martedì 31 maggio 2011

PANINO MELANZANE E ZUCCHINE GRIGLIATE





2 panini tipo ciabatta

per il formaggio:
250 gr di ricotta - 4 pomodori secchi ammollati in acqua tiepida - un mazzetto di basilico - 2 cucchiai di olio evo - sale pepe


per le melanzane e zucchine:
2 melanzane grosse - 3 zucchine - olio evo -  sale pepe

Tagliare le melanzane per il lungo a fette spesse un centimetro. Tagliare anche le zucchine a fette sottili. Se le melanzane sono particolarmente grandi far perdere l'amaro lasciandole in un colapasta con del sale per una mezz'ora. Asciugarle e mettere le melanzane e le zucchine sulla griglia (elettrica o carbonella) e portare a cottura girando una sola volta. Disporle su un piatto salare poco e pepare, irrorare con qualche cucchiaio di olio e lasciare riposare per mezz'ora.

Preparare la ricotta:
Asciugare e tritare i pomodori secchi con il coltello. Spezzettare grossolanamente il basilico. Mescolare la ricotta con un cucchiaio d'olio poco sale e pepe, aggiungere il basilico e i pomodori. Mescolare bene.


Per il panino:
Tagliare in due la ciabattina e tagliarla a metà. Su una metà spalmare il composto di ricotta, mettere un po' di melanzane e zucchine. Chiudere il panino con l'altra metà. Si può anche far scaldare un po' il pane prima di spalmare e imbottire.
per quattro persone


P.S. Le melanzane e le zucchine si possono anche preparare in forno: metterle sulla placca del forno con poco olio e sale e far cuocere a 200 gradi per una decina di minuti. Se non avete una griglia potete cuocere le melanzane e le zucchine su una padella fatta scaldare senza l'aggiunta di grassi.  

lunedì 30 maggio 2011

SNACK BARCA

Il caicco dondola dolcemente sulle piccole onde di una strepitosa giornata d'agosto. La brezza leggera muove le sartie creando un rumore ipnotico. Tutt'intorno nella baia isolata regna un silenzio assoluto rotto ogni tanto dalle nostre voci. Solo un'altra barca ci fa sapere che non siamo soli al mondo. Il sole di mezzogiorno è a picco, alcuni sono sdraiati all'ombra del tendalino di prua, altri giocano a carte seduti al tavolo da pranzo sotto il tendalino di poppa, altri leggono poco più in là sui materassi. Il capitano sdraiato sulle cime a prua sonnecchia col cappello calato sugli occhi. Tutti sono appena usciti dall'acqua. Il silenzio mi riempie l'anima, sospiro ad occhi chiusi, la mia amica mi imita e dice "Ho un languore". In questa vacanza il languore è all'ordine del giorno. Bagno, sole, libro, languore soddisfatto con uno sfizio e un po' di vino, l'anima beata della bellezza del mondo, così trascorriamo le nostre giornate . La vita è bella.
I nostri languidi commenti a mezza voce vengono interrotti da un ronzio lontano. Ci giriamo verso il rumore che si manifesta in un puntolino che si avvicina dal nulla del mare aperto. E' sempre più vicino e la mia amica ha un sussulto "E' lei, sento che è lei" mormora, rapita. E' già stata in questa zona con il caicco parecchi anni fa e ci ha raccontato della signora che "smattarella" in mezzo al mare favolose simil piadine saporitissime.  "E' lei, è lei" continua a dire mentre il ronzio si fa sempre più vicino ed insistente. L'apparente calma che regnava fino a pochi secondi prima sembra soppiantata da una strana eccitazione. Si mangia, è il mantra euforico che passa di testa in testa, come se nelle ore precedenti non avessimo ingurgitato la quantità di cibo degna di un esercito in marcia  e non ci apprestassimo a consumare un pranzo abbondante. Certo si tratta delle famose piadine turche, non è mangiare: è cultura. Le nostre voci eccitate svegliano il povero capitano e gli chiediamo di chiamare la barchetta. Lui fa un cenno imperioso, senza nemmeno parlare, e il guscio di noce vira verso di noi.
Ha un fazzoletto legato sui capelli e sta seduta sotto un tendalino a strisce blu, fra le gambe una spianatoia rotonda appoggiata su una tovaglia a quadrettoni rossi, alla sua destra una griglietta a carbone, dietro di lei gli ingredienti. E' lei, la spiadinatrice d'alto mare. Ordiniamo una quantità immensa di piadine, che avranno pur un nome autoctono, ma nessuno ci sa dire quale.  Con l'acquolina in bocca, senza conoscerne nemmeno il sapore, chiediamo piadine con verdure semplici, con patate e formaggio e una alla nutella, ma una sola per provare. La donnina, che tanto "ina" non è perché la circonferenza del suo braccio è più grossa della mia coscia e non sono prorprio una silfide, la donnina inizia a smattarellare con precisione svizzera. Stende la pasta, la mette sul fornetto a cuocere, la riempie di verdure, la piega in quattro, la ripassa sul fornetto. Fa tutto il lavoro in silenzio sotto gli occhi vigili del marito che coi remi tiene in posizione la barca. Quando è pronta la prima piadina la dividiamo in undici pezzetti minuscoli perché tutti posssano provarne subito un boccone. Addento. Un'esplosione di sapore si sprigiona dalla pasta fragrante. Semplice rustico piacere. Fantastica. La donnina continua spiadinare come un rullo compressore, noi continuiamo a muovere le mascelle come se non mangiassimo da un secolo. Bottiglia di vino bianco freddo e piadina turca in mezzo al mare. La vita è bella.
Lei finisce di spiadinare, il marito, che guida la barca e passa le piadine, raccoglie i soldi. Il motore riparte e comincia a ronzare verso l'altra barca dove lo smattarellare ricomincerà per altri fortunati. Di piadine sulla nostra barca non ne avanzerà nemmeno una. La vita è bella.

P.S. Per la cronaca: ho mentito, una piadina è avanzata. Quella alla nutella. Lo so, eravate sulla costa turca ed avete assaggiato un'orata che aveva un vago sentore di nocciola e cioccolato.

CROSTINO DI CAPRINO CON MENTA E TIMO 
Non sono riuscita a scoprire il nome delle piadine, nessuno è stato capace di dirmelo. Quindi non ho la ricetta. Vi passo questo sfizio che fa comunque piacere. 


