rapture di Anita Baker, seguivano molto Antonio Carlos Jobim, i Simply Red, i Matt Bianco, e occasionalmente, solo perché ero una fan, qualcosa di Bruce Springsteen. Sicuramente non c'erano i tormentoni di quell'estate, diciamo che i nostri gusti musicali erano un tantino sofisticati per essere musica estiva da macchina. Chi ci vedeva passare a bordo dell'auto metallizzata agghindate come solo in quegli anni ci si poteva agghindare, grandi orrecchini, tanti capelli ritti sulla testa e gonfi, mille braccialetti, anelli e pantaloni a vita alta, altissima, praticamente ascellari, e sentiva la nostra musica, ecco, immagino che chiunque ci vedesse così avesse una sesanzione di scollamento. La parola è scollamento, non scoramento, mi raccomando. Anche se pensandoci bene, col senno del poi, qualcuno avrebbe potuto anche sentire scoramento. Bisogna ammettere però che avevamo creato il nostro tormentone personale. Il disco era saltato fuori per caso, spulciato probabilmente dal fratello della mia amica, in un negozio di dischi di Palma di Maiorca dove erano stati in vacanza coi genitori l'anno prima. Non so perché la scelta fosse caduta proprio su quella cassetta, se fossero la copertina o i titoli delle canzoni, fatto sta che era arrivata nei nostri paraggi e per un anno se ne era stata tranquilla.  Poi era atterrata sul nostro stereo. Ecco arrivare nelle nostre orecchie "Ven Devorame Otra Vez" di Lalo Rodriguez, "Vieni divorami un'altra volta" la traduzione del titolo, in Italia sconosciutissimo pezzo in lingua spagnola, ma un grande classico per Spagna e America Latina. In quegli anni la musica latina era lontanissima dalle orecchie di chiunque, salvo una ristretta cerchia di appassionati e quella era una salsa tiratissima che parlava di lenzuola bianche, desiderio, corpi divorati, roba da restarci secchi solo a sentire il testo. Ideale colonna sonora di quell'estate che avevamo deciso sarebbe stata torrida e memorabile. Un pezzo che mette voglia di ballare e fare cose sensuali solo a sentire le prime note. E noi allora via, salivamo in macchina, coi nostri capelli grandi, le nostre cinturone alte e borchiate, i nostri bracciali e orecchini giganti, innestavamo la prima, e mettevamo Lalo a tutto volume, una, due, tre, dieci volte per sera. Sigaretta tra le dita, capelli al vento, praticamente incollate coi sederi all'auto senza quasi mai scendere, e ci sentivamo libere, ma soprattuto divine. Tanto divine da non riuscire a battere chiodo, altro che farci "divorare un'altra volta". A noi sarebbe bastata la prima, se fosse arrivata. Quell'estate non è arrivata.

Qui sotto una Compilation (fino a qualche tempo fa le Playlist si chiamavano così) di quello che poteva essere una cassetta di quell'estate nella nostra macchina. Tanto per avere un'idea di quanto fossimo divine.

1) Sneakin' Out The Back Door With a Grin - Matt Bianco
2) Azzurro - Paolo Conte
3) Tutu - Miles Davis
4) Hungry Heart - Bruce Springsteen
5) Agua De Beber - Antonio Carlos Jobim
6) The Right Thing - Simply Red
7) Panama - Ivano Fossati
8) Ven Devorame Otra Vez - Lalo Rodriguez
9) E la chiamano Estate - Bruno Martino
10) Do You Think I'm Sexy - Rod Steward
11) Une Belle Histoire - Michel Fugain
13) Luglio - Riccardo del Turco
14) You're The First, The Last, My Everything - Barry White
15) Shiny Happy People - REM
16) Bad Girls - Donna Summer
17) Summertime - Michel Petrucciani
18) Funky Nassau - The Beginning of The End



domenica 29 luglio 2012

PROSSIMAMENTE





Tutte le cose belle finiscono, quindi sono finite anche le mie vacanze. Sarò operativa con nuove avventure e ricette a partire dalla settimana prossima. 

mercoledì 18 luglio 2012

IN THE SUMMERTIME

Oggi un po' di musica... come ho detto ieri torno subito, ma non vi lascio soli. Divertitevi.

martedì 17 luglio 2012

L'ISTANTE PERFETTO

Sono temporaneamente fuori sede, indovinate cosa faccio? Ma raccolgo documentazione per voi, materiale succoso per le grigie sere invernali quando avremo bisogno del calore del sole nelle ricette. Torno Subito. 

lunedì 16 luglio 2012

CREME CARAMEL AL CIOCCOLATO

Dichiaro il furto, sono una ladra, ma la mia ammirazione per il pasticcere è talmente grande che non mi pare nemmeno di rubare. Questa è una ricetta di Maurizio Santin, sublime pasticcere che crea dolci celestiali. Anni fa ho conosciuto Maurizio Santin, per un certo periodo della nostra vita abbiamo diviso la stessa spiaggia e gli stessi amici, e mi ricordo perfettamente di lui che mi raccontava della scuola di pasticceria di Lenotre con l'entusiasmo di un appassionato. Io all'epoca ascoltavo questi discorsi non proprio attentamente, il cibo, la cucina e gli annessi e connessi sarebbero diventati la mia passione qualche anno dopo. Ecco, però adesso vorrei aver ascoltato e carpito segreti. La ricetta ha un paio di varianti che mi riprometto di fornire prossimamente. 