250 gr di caprino stagionato tipo crottin - 1 filoncino di pane croccate tipo baguette - 3 cucchiai di olio evo - 2 cucchiai di timo fresco - 1 cucchiaio di menta tritata fine - pepe nero

Tagliare il filoncino a fette spesse circa un centimetro. Tagliare il formaggio a fettine, raschiando i due capi per evitare di avere troppa crosta. Mettere il un contenitore che lo tenga tutto in uno strato solo, aggiungere il timo e il pepe, irrorare con metà dell'olio e far riposare almeno mezz'ora, a temperatura ambiente. Far dorare le fette di pane sotto il grill del forno, mettere la griglia più vicina possibile al grill. Mettere le fettine di formaggio sul pane. Cospargere col resto dell'olio e rimettere in forno alla stessa distanza. Il formaggio deve essere solo leggermente fuso. Togliere dal forno, mettere un pizzico di menta tritata e servire subito.
per quattro persone

domenica 29 maggio 2011

sabato 28 maggio 2011

TORTA DI MELE

Nonna papera è la specialista della torta di mele, ma lei fa l'Apple Pie quello di pasta frolla ripieno di mele. Questa è la versione con la pasta morbida e fragrante, con le mele sopra. Un ricordo della mia infanzia. Ogni volta che la preparo torno bambina e sento mia mamma che monta la pasta col frullino a mano, mi piaceva mangiarla appena tiepida. La ricetta è sua. 

1 chilo di mele - 250 gr di farina - 200 gr di zucchero  - 150 ml di latte - 75 gr di burro ammollato - 3 uova - 1 bustina di lievito per dolci - succo di limone - una stecca di vaniglia o la scorza di un limone

Sbucciare le mele e irrorarle con il succo di limone perché non anneriscano. In una ciotola capiente sbattere con fruste elettriche le uova con lo zucchero e il burro ammorbidito, aggiungere la farina, il lievito, la scorza o i semini di vaniglia (come preferite voi)  e il latte finché il composto non è bene liscio. Versare la pasta in uno stampo imburrato ed infarinato, mettere le mele, una vicino all'altra, a raggiera infilandole dentro la pasta. Spolverare con lo zucchero e infornare in forno a 180 gradi per circa 35 minuti o finché la torta non sarà dorata.
per quattro persone

P.S. La pasta non funziona con le pere, non sono ancora riuscita a capire perché. Se vi piace quando è fredda potete spolverarla con dello zucchero a velo. 

venerdì 27 maggio 2011

PATATE IN PADELLA AL FUNGHETTO

Un altro dei miei classici, insieme alle patate fritte. Anche questo è facile da fare e per me ha un sapore di casa.

800 gr di patate - 40 ml di olio evo - 20 gr di burro - uno spicchio d'aglio - un mazzettino di prezzemolo - sale e pepe

Tagliare le patate a dadini di 1 cm per lato. In una grande padella far sciogliere il burro con l'olio, mettere l'aglio schiacciato e aggiungere le patate, salare e pepare. Far cuocere girando spesso per circa 20 minuti, quando le patate saranno dorate spolverare con il prezzemolo e servire.
per quattro persone


P.S. Dopo cinque minuti di rosolatura, potete anche aggiungere mezzo bicchiere di brodo per portare le patate a cottura, risulteranno più morbide e simili ai funghi trifolati.  

giovedì 26 maggio 2011

PEPERONI ARROSTITI CON ACCIUGA

Tra poco comincia la stagione dei peperoni, una delle mie verdure preferite. Molti non li digeriscono, ma esistono dei mezzi per renderli un po' meno pesanti, più sotto ve li racconto. Questa è una ricetta che ha sempre fatto parte degli antipasti di casa mia, con grande stupore di mia madre ho voluto assaggiarla non appena svezzata. E' diventato uno dei miei sfizi preferiti.

500 gr di peperoni rossi - 10 filetti di acciughe sotto sale - 2 spicchi d'aglio - prezzemolo tritato fine - olio evo - sale pepe 

Dissalare le acciughe sotto l'acqua corrente. Tagliare l'aglio a pezzetti, ma non a fettine e non tritato. Mettere i peperoni sulla placca del forno e cuocerli sotto il grill girandoli quando la buccia si è annerita. Chiuderli in un sacchetto per congelazione e lasciarli alcuni minuti. Spellarli, togliere i semi e tagliarli a strisce spesse due centimetri. In un contenitore di vetro o ceramica mettere l'olio, fare uno strato di peperoni aggiungere un pizzico di sale e pepe, mettere alcuni pezzetti di aglio, pezzetti di acciughe, spolverare col prezzemolo, irrorare con un po' d'olio. Ripetere l'operazione fino ad esaurimento dei peperoni. Coprire con l'olio e far riposare almeno due ore prima di servire con pane tostato. Se bene coperti di olio si conservano alcuni giorni in frigo. S
per quattro persone 

P.S. Ho elaborato una teoria, solo mia è ovvio, non ho prove scientifiche: più sono grossi i peperoni e più sono indigesti, secondo me perché quelli troppo grossi sono "gonfiati" con porcherie... 
Per magiare i peperoni crudi e non averli come ricordo per diverse ore dopo provate a spellarli con un tagliapatate (possibilmente di ceramica) ben affilato. Alcuni dicono che sia la pelle ad essere indigesta., altri sostengono che siano le "costolature" bianche all'interno, provate a rimuoverle. Se proprio continuate a non digerirli, passate ad un'altra verdura. Questa ricetta va benissimo con le melanzane, per esempio. 

mercoledì 25 maggio 2011

SCALOPPINE AL LIMONE

Chi mi segue dall'inizio avrà capito che ho un amore particolare per gli agrumi. Ogni cuoco ha le sue manie, per me sono le arance, i limoni, i lime, i pompelmi, i mandarini, i mapo e tutta la famiglia, mi piace il loro colore, adoro il loro sapore in ricette salate e dolci. Forse è dovuto al precoce assaggio delle scaloppine al limone della nostra vicina, un colpo di fulmine. Fatto sta, che questo rimane uno dei miei piatti preferiti in assoluto. La ricetta ha subito piccole modifiche a mano a mano che ho imparato a cucinare. Tutto è perfezionabile, forse anche le mie scaloppine... 

600 gr di scaloppine di vitello - il succo di due limoni e la scorza di uno  - 4 cucchiai di olio - 60 ml di vino bianco -  20 gr di burro - due cucchiai di prezzemolo tritato - farina - sale pepe

Battere le scaloppine con il batticarne. Se non lo avesse già fatto il macellaio praticate dei taglietti sui bordi di ogni scaloppina ed infarinatele ad una ad una. In una padella scaldare l'olio e mettere le scaloppine finché non sono cotte. Salarle poco.Toglierle. Nella stessa padella mettere il burro e quando è sciolto versare il vino, il succo di limone, salare e pepare. Far ridurre il liquido della metà aggiungere la scorza del limone e le scaloppine, tenerle pochi istanti nel succo di limone, giusto il tempo perché si avvolgano con la salsa. Spolverare con il prezzemolo e servire.
per quattro persone 

P.S. La stessa ricetta si può fare con il petto di pollo, viene buonissima. Se temete il tasso alcolico del vino potete fare come suggerisce il gastronomo/gourmet/cuoco Allan Bay nel suo libro "Cuochi si diventa": fate bollire una bottiglia di vino finché non è evaporato tutto l'acool, lasciate raffreddare e conservate in frigo. Lo chiama vino senz'alcool, lapalissiano no? E' perfetto per tutte le ricette che hanno bisogno del vino, si può fare sia col rosso che col bianco, io da quando ho imparato non posso più farne a meno. Se non avete il vino senz'alcol, provate anche la stessa quantità di acqua. La quantità dei limoni è indicativa, dipende dalla quantità di succo e dalla grandezza. Nella ricetta si tratta di limoni piccoli, se li avete grandi forse uno può bastare. Vedete voi. 

martedì 24 maggio 2011

SPAGHETTI AL SUGO DI POMODORO E BASILICO

La mia grande passione da sempre, credo di aver cominciato a mangiare pasta al sugo verso l'anno di età. Pare che rubassi quella del piatto di mia nonna, le leggende familiari narrano che a 20 mesi usassi già la forchetta per arrotolare gli spaghetti. Dovete credere alle parole dei miei antenati, io non ricordo, e si sa per le mamme i loro bambini sono bravissimi a fare tutto in tenera età. Non dubito che tutti sappiate farli come devono essere fatti, ma siccome è uno dei miei piatti preferiti non poteva mancare questa settimana. 


360 gr di spaghetti - 500 gr di pomodori perini - quattro cucchiai di olio evo - uno spicchio d'aglio - basilico a piacere - sale pepe

Portare ad ebollizione dell'acqua, tuffarci i pomodori per 20 secondi e scolarli in acqua fredda. Spellarli e aprirli a metà togliendo i semini. In una padella far scaldare l'olio mettere lo spicchio d'aglio sbucciato e schiacciato e far imbiondire, aggiungere i pomodori e un po' di sale. Coprire e far cuocere a fuoco vivace per 10 minuti. Abbassare la fiamma e continuare la cottura senza coperchio per altri 15 minuti. Salare e pepare. Se la salsa dovesse risultare troppo acquosa prolungare la cottura, molto dipende dai pomodori da quanto sono acquosi e dal vostro fornello. Una volta pronta, passare la salsa al setaccio e aggiungere il basilico intero a piacere. Scolare gli spaghetti al dente. Condire e servire.
per quattro persone

P.S. Essendo una pasta semplicissima la qualità degli ingredienti è fondamentale, sia per quanto riguarda la pasta che i pomodori... e il basilico, chiaro. L'aglio compratelo rigorosamente italiano. Ci sono in giro agli cinesi di bassissima qualità, spesso sanno di muffa perché non sono stati essiccati come si deve. L'uso del setaccio aiuta la salsa a rimanere soffice e vellutata, potete anche non usarlo. D'inverno usate pure i pomodori pelati, sempre di alta qualità se li comprate. Il massimo sarebbe se li faceste voi. Volete la ricetta? Non è difficile.  ;-) 

lunedì 23 maggio 2011

UNA COFANA A DAMASCO

Mia mamma è sempre stata una donna elegante, ci teneva al suo aspetto e ci tiene ancora oggi che non è più una ragazzina. Non  l'ho mai vista uscire senza rossetto, per esempio. A pensarci bene non l'ho mai vista senza rossetto nemmeno in casa. Quando era più giovane e io piccolissima lavorava, ma riusciva a passare dal parrucchiere per un "colpo di pettine" un giorno sì e uno no. Erano i tempi delle cofane, le pettinature raccolte e fermate con tonnellate di lacca. Molto chic e impegnative, si abbinavano a tailleur con giacchette corte e gonne appena sopra il ginocchio, colori sobri, blu o nero in inverno, pastello nella bella stagione. Ricordo che aveva un bellissimo cappotto di lana pesante pied-de-coq (che si distingueva dal pied-de-poule per il gigantismo dei quadratini) beige e blu. Tremendamente chic e adatto al clima di montagna da mezza stagione, cioè già bello freschino.
Un giorno mio padre ricevette la lettera di trasferimento. Tutta la famiglia da quel momento avrebbe vissuto in una città esotica e lontana. Damasco. Mio padre andò in avanscoperta, scelse la zona dove vivere,  la casa e una piccola parte dell'arredamento e poi ci chiamò.
Era ottobre inoltrato e mia madre con la sua cofana, il suo cappottino pied-de-coq e me, salì sull'aereo che la portava lontano da tutto quello che aveva conosciuto fino a quel momento. All'epoca già prendere la macchina ed andare da Milano a Roma era un viaggio epico. Figurarsi andare fino in Siria, un paese lontano e soprattutto in guerra. Sotto lo sguardo dei parenti perplessi, salimmo sull'aereo a Milano in una giornata tersa e fresca. Quando a Damasco i portelloni dell'aereo si aprirono entrò una zaffata di aria umida e calda. Mia mamma intuì immediatamente che il suo cappottino chic era fuori luogo, sudava leggermente. Mio padre ci aspettava con la macchina di servizio. Ci portò subito a casa perché stava per iniziare l'ora del coprifuoco. Arrivammo in una palazzina con pochi piani e mia madre fece per salire le scale verso il primo, niente ascensore. Mio padre con delicatezza le indicò le scale in discesa, quelle verso il seminterrato "E' più sicuro" disse. Mia mamma ebbe un tuffo al cuore. Il peggio doveva ancora venire. La casa era spoglia, mio padre aveva comprato poche cose, un po' tetra e triste. Dalla porta d'ingresso partiva un lungo corridoio dipinto di bianco sul quale si affacciavano altre porte, tutte disposte a sinistra verso la strada. Sulla destra una lunga parete nuda. "Quando cominciano a sparare prendi la bambina e mettiti qui" disse mio padre indicando la parete di destra "è il muro maestro, non ci sono finestre e non dovresti avere problemi con le pallottole vaganti. Io adesso devo andare". La mano di mia mamma stringeva la mia delicatamente, ma con una certa forza. Mio padre la baciò e uscì. Era passata appena un'ora dall'atterraggio e ci trovammo sole io e lei. Non aveva ancora trent'anni, aveva una bambina piccola e si trovava in una casa sottoterra in una città sconosciuta. Restammo in piedi nel corridoio, attorniate dalle valigie, io nel mio cappottino di velluto blu, lei nel suo pied de coq. Passò un tempo infinito, io e lei mano nella mano a guardarci intorno. Partì la prima di una lunga serie di raffiche di mitra. Entrambe sussultammo. Mia mamma non trovò di meglio da fare che togliersi il cappotto e andare in bagno per disfare le cofana. Tolse tutte le forcine e quella restò lì immobile, dura e ritta. Tentò di infilarci dentro le dita. Calcestruzzo armato. Il caldo umido aveva compattato le tonnellate di lacca impedendo alla capigliatura di riprendere la sua forma originaria, la cofana stava lì tronfia a guardare mia mamma che aveva le lacrime agli occhi. Poi lei si girò, mi guardò e rise.