500 ml di latte intero - 3 uova - 190 g di cioccolato fondente al 70% - 100 g di zucchero - 1 stecca di vaniglia
per il caramello: 3 cucchiai di zucchero - acqua qb

Accendere il forno a 120 gradi. Preparare il caramello facendo sciogliere su fuoco basso lo zucchero con un po' d'acqua. Non bisogna girarlo, al massimo far ruotare la pentola. Versarlo negli stampini monoporzione una volta pronto.  Fondere il cioccolato in un bagnomaria a fuoco basso. Scaldare il latte con mezza stecca di vaniglia alla quale si saranno estratti i semi. Sbattere le uova con i semi di vaniglia e lo zucchero, non è necessario montarle. Versare nel composto il latte caldo e il cioccolato fuso. Versare negli stampino col caramello e cuocere in forno a 120 gradi per 45 minuti circa. Far riposare una notte in frigo.

domenica 15 luglio 2012

TORTA AL CIOCCOLATO E ALL'AMARETTO

Sono un'adoratrice del cioccolato, per me è una droga e mi piacciono tantissimo gli amaretti. Se seguite il blog da un po' di tempo sapete che affermo di non essere una grande amante dei dolci, in realtà mi piacciono molto, solo che tra un antipasto e un dolce di solito preferisco il primo. Tutto qui. Ma tra la una focaccia imbottita di prosciutto crudo, chi segue il blog lo sa, uno dei miei sfizi preferiti in assoluto e questa torta, sono seriamente in imbarazzo. Facciamo che oggi scelgo la torta e me la mangio con la panna montata che è la morte sua. 

100 g di cioccolato fondente al 70% - 2 cucchiai di liquore di Amaretto (facciamo pubblicità: l'unico, vero, incomparabile Amaretto di Saronno) - 100 g di burro - 100 g di zucchero di canna scuro fine (più un cucchiaio) - 3 uova, albumi e tuorli separati - 50 g di amaretti - 50 g di farina

Mettere la cioccolata tritata e il liquore in una ciotola che vada sul fuoco, far sciogliere su un bagnomaria caldo ma non bollente. Togliere dal fuoco e mescolare, far raffreddare. Con lo sbattitore elettrico lavorare lo zucchero e il burro a crema, unire i tuorli, uno alla volta, e infine versare la cioccolata. Quando tutto è ben mescolato aggiungere la farina e gli amaretti tritati. Montare gli albumi a neve, aggiungere il cucchiaio di zucchero tenuto da parte e continuare a sbattere come per una meringa, finché il composto non diventa lucido e duro. Unirla in tre mandate alla pasta. Mettere in una teglia di circa 20/22 cm di diametro e passare in forno a 180 gradi per una mezz'ora, 35 minuti. Far riposare dieci minuti prima di sformare e far raffreddare sulla gratella. Sevire cosparso di zucchero a velo e panna montata.
per sei persone

sabato 14 luglio 2012

ROTOLO AL CACAO RIPIENO DI CREMA ALL'ALBICOCCA

Ho creato questa ricetta appositamente per il mio libro "Il Natale è servito", si tratta del tronchetto dolce di Natale tipico in tutta la Francia. Potete eseguirla così come la leggete, ovviamente omettendo le decorazioni di Natale al di fuori del periodo. Per rendere il dolce più quotidiano omettete la copertura e servitelo direttamente così, semplicemente spolverato di zucchero a velo. Potete sostituire la purè di albicocche con purè di lamponi o frutti di bosco. 


Per la génoise: 4 uova – 150 g di zucchero – 100 g di farina 00 – 25 g di cacao in polvere

Per il ripieno: 500 g di purè di albicocche – 2 cucchiai di gelatina in polvere – 4 cucchiai di acqua – 100 g di zucchero - 250 ml di panna montata

Per la ganache (crema) al cioccolato: 300 g di cioccolato fondente – 300 ml di panna

Per la génoise Montare le uova e lo zucchero in una terrina di metallo messa su un bagnomaria caldo, quando sono spumose e consistenti continuare a montare fuori dal fuoco finché il composto non si raffredda. Questa operazione di raffreddamento si può fare con un mixer. Aggiungere la farina, setacciata insieme al cacao, mescolando bene dal basso verso l’alto. Stendere la pasta alta circa un centimetro in una teglia 35 X 40 foderata con carta forno. Cuocere a 190/200 gradi per 4 o 5 minuti. Far raffreddare. Mettere la génoise su un foglio di carta forno cosparso di zucchero semolato in attesa di essere arrotolata

Per il ripieno Mettere a bagno nell’acqua fredda la gelatina per circa cinque minuti, quando è sciropposa metterla su un bagnomaria a scaldare. Aggiungerla al purè di albicocche zuccherato. Aggiungere un paio di cucchiai di panna montata al purè, poi tutto il resto facendo attenzione a non smontare la panna. Spalmare la mousse sulla génoise e arrotolare aiutandosi con la carta forno. Mettere a raffreddare in frigo per un’ora.