LATTE E BISCOTTI

Quella sera mia mamma mi diede da mangiare il nostro piatto preferito. Latte e biscotti. I biscotti erano terribili, sapevano di segatura (io non ricordo, ma mia mamma garantisce), il latte buonissimo.  Nei giorni successivi cucinò tutti i miei piatti preferiti. Il difficile era fare la spesa, un giorno vi racconterò. 


250 gr di farina - 125 grammi di burro - 50 gr di zucchero - 1 uovo e 1 tuorlo - uvetta o gocce di cioccolata, mandorle tritate, nocciole tritate a scelta - latte q.b.

Mettere il burro ammollato in una ciotola e lavorarlo con lo zucchero finché non è ben amalgameto, aggiugere le uova e mescolare ancora, a questo punto mettere la farina e l'uvetta (o un altro degli ingredienti scelti), lavorare con le dita velocemente finché non prende consistenza. Se fosse necessario (impasto secco) aggiungere latte poco alla volta. Arrotolare la pasta come se fosse un salame coi bordi appiattiti. Far raffreddare in frigo per un'ora almeno. Tagliare a fette dello spesso di 1,5 cm. Disporre i biscottini sulla placca rivestita di carta forno. Far cuocere a 160 gradi finché non saranno dorati.

P.S. Servire con latte, the o caffè o mangiarli senza accompagnamento in un momento di tristezza.





domenica 22 maggio 2011

PROSSIMAMENTE

La prossima settimana atterreremo in Medio Oriente, ma niente cucina esotica. Tutto sarà molto tradizionale.

sabato 21 maggio 2011

GELATO ALLA VANIGLIA CON MANDORLE, PISTACCHI E MIELE DI LAVANDA

Sono appassionata di dessert semplici e veloci, perché a volte viene voglia di qualcosa di dolce all'ultimo momento e si possono fare grandi cose con poco. Come in questo caso.

500 gr di gelato alla vaniglia o alla crema - 100 gr di mandorle intere - 100 gr di pistacchi non salati, interi - 100 gr di miele di lavanda

Scaldare il forno a 200 gradi. Mettere le mandorle in una teglia dove stiano "comode" e far tostare per 10 minuti (o finché non saranno dorate e sprigioneranno il tipico profumo) girandole spesso. Fare le stesso coi pistacchi, facendo attenzione a non bruciarli. Ci vorranno forse alcuni minuti in meno. Tritare le mandorle molto grossolanamente e lasciare i pistacchi interi. In una coppetta mettere il gelato, mettere un cucchiaio di miele, spolverare con la granella di mandorle e i pistacchi. Servire.

P.S. Se avete tempo e la gelatiera potete fare il gelato voi stessi, altrimenti è perfetto quello della vostra gelateria preferita. Come avrete capito il miele di lavanda è il mio preferito, perché non è troppo dolce, ma vanno benissimo anche quello di castagno, acacia, millefiori... insomma i vostri preferiti. L'abbinamento nella frutta secca può essere anche noci/nocciole, pinoli/anacardi. Tostateli voi stessi, sono migliori, potete fare l'operazione anche in un padellino, il fuoco è più violento quindi state attenti a non bruciarli.

venerdì 20 maggio 2011

INSALATA DI LATTUGA E ARANCE, VINAIGRETTE AL MIELE

Mi piacciono molto le insalate con la frutta, le fragole per esmpio si sposano benissimo in un'insalata di rucola e lattuga. Tra le mie preferite c'è l'insalata di arance siciliana. Questa è abbastanza facile ed è perfetta soprattutto alla fine della stagione delle arance quando sono un po' meno sugose e saporite.

2 arance - 1 mandarino - 2 cespi di lattuga - 3 cucchiai di pistacchi tostati

Per la vinaigrette:
tre cucchiai di olio evo - 1 cucchiaio di succo d'arancia - 1 cucchiaio di succco di mandarino - mezzo cucchiaino di scorza grattugiata di mandarino - 1 cucchiaio di aceto di vino bianco (possibilmente vin santo) - 1 cucchiaino di miele - sale e pepe

Pelare a vivo le arance e tagliarle a spicchi. Tagliare il mandarino a fettine di un centimetro. Lavare e pulire la lattuga, scartando le foglie più esterne, tagliarla a listarelle spesse due dita. Tenere in frigo fino al momento di servire. Preparare la vinaigrette: mettere tutti gli ingredienti in una ciotolina e mescolare finché l'olio non sia perfettamente emulsionato. In una piatto di servizio disporre la lattuga, le arance, il mandarino e i pistacchi. Condire con la vinaigrette e servire.
per quattro persone 

P.S. D'inverno usare le arance sanguigne, l'insalata sarà ancora migliore. 

giovedì 19 maggio 2011

PAIN D'EPICES - PANE ALLE SPEZIE

Il sapore del pain d'épices è uno dei ricordi più vividi della mia infanzia trascorsa in Belgio.Ci sono altri ricordi culinari che mi porto dietro dalla terra delle cozze e della nebbia, il pain d'épice però è qualcosa di speciale, perché ha un gusto particolare. Si mangia sia salato che dolce. Nella versione salata è servito insieme alla carbonade, carne stufata con la birra. Questa è la versione originale senza latte né liquidi che spesso vengono aggiunti. 