Per la ganache (crema) al cioccolato
Grattugiare o tritare il cioccolato, metterlo in una terrina. Portare scaldare la panna, quando freme per bollire toglierla dal fuoco e versarla a filo sul cioccolato. Mescolare bene e sbattere con una frusta per far intiepidire il composto. Lasciar raffreddare.


Decorazione: Tagliare gli estremi del tronchetto e metterli ai lati, per imitare un vero tronco tagliato. Coprire tutto con la crema al cioccolato. Far raffreddare in frigo per almeno un’ora. Con una forchetta praticare delle righe per creare l’illusione della corteccia. Decorare con funghetti di meringa, foglie e bacche di marzapane, cocco disidratato per imitare la neve e via libera alla fantasia.
per quattro persone 





venerdì 13 luglio 2012

MOUSSE AL CIOCCOLATO

Eccola la mousse al cioccolato, quella classica senza aggiunte di nulla, ovviamente la mia preferita. La ricetta la devo ad un'amica di mia mamma che la faceva sempre quando andavamo a cena. Nel blog ci sono un paio di varianti e ricette diverse, ma questa è quella che eseguo sempre e che ha sempre grande successo, tranne che con gli amanti delle mousse dolci dolci dolci, non ha zucchero e un'alta percentuale di cioccolato. 

90 g di cioccolato fondente al 70% - 2 cucchiai di acqua - 10 g di burro - 3 uova grandi tuorli e albumi separati

Mettere il cioccolato finemente tritato insieme ai due cucchiai di acqua in una ciotola di metallo sopra ad un bagno maria caldo, ma non bollente, il fondo della ciotola non deve toccare l'acqua, è molto importante far sciogliere il cioccolato con "gentilezza" senza farlo scaldare troppo. Non appena è sciolto togliere dal fuoco, unire il burro, mescolare, aspettare un minuto, quindi aggiungere i tuorli d'uovo uno ad uno.  Montare a neve gli albumi, aggiungere un pizzico di sale per aiutarsi. Unire un quarto degli albuni alla crema di cioccolato e mescolare bene per "rompere" ed alleggerire la crema. Quindi aggiungere il resto degli albumi in tre fasi. Versare la mousse ottenuta in coppette di servizio, tenere in frigo almeno 2 ore prima di servire.
per quattro persone

VARIANTI: 
1) al posto dell'acqua un po' di rum o cognac, delizioso. Fantastico il profumo che lasciano due cucchiai di caffé
2) scorzetta d'arancia, la mia variante preferita
3) due cucchiai di zucchero di canna scuro, quello fino però, per aiutare gli amanti delle cose zuccherate.

giovedì 12 luglio 2012

TORTA A STRATI DI CIOCCOLATO RICOPERTA DI GLASSA AL CACAO

Dopo il racconto di ieri non poteva che iniziare la settimana del cioccolato declinato in tante sfumature. Questa è la prima, assoluta delizia che vi presento,  e non poteva che essere che una magnifica torta di cioccolato a strati. Una di quelle cose difficili da conquistare perché lunghe da fare, ma senz'altro ne vale la pena. 
Attenzione! In pasticceria le dosi sono fondamentali, non modificate le grammature della ricetta, potrebbe venire fuori un disastro. Diciamo che potete scatenare la fantasia restando nei limiti della "legalità".

per la torta : 55 g di cacao in polvere di alta qualità - 300 g di farina 00 - 200 g di zucchero di canna scuro - 125 g di burro a temperatura ambiente - 3 uova - 100 ml di latte - 1 bustina di lievito in polvere  - 1 cucchiaino di essenza di vaniglia - un pizzico di sale
(dose per tre teglie diametro 20 cm)

per il ripieno: 225 ml di panna - 4 cucchiai di zucchero di canna - frutti di bosco a piacere (a me piacciono lamponi e/o fragole)

per la copertura: 200 g di zucchero a velo - 3 cucchiai di cacao - 15 g di burro - 1 cucchiaio di sciroppo d'acero - 1 albume
Splendidi esempi di torte al cioccolato firmate da Pierre Marcolini, sublime pasticcere a Bruxelles 

per la torta: setacciare il cacao dentro ad una grande ciotola, quindi versare 125 ml di acqua bollente e mescolare per ottenere una pasta morbida. Far raffreddare. Setacciare insieme la farina, il sale e il lievito per tre volte dentro ad un'altra ciotola. Mettere il burro nel mixer (quello con le fruste o usare uno sbattitore elettrico) e lavorare a crema. Unire lo zucchero, e lavorare ancora finché la mistura non sia leggera e soffice. Aggiungere le uova e la vaniglia, gradualmente e, sempre gradualmente, la mistura di cacao. Con l'aiuto di un cucchiaio aggiungere alternandoli la farina e il latte. Quando tutto è perfettamente combinato dividere la mistura in 3 teglie imburrare. Cuocere in forno a 190 gradi per 20 minuti circa. Aspettare una decina di minuti e poi sformare su una gratella. Far raffreddare.

per il ripieno: Montare la panna freddissima, quando è quasi montata unire lo zucchero e continuare a montare. Dividere grosso modo in tre quarti e un quarto. Nei tre quarti unire i lamponi o le fragole interi. Tenere da parte il resto

per la copertura: mettere il cacaco in una ciotola che vada sul fuoco, unire il burro e lo sciroppo d'acero. aggiungere 125 ml di acqua bollente e mescolare fino ad ottenere una pasta morbida. Unire l'albume, e usando lo sbattitore elettrico versare lo zucchero fino a formare una crema morbida ma spessa, spalmabile.

Montare la torta: posizionare la torta sul piatto di portata. Mettere la panna coi frutti di bosco su uno strato di torta, coprire con l'altro strato e mettere ancora la panna coi frutti di bosco, coprire tutta la torta con la panna senza i frutti di bosco tenuta da parte. Versare la copertura sulla torta e spalmarla fino ad avvolgerla tutta. Mettere in frigorifero per una decina di minuti. Servire a temperatura ambiente.



mercoledì 11 luglio 2012

UN INCONTRO CASUALE AL NORD


Andrea passeggiava per le vie di quella città piena di canali, guardava minuscole imbarcazioni colorate solcare le acque appena increspate dai motori. Osservava i passanti camminare con andatura pigra nel sole di primavera, alcune ragazze bionde come il grano ridevano di qualche cosa, forse una battuta divertente. Andrea assaporava ogni attimo della sua passeggiata, beveva l'atmosfera nordica e che lo avvolgeva come un delicato vortice. Inalava l'odore dell'acqua che virava leggermente al marcio, ma le sue narici associavano quella leggera puzza al paradiso. Si sentiva libero, sì l’acqua putrida era l’odore della libertà, una strana associazione in effetti. Le case medievali di mattoni scuri con le finestre decorate gli ricordarono che quella città aveva una storia fatta di mercanti e ladri, pittori e ciarlatani, di povera gente vestita di stracci e di nobili signori avvolti in tessuti sontuosi. Ogni mattone portava il segno di un momento storico, ogni passo echeggiava di navi che partivano verso le colonie alla ricerca di spezie e tesori. Anche lui cercava qualcosa, non sapeva nemmeno lui cosa, forse un sogno, forse semplicemente un’emozione. Una uomo in bicicletta sfrecciava silenzioso, un uccello batteva le ali prima di alzarsi in volo, due biciclette stavano appoggiate ad un ponte, solitarie, ma non tristi e lui bighellonava a piedi in quella città popolata di due ruote, bighellonava senza una meta precisa, perso nei sui pensieri. 
Così erano passate le ore, era arrivato il tramonto e, mentre Andrea era alla ricerca di ricordi che gli scaldassero il cuore nei momenti di tristezza, gli ultimi raggi del sole si riflettevano sull'acqua dandole un colore argentato, sfavillante, simile ai diamanti. L'aria era diventata fine e frizzante e un brivido leggero aveva percorso il corpo di Andrea, ecco che era comparso un maglione color cane che fugge. Un leggero borbottio dello stomaco gli aveva ricordato che non mangiava dall'ora di pranzo, un pranzo abbondante e delizioso, allora aveva comprato un cartoccio di patatine fritte direttamente dal baracchino sul bordo della strada e al bar aveva ordinato una birra. Seduto al tavolino che guardava la piazza mangiava una patatina, unta, salata e deliziosa, prendeva un sorso di birra, fresca, amarognola, profumata, poi ancora una patatina, Andrea la immergeva nel monterozzo di maionese, gustava ogni boccone con lenta consapevolezza, e ancora un sorso di birra. Intorno a lui i tavolini erano pieni di gente che rideva, chiacchierava e viveva. Lui gustava ogni attimo, assorbiva l'allegria, si inebriava di sorrisi e risate, di belle sensazioni e le sue tristezze si dissipavano, piano piano si scioglievano nella radente luce del tramonto. Il crepuscolo lo aveva sorpreso, la notte era arrivata piano ma inesorabile, tardi, come succede nelle città del Nord d'estate. Come una Cenerentola a cui scade il tempo della carrozza anche per lui era ara giunta l’ora di tornare verso l'albergo. Una svolta a destra, poi a sinistra, e dopo ancora a destra. Si era perso, perso nel suo mondo, nei suoi pensieri, perso nella città. Aveva deciso di lasciar fare al suo istinto, che lo potasse dove volesse e quel simpatico dell’istinto lo aveva portato in una strada quasi buia, piena di negozietti piccoli e con le vetrine poco illuminate. Andrea guardava, scrutava, sbirciava, curioso, poi aveva visto qualcosa che aveva attirato la sua attenzione. Una vetrina con la luce fioca e giallognola, al centro stava lei vellutata, scura, sensuale. Appariva voluttuosa come un morbida seta, persistente come un profumo orientale, golosa come una bambina che mangia il gelato. Se ne innamorò immediatamente ed incondizionatamente. La porta del negozio era chiusa. Fu un attimo annotare l'indirizzo. Ci torno domani, si era detto.  Mentre rientrava in albergo non riusciva a smettere di pensare a lei, gli era sembrata una visione da mille ed una notte, da film d'autore, da sogno, sogno vero. Era preso da una strana frenesia, sedotto ed intrigato, sentiva il sangue pompare nelle vene, bollire come l’olio che frigge le patatine. Si immaginava mentre la toccava e la mordeva voluttuosamente, pensava come poter assaporare ogni suo centimetro lentamente, sensualmente. Cercava di immaginare quale potesse essere il suo sapore, quale fosse il suo profumo, che sensazioni avrebbe provato al momento dell'incontro. Tornato in albergo si rigirava nel letto, tutto preso dai pensieri che galoppavano nella sua testa come cavalli da corsa, i loro manti avevano il suo colore: scuro e lucido, quasi croccante. L’alba lo aveva lo aveva colto dopo una notte quasi insonne. Si era alzato indolenzito, gli occhi stanchi privati di sonno, i muscoli tesi dall’ansia. Una rapida e frugale colazione lo aveva riconciliato col mondo esterno. Era pronto per incontrarla. Ripercorse a ritroso la strada fatta la sera precedente. Il suo passo era svelto, ma non troppo per prolungare il piacere dell'attesa, che quando si è innamorati è la cosa più bella. Anzi, arrivato vicino alla via dove si trovava lei, aveva rallentato decisamente. La immaginava lì, morbida al centro della vetrina sotto al pallido sole della mattina. Bella e sensuale, dolce e voluttuosa. Ecco il negozio, ecco la vetrina. Lei era ancora lì, dove l'aveva vista, non era stata inghiottita dall'alba come una fata dei boschi. Era uguale a come l'aveva lasciata: vellutata, scura e sensuale, con un'aria di tranquilla e pacata voluttà. Lo invitava ad entrare, birichina. Lei lo aspettava nella sua ammiccante morbidezza e lui era inebriato dalla quella follia ingenua che lo aveva avvolto la sera precedente e non la aveva più abbandonato. Dopo averla ammirata e rimirata a lungo, finalmente si era deciso. La mano tesa sulla maniglia alla fine aveva aperto la porta, il dolce tintinnio di un campanello aveva avvertito della presenza di un cliente. Una signora non più giovane, vestita con sobria eleganza, si era presentata. Il suo sorriso chiedeva  “In cosa posso servirla?”.  Andrea si era diretto verso la vetrina, la signora si era avvicinata sorridendo e dalla vetrina climatizzata aveva preso lei: vellutata, scura e sensuale, la più bella torta al cioccolato che Andrea avesse mai visto.