500 gr di farina - 500 gr di miele dal gusto marcato (castagno per esempio) - mezzo cucchiaino di noce moscata in polvere - mezzo cucchiaino di cannella in polvere - mezzo cucchiaino di zenzero in polvere - 1 cucchiano di bicarbonato - 1 sacchetto di lievito per torte salate

In una grande ciotola mettere la farina mescolata con il lievito. Aggiungere il miele, le spezie e il bicarbonato. Lasciar riposare un'ora abbondante. Versare nello stampo da plum cake e infornare a 120 gradi. Lasciar cuocere un'ora e un quarto finché la punta di un coltello introdotta nell'impasto non esca pulita. Spennellare con del latte a fine cottura.

P.S. La scelta delle spezie è personale, potete sbizzarrirvi con quelle che vi piacciono di più. 

mercoledì 18 maggio 2011

FILETTO DI MAIALE AL MIELE E SENAPE

Il filetto di maiale è estremamente versatile, le ricette saporite con questo ingrediente sono moltissime. Tra quelle che preferisco quella alla senape, che propongo qui con la variante al miele. 

1 filetto di maiale di circa 600 gr - 2 cucchiai di senape forte di Digione - 1 cucchiaino di miele a scelta - 1 pugnetto di funghi secchi ammollati in acqua tiepida - sale pepe - olio evo -  acqua o brodo vegetale q.b.

In una ciotolina mescolare la senape e il miele. Tritare i funghi fini e mescolarli alla senape. Salare e pepare il filetto e coprirlo con il composto di senape. Mettere in una teglia che lo contenga di misura, di solito quella del plum cake va bene, e passare in forno a 200 gradi per 5 minuti. Abbassare il forno a 180 gradi.  Aggiungere l'acqua o brodo, deve arrivare a metà del filetto. Lasciar cuocere per venti/venticinque minuti irrorando ogni tanto con il liquido. Sevire a fettine un po' spesse con un contorno semplice, insalata, patate arrosto o fagiolini all'agro.

martedì 17 maggio 2011

SALMONE AL CARTOCCIO CON MIELE E SOYA

Una ricetta molto sfiziosa che sa di esotico senza esagerare con le calorie. Chi non amasse il peperone può non metterlo o sostituirlo con una verdura di suo gradimento, sempre grigliata e non troppo acquosa. 


2 tranci di salmone - 1 peperone rosse grigliato senza pelle - 1 grosso pugno di fagiolini bolliti al dente - 2 cucchiai di salsa di soya - 1 cucchiaio di miele millefiori - semi di sesamo - zenzero fresco o in polvere 
Mescolare la soya con il miele e un cucchiaino di zenzero in polvere (grattugiare quello fresco e usarne un cucchiaio).  Tagliare il peperone a listelli sottili. Mettere il salmone nella carta forno, pepare, aggiungere le verdure e uno o due cucchiai di salsa di soya per ogni cartoccio. Spolverare con i semi di sesamo, chiudere bene il cartoccio e passare in forno a 180° per 15/20 minuti. Servire caldo. 
per due persone 

P.S. Si possono sostituire i fagiolini con dei piselli, delle taccole (sbollentarle prima di metterle nel cartoccio) o dei fagioli verdi piatti tagliati diagonalmente e bolliti al dente. 








lunedì 16 maggio 2011

A PARIGI CI SONO LE API

Jardin du Luxemburg 
Questa volta non è ricordo o un'avventura ad aprire la settimana. No, sarà una storia di oggi, ambientata a Parigi.
Parigi è sempre stata una metropoli particolare, forse perché è divisa in Arrondissements, 20 per l'esattezza, disposti a choicciola, e ognuno di questi ha la sua personalità, la sua storia, il suo carattere. Questo rende Parigi una città fatta di mille paesi che si intersecano l'un l'altro, che molto spesso non si incontrano mai.  E' una città verde, quanto Londra o forse di più. Ci sono giardini, parchi e alberi ovunque; si respira la natura eppure intorno ci sono arte, cemento, cultura, macchine, inquinamento, come ogni metropoli del mondo. In mezzo al Marais c'è un giardino bellissimo, con alberi e panchine, poco distante un altro giardino è il cuore di un palazzo; dall'altra parte del fiume c'è il Jardin du Luxemburg, nel V arrondissement, e poco lontano il Jardin des Plantes; dalla stessa parte, verso la periferia, c'è il Bois de Vincennes; più in là ancora, spostato rispetto al centro, lo scicchissimo Bois de Boulogne e poi ci sono i giardini sui tetti. Verdi oasi tranquille, per lo più private, alcune appartengono ad alberghi molto "su", dove cinguettano gli uccelli e fioriscono fiori rari; e su quegli stessi tetti ci sono le arnie. Le arnie per coltivare il miele da mettere in eleganti barattoli come fa la Louis Vuitton con quello delle poche api che svolazzano sul suo tetto. Fashion victims non cercatelo, non è in vendita. Sono molte le arnie che popolano la città, sono parecchi gli apicoltori da diporto che le allevano e mettono il loro miele in barattolo. Si mormora siano quattrocento, le arnie s'intende. Le api crescono bene a Parigi, è inquinata ma non esiste l'insetticida, il loro nemico numero uno in campagna, fa caldo tutto l'anno perché ci si può nascondere nei camini e nelle fessure delle case e ci sono infinite varità di fiori. Si trovano colonie di api al cimitero Père Lachaise e poco lontano dal Jardin des Tuileries ci sono le arnie di un fortunato apicultore. C'è un miele in barattolo che si chiama Miel Béton (cemento) e un millefiori di un piccolissimo produttore che ha il colore leggermente verde per via dei tigli, il marchio di fabbrica di Parigi. C'è stato addirittura un miele prodotto nel pieno centro della città messo in barattolo per la cattedrale dei gourmet: Fauchon. Certo, chi cresce le api lo fa solo per puro piacere, non ci si guadagna da vivere con una decina di arnie (per essere a posto economicamente ce ne vogliono almeno 1000), ma intanto a Parigi cresce il miele. E' bello pensare che in una metropoli un pubblicitario coltivi l'hobby dell'apicultura e che un designer parli con le sue api, la rende più umana. Parigi è sempre stata considerata romantica perché si pensa sia la città degli innamorati, ma forse è romantica perché coltiva i suoi fiori. Cosa c'è di più romantico di un fiore e dell'ape che lo impollina?