P.S. Contrariamente alla tradizione questa settimana pubblico un racconto di fantasia e non frutto di un'esperienza personale. Il racconto è dedicato ad un paese che amo e dove sono cresciuta. Le avventure in giro per il mondo continueranno nelle prossime settimane. NeZ

domenica 8 luglio 2012

COCKTAIL CON PROSECCO E FRUTTA

Questo cocktail è stato creato in alcune zone del Texas per aggirare quelle che vengono chiamate le "Blue Laws", cioè leggi che "controllano" (per non dire proibiscono) la vendita di super alcoolici la domenica. E' una sorta di Sangria, che però contiene anche birra. Consiglio di servirlo in una grande ciotola, ognuno si servirà la quantità gradita. Come stuzzichino da abbinare io sceglierei dadini di melone avvolti nel prosciutto.

300 g di mirtilli - 4 pesche tagliate sottili - 4 limoni tagliati a rondelle - 750 ml di birra belga Lambic alla pesca (in mancanza  va bene quella al lampone, sempre Lambic) - 750 ml di Prosecco - 10 gocce di angostura - 250 ml di acqua molto gasata (Perrier, per esempio) o Seltz - 60 ml di sciroppo al miele (mischiare una parte di acqua calda con due parti di miele) - 125 ml di succo di limone

In una grande ciotola o caraffa schiacciare i mirtilli fino a romperli, ma senza spappolarli. Unire la birra, il Prosecco, l'angostura, e l'acqua o seltz- Versare lo sciroppo di miele e il succo di limone molto lentamente, le cui quantità possono essere aumentate o diminuite a piacere per raggiungere il grado di agrodolce che più preferite. Aggiungere le fette di pesca e limone.
per una decina di persone (forse anche di più) 

TRUCCO PER TENERE IL COCKTAIL FRESCO SENZA ANNACQUARLO TROPPO

Usare Grossi blocchi di ghiaccio. Per farli usate dei contenitori di plastica per conservare i cibi e metteteli in freezer. Si scioglieranno lentamente, senza che l'acqua vada ad intaccare la qualità del drink. Così facile? Così facile.

sabato 7 luglio 2012

PESCHE AGLI AMARETTI

Avrei voluto darvi la ricetta dello Zabaione della mia adolescenza, però ho pensato che d'estate solo gli adolescenti possono apprezzare uno bello zabaione caldo con le bugie fritte. Meglio un piatto che può essere tranquillamente preparato prima e condiviso con gli amici freddo, dopo un'assolata giornata estiva. Adoro le pesche all'amaretto, perché sono dolci ma non troppo e soddisfano la voglia di dolce di fine cena senza appesantire. Abbondate pure, sono sempre un successo. 