CAMEMBERT CON MIELE E NOCI 

1 camembert maturo - 4 cucchiai di miele di lavanda - 10 gherigli di noce

Mettere il formaggio su un piatto di portata, irrorarlo col miele e disporre le noci. Servire con pane tostato, meglio se casereccio.
per 4 persone

P.S. Non poteva che esserci il camembert, formaggio francese che più francese non si può. Oggi roba facile, eh? 
Per la ricetta ho tratto ispirazione dal libro "Fashion Food" di Csaba dalla Zorza. 

domenica 15 maggio 2011

sabato 14 maggio 2011

ETON MESS - DOLCE DI FRAGOLE E MERINGHE

400 ml di panna fresca da montare - 250 gr di fragole rosse e mature - 150 gr di meringa - 80 gr di zucchero a velo -  un bacello di vaniglia

Rompere la meringa a pezzetti. Lavare e pulire le fragole. metterne metà in un mixer e frullare con metà dello zucchero, passare al setaccio. Tagliare le altre fragole a fettine. Montare la panna con l'altra metà dello zucchero e i semini estratti dal bacello di vaniglia. Mecolare le meringhe con metà della purè di fragole e la panna. Non mescolare troppo, deve sembrare un variegato alla fragola. Mettere in ogni coppetta di servizio un po' di crema con la meringa, aggiungere le fettine di fragole e un po' della salsa. Servire.

P.S. Si possono usare altri frutti di bosco, tra i miei preferiti ci sono i lamponi.

PEAS WITH BACON AND ONIONS - PISELLI CON BACON E CIPOLLOTTI

1,2 kg di piselli freschi da sgranare - 100 gr di bacon affumicato - 1 mazzetto di cipollotti - 60 gr di burro - 2 cucchiai di zucchero - sale pepe

Tagliare il bacon a dadini. Far sciogliere 20 gr di burro in una padella e cuocere il bacon a fuoco dolce per qualche minuto, deve appena cuocere senza bruciare. Mettere in piselli sgranati in una padella grande mettere abbastanza acqua bollente per coprirli, aggiungere 20 gr di burro, lo zucchero, sale e pepe. Riportare a bollore e cuocere per 5 minuti su fuoco medio. Scolarli su una ciotola per conservare il liquido di cottura. Tagliare i cipollotti a tronchetti di un paio di centimetri, mettere nella stessa padella dove si sono cotti i piselli e versare abbastanza acqua da coprirli. Bollire il tempo necessario a far evaporare la maggior parte del liquido. Mescolare col bacon e i piselli. Aggiustare di sale e pepe e servire.

P.S. si possono usare i piselli congelati. Ne serviranno 500 gr, farli cuocere per 2 minuti.

PROBLEMI TECNICI

Nei giorni scorsi ci sono stati problemi tecnici alla base, cioè nella casa madre del blog e sono spariti tutti i post che avevo preparato per voi. Avevo previsto ricette favolose con foto niente male, immaginate la disdetta trovare tutti i post bianchi. Cercherò di porre rimedio con un paio di ricette di tamponamento, solo le ricette senza una storia, un dettaglio, una particolarità. Perdonatemi. Buon fine settimana

mercoledì 11 maggio 2011

SCRAMBLED EGGS - UOVA STRAPAZZATE

In fatto di cibo cosa c'è di più britannico degli scrambled eggs? Beans on toast, lo Shepherd's Pie, Eggs and Bacon, Roast Lamb and Mint Sauce e parecchie altre cosette che non immaginiamo, eppure nella nostra testa le uova strapazzate SONO la Gran Bretagna. Forse perché durante le vacanze studio ce le hanno propinate in tutte le salse, persino quelle più terribili e collose. Forse perché il titolo provvisorio di "Yesterday" è stato "Scrambled Eggs", questo canticchiava Paul McCartney mentre la scriveva, e se i i Beatles parlavano di uova strapazzate doveva pur esserci un motivo. Mah, c'è da dire che due uova strapazzate fatte come si deve, soffici e spumose, sono proprio buone.

5 uova strapazzate - 75 ml di latte intero - 20 gr di burro più 10 gr - erbe aromatiche miste tritate (la mia scelta: prezzemolo, menta, erba cipollina, un rametto di maggiorana, un rametto di timo) - sale pepe

Sbattere le uova con il latte, il sale e il pepe. Aggiungere le erbe aromatiche. In una padella grande far sciogliere il burro e versare il composto di uova, mescolare in continuazione finché le uova non saranno diventate consistenti e un po' lucide. A questo punto aggiungere i dieci grammi di burro, togliere dal fuoco e continuare a mescolare finché il burro non è sciolto. Servire immediatamente con una bella insalata mista.
per quattro persone

P.S. Sfido il single col frigo perennemente vuoto a non trovare due uova da fare strapazzate con una triste sottiletta . Cosa non faccio per incentivare la vostra vicinanza ai fornelli: ho scritto sottiletta, vi rendete conto, sottiletta. 

martedì 10 maggio 2011

SPAGHETTI ALLA CARBONARA

Dopo il racconto di ieri non potevo non dare la mia ricetta degli spaghetti alla carbonara. Non l'originale made in London, quella è stata un indimenticabile one shot per pochi intimi, qui propongo quella che faccio agli amici quando vengono a cena. Credo che ci siano infinite versioni di questa pasta, ognuno ha la sua e assicura che è quella della tradizione. Naturalemente, anche la mia è quella della tradizione, di casa mia appunto. Mia mamma l'ha sempre fatta così, ha avuto la ricetta dalla nostra vicina di casa a Roma. Romana verace? Non lo ricordo.