12 pesche gialle non troppo mature- 160 g di amaretti tritati - 140 g di cioccolato fondente di ottima qualità tritato  - 2 cucchiai di polvere di cacao - 3 tuorli - 100 g di zucchero - liquore amaretto (facoltativo) - burro per la pirofila

Lavare e tagliare a metà le pesche, togliere il nocciolo, svuotarle leggermente con un cucchiaino o un coltellino, facendo attenzione a non romperle e a non arrivare troppo vicino al bordo. Tenere da parte la polpa e schiacciarla con i rebbi della forchetta o passarla nel mixer. Montare i tuorli con lo zucchero finché sono spumosi, unire la polvere di amaretto, la polpa della pesche, il cioccolato e il cacao, infine il liquore se lo usate. Riempire le mezze pesche e disporle una vicino all'altra in una teglia imburrata. Disporre alcuni fiocchetti di burro su ognuna delle pesche. Cuocere in forno a 180 gradi per circa tre quarti d'ora. Togliere dal forno e far raffreddare. Si possono servire sia tiepide che fredde, con o senza gelato alla vaniglia.
per ventiquattro mezze pesche

venerdì 6 luglio 2012

MINI MILANESI IN SAOR (CARPIONE) SPECIALE

Non è un piatto leggero, ma siccome si mangiano fredde e si preparano con anticipo sono un piatto ideale da servire nelle cene estive, soprattutto quelle a buffet. Buone, buone, buone. 

per le mini milanesi: 10 milanesi - 2/3 uova - pangrattato - farina - due cucchiai di parmigiano grattugiato - sale pepe - olio  per friggere

per il Saor/Carpione: 300 ml di aceto - 200 ml di acqua - 5 cipolle bionde - 80 g di uvetta - 75 g di pinoli - due cucchiai di capperi sotto sale dissalati - 10 grani di pepe - 8 chiodi di garofano - un  cucchiaino e mezzo di semi di coriandolo - sale pepe

Mettere l'uvetta a bagno in metà acqua e metà vino bianco. Preparare tre piatti con gli ingredienti dell'impanatura: in uno mettere la farina, nell'altro, fondo, le uova, nell'ultimo il pangrattato mescolato con il parmigiano, una grattata di pepe e un pizzico di sale. Tagliare le milanesi in tre o quattro piccole fette. passarle nella farina, nelle uova sbattute e nel composto di pan grattato, far aderire bene. Friggerle in abbondante olio caldo e farle asciugare su un foglio di carta assorbente. In una padella scaldare qualche cucchiaio di olio e cuocere le cipolle tagliate a fettine sottili finché non sono belle morbide, unire l'aceto, l'acqua (o, meglio se ce lo avete pronto, brodo di pollo o verdura), il pepe, il coriandolo e i chiodi di garofano. Salare e pepare. Far bollire per tre o quattro minuti, spegnere il fuoco. In un pirex fare uno strato di milanesine, cospargerle con l'uvetta, i pinoli,  qualche cappero, continuare a fare gli strati fino ad esaurimento degli ingredienti. Terminare con uno strato di cipolle. Versare su tutto la salsa all'aceto, coprire con la pellicola e far riposare almeno 24 ore.
per 30/40 mini milanesi 

giovedì 5 luglio 2012

PASTA CON CREMA DI ZUCCHINE E PANCETTA CROCCANTE

Questa è un'invenzione estemporanea di una sera in cui ero in ritardo, non avevo avuto il tempo di fare la spesa e il frigo era miseramente vuoto. Quattro zucchine trombetta facevano capolino dal cassetto della verdura, erano lì che mi dicevano prendimi e cucinami, ma non avevo il basilico perché un botta di calore lo aveva ucciso, non avevo parmigiano, il prezzemolo era un pezzo di antiquarito, insomma ero del tutto priva di qualsiasi ingrediente che potesse aiutare a cucinare una bella pasta con le zucchine. Sullo scaffale su uno dei ripiani del frigo troneggiava una confezione di pancetta tagliata a dadini, di quelle che tengo per i casi di emergenza (si fa ma non si dice). Ecco che è nata l'idea di questa pasta. 

360 g di mezze penne - quattro zucchine trombette (un po' di più per quelle classiche) - una vaschetta di pancetta dolce - uno spicchio d'aglio - una spolverata di pecorino - due cucchiai di olio evo - sale pepe e un pizzico di peperoncino