350 gr di spaghetti - 150 gr di pancetta - 2 uova più un tuorlo - 80 gr di pecorino grattugiato - un rametto di salvia - 1 cucchiaio di olio evo - sale pepe

Tagliare la pancetta a dadini. Sbattere le uova e il tuorlo con il percorino. Salare e pepare. In un padellino scaldare l'olio ed aggiungere il rametto di salvia e i dadini di pancetta, far cuocere finché non sono croccanti. Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua bollente salata. In una ciotola di servizio mettere il composto di uova ed aggiungere un piccolo mestolo (30 ml circa) di acqua di cottura e mescolare vigorosamente. Aggiungere i dadini di pancetta senza la salvia. Scolare la pasta e condirla bene. Spolverare con pepe macinato al momento. Servire.
per quattro persone 

P.S. La tradizione, vera in questo caso, vuole che al posto della pancetta si usi il guanciale. Io preferisco la pancetta perché un po' meno grassa. NON ci vuole assolutamente la panna, questo deve essere ben chiaro. La salvia è una mia aggiunta, conferisce alla pancetta un profumo delizioso. Per coloro i quali non amassero il pecorino sostituirlo con del parmigiano grattugiato. Per avere un sapore un po' meno forte preparare le uova con metà pecorino e metà parmigiano. La ricetta originale prevedeva tre tuorli e un uovo intero, io preferisco meno uova. 

lunedì 9 maggio 2011

DUE SPAGHI A LONDRA

Ho vissuto a Londra per sei mesi quando ero all'università. Non erano i tempi dell'Erasmus, con le frontiere aperte e scambi culturali veloci e frequenti. Sono della generazione subito a ridosso, ci è mancato poco, giusto un sospiro di delusione. I miei coetanei dovevano industriarsi per imparare una lingua vivendo nella nazione di cui avevano scelto di imitare l'accento. C'era chi faceva le vacanze studio estive nei vari college sparsi per l'Inghilterra o negli Stati Uniti, con risultati spesso terribili; altri andavano a fare i camerieri o i plongeur (francese per lavapiatti, non lo trovate immesamente più chic?) nei ristoranti di Londra o di Brighton,; altri ancora, i più privilegiati, parlavano la lingua dalla nascita per via di tate e signorine au pair. Io ero stata fortunata, grazie ad un amico dei miei genitori, avevo trovato lavoro come grafico pubblicitario in uno studio di Covent Garden a Londra. Mi sentivo divina.  Il lavoro si era rivelato di alto profilo e consisteva nel portare i caffè, pulire le cartacce dalle scrivanie (ai tempi un grafico da solo produceva tanta cartaccia da riempire un TIR gigante, nel mio studio ce n'erano quattro) e rispondere al telefono. Il giorno che mi hanno assegnato un lavoro di grafica non mi è parso vero, erano passati tre noiosi mesi di caffè, cartacce e telefonate, dovevo fare uno striscione per un meeting di autocoscienza. Fa-vo-lo-so. Mi pagavano pochissimo e per arrotondare facevo la baby sitter a tre mocciosi insopportabili e urlanti. Continuavo a sentirmi divina, però. L'ambiente lavorativo era divertentissimo. Londra all'epoca era divertentissima, come lo è oggi, come lo sarà domani e sempre. Uscivo tutte le sere, bevevo birra tiepida, andavo a sentire musica, bazzicavo locali più o meno ambigui e frequentati da ragazzi agghindati come maitresse sado-maso. Bevevo poco, non mi piaceva  la birra tiepida e per risparmiare avevo ridotto la quantità di sigarette fumate, accendevo solo dopo il primo bicchiere alla sera e ne fumavo altre tre. Le sigarette erano carissime e io, non lo sapevo, ponevo le basi per una vita virtuosa, ma gustosa. Niente sigarette e molto vino al posto della birra. Mangiavo pochissimo perché preferivo spendere i soldi in dischi , cinema e uscite. Avevo vent'anni e avrei vissuto per sei mesi a Londra. Me la godevo alla grande. Mi sentivo divina.
Una sera dopo il pub alcuni amici mi invitano a cena, una vera manna. "C'mon italiana tu che conosci senz'altro la ricetta, facci una pasta alla carbonara come l'abbiamo mangiata a Roma l'anno scorso" dice uno dei ragazzi, biondino cogli occhi azzurri, il più carino e che mi sarebbe tanto piaciuto impressionare. "But of course. Ma certo!" ho esclamato disinvolta e sorridente "Andiamo da Sainsbury's a fare la spesa". L'operazione era preceduta dalla colletta per l'acquisto del necessario per l'esecuzione di una carbonara coi fiocchi. Bacon (vabbè, siamo a Londra e si trova solo il bacon), uova, salvia, pepe, parmigiano (oggi so, ci vuole il pecorino), spaghetti. Arriviamo a casa e qualcuno mette sul fuoco l'acqua per la pasta. Io comincio ad armeggiare con gli ingredienti pensando ai gesti che faceva mia madre in cucina. Non avevo mai fatto una carbonara in tutta la mia breve vita ed ero nel periodo che mai avrei ammesso di non saper fare una cosa. Piuttosto morta. Quindi ho iniziato. Taglia il bacon a dadini, ok fatto. Sbatti le uova con il parmigiano, ok fatto. Metti il bacon a soffriggere con un po' d'olio, metti la salvia. Perfetto. Butta gli spaghetti. Quasi cotti. Metti le uova sbattute dentro al padellino. Si rapprendono, perché? Perché QUELLE DI MIA MAMMA non si rapprendono? Aiuto, che faccio? Con il cucchiaio di legno comincio a raspare il fondo della padella. Scolo la pasta, ci verso mezza bottiglia d'olio, sicura che nessuno mi stia guardando, e la condisco con gli scrambled eggs, le uova strapazzate. Servo. Non mi sentivo affatto divina. "Non è lo stesso sapore di quella di Roma" dice con un sogghigno quello carino. Per fortuna ho scoperto tempo dopo che era gay.

P.S. Che non vi venga in mente di far vedere un padellino caldo alla vostra carbonara.


DEVILS ON HORSEBACK


All'epoca ero capace di cucinare solo una bistecca facendola grigliare su una bistecchiera elettrica, un'altra cosa che sarei stata in grado di fare sono senz'altro queste prugne ricoperte di pancetta. Un piatto facile e goloso, tipicamente inglese. Non conosco l'origine del nome, ma è molto carino significa "Diavoli a cavallo". 

8 prugne secche morbide- 4 fette di pancetta affumicata o bacon- stecchini per fermare

Tagliare le fettine di bacon a metà ed avvolgere ogni prugna con una mezza fettina, fermare con uno stecchino. Passare in forno per alcuni minuti finché la pancetta non è traslucida. Servire subito.
per quattro persone  

P.S. Esistono anche le ostriche presentate avvolte nel bacon su un crostino di pane, prendono il nome di Angels on Horseback. Un'altra specialità inglese, ma è una ricetta più difficile da eseguire e io oggi, come avete potuto leggere, non so cucinare. 

domenica 8 maggio 2011

PROSSIMAMENTE

La prossima settimana gusteremo una spaghetta  spaghettata molto speciale nella perfida Albione.

sabato 7 maggio 2011

BIGNE ALLA PANNA

Di solito li si compra in pasticceria, è più facile, ma perché non proviamo a farli noi i bignè? Non sono difficili da fare, dalla ricetta tutto sembra più complicato di quanto non sia in realtà. Certo ci vuole un po' di manualità. Qui sotto la ricetta è per quelli alla panna, così  per creare il ripieno potete riprendervi dalla fatica di aver fatto i bignè a mano. Quando vi sarete abituati, sbizzarritevi con ripieno e glasse. 