Tagliare le zucchine a rondelle e farle saltare in padella con lo spicchio d'aglio e l'olio. Salare e pepare, se piace aggiungere un po' di peperoncino a tritato. Portarle a cottura, devono risultare tenere e frullarle nel mixer per ottenere una crema, quando si scola la pasta unire un po' di acqua di cottura e far ripartire le lame del mixer. Unire il pecorino. In una padellina far cuocere a secco la pancetta finché non avrà perso tutto il suo grasso e sarà diventata croccante, scolarla e asciugarla bene con carta assorbente. Portare ad ebollizione abbondante acqua salata  per cuocere la pasta (tenere da parte un mestolo di acqua). In una grande ciotola condire la pasta con la crema di zucchine e il bacon. Servire immediatamente.
per quattro persone 

mercoledì 4 luglio 2012

MINESTRA FREDDA DI PISELLI CON MENTA

Non esiste niente di più estivo di questa zuppetta fredda, l'abbinamento menta e piselli è da manuale e il piatto è delizioso per iniziare un cena estiva. Molto rinfrescante e poco calorica nonostante le presenza della panna, servita con una ricca insalata estiva è una cena perfetta. In mancanza di piselli freschi usare quelli congelati, viene benissimo lo stesso 

1 kg di piselli freschi - mezzo litro di brodo di pollo o di verdure - 150 ml di panna - 2 rametti di menta (più quattro foglie per decorare) - 4 pomodorini ciliegia - sale pepe - pane tagliato a tocchetti e tostato per servire

Lavare e pulire la menta, metterla in una casseruolina con la panna e portare quasi ad ebollizione, togliere un attimo prima. Coprire lasciare in infusione fino al completo raffreddamento. Portare ad  ebollizione due litri di acqua e unire i piselli, far cuocere per 8 minuti. Sgocciolarli e raffreddarli in una ciotola con abbondante ghiaccio, non avendo abbondanza di ghiaccio passarli sotto l'acqua corrente. Portare ad ebollizione il brodo, aggiungere i piselli e quando riprende il bollore passare tutto con il frullatore ad immersione o nel mixer. Ripassare la minestra in un colino (chinois) schiacciando bene. Unire la panna profumata alla menta avendo cura di togliere i rametti. Aggiustare di sale e pepe, far raffreddare e passare in frigo fino al momento di servire. Mettere la minestra fredda dentro piccole tazze da consommé e servire con un pomodoro ciliegia, una foglia di menta e crostini caldi.
per quattro persone

martedì 3 luglio 2012

L'ODORE DELL'ESTATE

L'odore dell'estate, non ho ancora sentito nessuno parlarne eppure io ne sono ossessionata. In realtà sono ossessionata da tutti gli odori, i profumi e le puzze. Forse il gusto è il mio senso più sviluppato, seguito a ruota dall'olfatto. Non potrei stare in cucina altrimenti. Negli anni ho notato leggere modifiche, una sorta di adattamento all'ambiente e, forse, ultimamente mi pare che l'odorato si sia leggermente affievolito. Forse il mio parco odori è talmente saturo da decidere che ne ha abbastanza o forse è subentrata la mancanza di nuove esperienze olfattive. Chi lo sa. Però l'odore dell'estate lo sento sempre. In città, al mare, al lago, in montagna non so, la frequento poco d'estate. Però non è vero, a pensarci bene forse lo ricordo l'odore della montagna. Quello è il luogo di vacanza da bambina, allora lì si che sentivo i profumi. Se chiudo gli occhi riesco a ricordare nell'ordine: erba falciata, cacca di mucca, latte fresco, mirtilli schiacciati, funghi appena raccolti da mia mamma e quel particolare odore che avevano le caramelle che mio nonno toglieva dalla tasca alla fine della giornata. Erano sempre le stesse: le Krem liquirizia della Elah, ne tirava fuori due e me le dava mentre portavamo a passeggio i cani al tramonto, subito prima di cena. Mio nonno era alto, brizzolato, con il viso marcato da zigomi alti e naso affilato, gli occhi verdi a volte emanavano temutissimi lampi, lampi che non erano destinati a me. Era piuttosto bello, e giovane, perché si era sposato ragazzo e aveva avuto figli presto. Mi ha introdotto al gusto proibito delle caramelle prima di cena: liquirizia che sapeva di mou, questo era l'odore del peccato durante l'estate in montagna. Mio nonno mi passava le caramelle in silenzio, non è mai stato uomo di tante parole, ne scartava una anche lui e se la succhiava beato. Poi accendeva una sigaretta, perché all'epoca usava così, si fumava e in pochi sapevano che faceva male. Avevo dimenticato l'odore dell'estate in montagna, l'ho ritrovato in questa occasione. Bene.
L'estate al mare odora di tante cose. Ovvio e banale è l'odore del mare durante una mareggiata. Le onde che si frangono spumose e bianche sanno di sale, ma forse anche di brezza, perché se ci fate caso la brezza del mare ha un odore tutto suo, un misto di erba, pesce e scoglio. Sì, gli scogli hanno un odore tutto loro, bisogna provare ad annusarne uno per capire qual è. Io ci trovo quello delle alghe, della pietra, della patella che ci sta attaccata. Odori un po' astratti, senza una vera base logica, un po' come l'odore che ha il mare al largo. Il mare ha un profumo particolare al largo, dove non c'è terra in vista e il blu è più profondo. Quando una barca a vela gonfia le vele e scivola silenziosa, tranne per il rumore delle sartie, sotto le folate del vento, il mare sa di qualcosa di strano. Non è più il mare ma un'entità astratta e ognuno coglie la sua essenza come meglio crede. Per me è quel profumo che è l'assenza di odore. Ovvio che bisogna andare a vela, in barca a motore si finisce per sentire la puzza del carburante.
Forse qualcuno ricorda l'odore che aveva l'olio solare della Coppertone, dolcissimo, di cocco e fiori esotici. Non si può dimenticare tanto era invadente. I profumi delle creme e degli oli solari hanno punteggiato varie stagioni estive della nostra vita. Le prime Ambre Solaire, con la loro confezione arancio e il profumo di fiori e benzina; la famigerata Eutra, una sorta di vaselina cristallina che gli svizzeri usavano per ungere le tette delle vacche e che ha provocato ustioni a tutte le adolescenti del pianeta, che sapeva di petrolio e unguento per bambin dai sederi arrossati; la Nivea, bianca, come dice il nome, pastosa, con quel suo odore di pulito e lindo, di Signorina Else, la prosperosa tata tedesca per eccellenza, che spalmata in abbondati dosi ha rifinito la mia abbronzatura selvaggia per anni, fino a quando si è scoperto che la pelle andava protetta. Adesso le creme sanno di farmacia, di aspirina, antibiotico e non profumano più di quegli aromi artificialissimi, magnifici e allo stesso tempo repellenti, che servivano ad attirare tutti gli insetti del circondario. A proposito di insetti sappiamo tutti che è arrivata l'estate, sin dalla nostra infanzia, quando le nostri narici sono stimolate dalla puzza di zampirone. Ah, magnifico zampirone, rude e puzzolente, ora quasi soppiantato dalla scicchissima, profumatissima,  citronella. Poi l'estate sa di cabina.
Le cabine hanno un odore speciale, una fragranza tra il pino, l'olio di oliva, la margherita e l'eucaliptus. Sanno proprio di cabina, non ci si può sbagliare. Mi ricordo che ho baciato un ragazzo che mi piaceva molto, verso i sedici anni, dentro ad una cabina che odorava proprio di cabina. Se sento quell'odore lo associo a lui, a Dario, diciasette anni e un apparecchio per i denti, un profilo greco e di carattere ombroso. Nelle giornate di temporale mi portava sulla sua Vespa in giro per l'entroterra ligure, a mangiare zabaione con le bugie. Ecco, l'odore del temporale estivo che arriva dal mare, un misto di acqua salata e dolce, di polvere, e di pietre bagnate, di fine estate con il magliocino sulle spalle.  Ricordo, oggi non è più così, che il temporale estivo arrivava all'improvviso, le nubi correvano e si attaccavano una all'altra, sempre più grigie e scure. Poi, il primo scroscio preceduto da un lampo e un tuono. Gocce grosse, pioggia tamburellante sopra al tetto del ristorante, le canne che si muovevano e quell'odore pazzesco che ti riempiva le narici. Il temporale arrivava, si fermava e poi tornava. Tre ondate. Alla fine lasciva l'aria tesa, lucida e pulita. Noi inforcavamo la Vespa e andavamo su per le strade piene di curve. Apricale e le bugie ci aspettavano. L'asfalto riluceva bagnato, le pozzanghere ci spruzzavano quando ci passavamo sopra, eravamo senza casco, coi capelli al vento, ignari di ogni pericolo, pronti a qualsiasi sfida. L'odore dell'asfalto bagnato sa di quei giorni, di quei baci metallici, di quello zabaione a metà pomeriggio, di quell'adolescenza che è una malattia esantematica, come il morbillo: la prendi una volta e poi non la prendi più. Beh, almeno per la maggior parte di noi.

domenica 1 luglio 2012

CLAFOUTIS ALLE PRUGNE E LATTE DI RISO


L'originale, la madre di tutti i Clafoutis, nasce in Limousin, zona ricca di ciliegie, infatti il vero Clafoutis è quello di ciliegie. Lunga è la diatriba se bisogna usare le ciliegie con o senza nocciolo, i veri estimatori sostengo il nocciolo perché, dicono, conferisce un sapore particolare alla preparazione; io preferisco senza, non si deve fare attenzione a non ingoiare o masticare uno dei famigerati noccioli mentre si mangia. Queste versione del dolce molto è molto estiva e ideale per chi soffre, o ha amici che soffrono, di celiachia o intolleranza al glutine. La tradizione usa farina e latte normale in eguali quantità, se volete potete provare. E' saporito, veloce e può essere servito sia caldo che freddo, che d'estate non è male. 

500 gr di prugne (possibilmente mirabelle, ma le altre prugne vanno benissimo)- 500 ml di latte di riso – 50 gr di fecola di riso – 40 gr di burro – 2 uova – 2 cucchiai di farina di nocciole – 40 gr di zucchero di canna – 1 stecca di vaniglia

Tagliare le prugne a metà e togliere il nocciolo. Metterle in sei tegliette individuali. Mescolare con una frusta la farina di riso, le uova, il burro fuso, la farina di nocciole e lo zucchero. Aggiungere il latte di riso piano piano muovendo. Aprire la stecca di vaniglia e togliere i semini. Aggiungere alla pasta, mescolare e versare sulla frutta. Infornare a 150 gradi per 20 min. 
per sei persone