250 gr di farina - 250 ml di acqua -  125 gr di burro - 4 uova - 1 cucchiaino di zucchero - 1 cucchiaino di sale

Mettere il burro e l'acqua in una casseruola e far scaldare senza far bollire. Togliere dal fuoco. Aggiungere la farina setacciata con un cucchiaio di zucchero, uno di sale e cominciare a sbattere con il cucchiaio di legno. Quando la pasta è liscia riportarla sul fuoco e farla cuocere finché non è asciutta e si stacca dalle pareti della casseruola. Togliere dal fuoco ed aggiungere le uova una alla volta, aggiungere la successiva solo quando la precedente si è assorbita, mescolando bene. Continuare a mescolare fino che la pasta è spessa e lucida, deve staccarsi dal cucchiaio quando lo scuotete. Far raffreddare e con un sac à poche fare dei monticelli di pasta sulla placca del forno. Potete anche usare due cucchiaini per dare la forma ai bignè. Cuocere a 200 gradi finché non sono dorati, circa 20 minuti.
per circa 30/40 bignè

Per il ripieno: 
250 ml di panna - zucchero a velo a piacere - cacao in polvere

Con le fruste elettriche montare la panna insieme allo zucchero, la quantità dipende dal vostro gusto personale. Tagliare a metà i bignè, riempirli con la panna e spolverarli di cacao. Servire su un vassoietto da pasticceria, bellissimi quelli di ceramica che si trovano in commercio.


P.S. Non è difficile, non fatevi spaventare dal procedimento e potete anche farli salati, ripieni di mousse al tonno, al prosciutto o con del formaggio cremoso sono un modo diverso servire un bicchiere di vino.

venerdì 6 maggio 2011

INSALATA MISTA CON POMODORI SECCHI

Un altro classico del pranzo della domenica, l'insalata mista. Nel tempo è cambiata, una volta era in voga il connubio lattuga, pomodoro, carote e, a volte, sedano. Oggi le varianti proposte dai ristoranti sono infinite e anche a casa non esiste quasi più la foglia di lattuga solitaria senza almeno un compagno, magari un pugno di mandorle. Questa è una delle mie insalate miste preferite. 

1 cespo di lattuga - 1 mazzatto di rucola selvatica - una decina di pomodorini datterini - 5 pomodori secchi - 2 cucchiai di pinoli - erba cipollina - uno spicchio d'aglio - olio sale pepe aceto di vino bianco

Mettere i pomodori secchi a mollo in acqua per almeno un'ora. In una ciotola lasciare per mezz'ora lo spicchio d'aglio, sbucciato e schiacciato, con cucchiaio d'aceto. Mondare la lattuga e la rucola. Con le mani tagliare le foglie più grandi della lattuga e mettere le insalate in un piatto di portata. In un padellino far tostare i pinoli senza alcuni tipo di grasso. Far raffreddare. Asciugare e tagliare a pezzetti i pomodori secchi. Tagliare a metà i datterini. Preparare una la vinaigrette con l'aceto senza l'aglio, 50 ml olio, sala e pepe.  Sbattere bene. Sul piatto di servizio aggiungere i pinoli, i pomodori datterini e secchi, l'erba cipollina tagliata fine. Irrorare con la vinaigrette e servire.

giovedì 5 maggio 2011

PATATE ARROSTO

Le patate sono tra le cose che preferisco al mondo. Mi piacciono fritte, arrosto, bollite, al forno, soufflés, in puré e in tutti i modi immaginabili. Con il pollo arrosto del pranzo della domenica bisogna mantenere la tradizione: quindi via con le patate arrosto, quelle un po' bruciacchiate sugli angoli.

1 chilo di patate rosse - rosmarino - olio evo - sale pepe

Tagliare le patate a tocchetti regolari non troppo piccoli. Lasciarle ammollo nell'acqua fredda per un quarto d'ora, scolarle e asciugarle bene. Versare l'olio in una teglia piuttosto grande, le patate devono stare in un solo strato, ed aggiungere le patate. Salare pepare e mettere un po' di rametti di rosmarino. Cuocere in forno a 180 gradi, girando spesso, finché non sono dorate da tutti e lati.

P.S. si possono cuocere le patate in contemporanea col pollo.  

mercoledì 4 maggio 2011

POLLO ARROSTO

Un classico del pranzo della domenica della mia infanzia e gioventù, il pollo arrosto. Mi è sempre piaciuto moltissimo. La materia prima deve essere eccellente per dare un arrosto squisito, questo dettaglio è fondamentale. 

1 pollo da 1,2 kg - 1 limone non trattato - erbe aromatiche (io preferisco rosmarino, salvia, timo,  dragoncello. In stagione metto anche basilico o menta) - 1 spicchio d'aglio - olio evo - burro - sale pepe

Pulire bene il pollo, fiammeggiarlo e salarlo e peparlo all'interno. Con i rebbi di una forchetta bucherellare il limone, inserirlo nella cavità del pollo insieme allo spicchio d'aglio e a qualche rametto di erbe aromatiche miste. Sotto la pelle del petto inserire erbe aromatiche e un pezzetto di burro. Mettere il pollo, col petto verso il basso, in una pirofila unta d'olio, spennellarlo abbondantemente con altro olio, salare e pepare, aggiungere qualche fiocchetto di burro. In forno 180 gradi per un'ora e un quarto, spennellando con il liquido di cottura. Dopo mezz'ora di cottura girare il pollo e terminare la cottura in questa posizione continuando a bagnare con il liquido di cottura. Se la pelle dovesse apparire bruciacchiata troppo presto coprire con un foglio di alluminio.

P.S. Si serve rigorosamente con patatine arrosto o fritte. Senza se e senza ma, non esistono le diete la domenica. 

martedì 3 maggio 2011

TORTELLINI PANNA, PROSCIUTTO E FUNGHI

Un classico della tavola delle domeniche, esiste anche la variante con piselli, senza funghi, o solo con la panna e il parmigiano. Quando li mangio torno adolescente e alcuni ricordi diventano vividissimi. 


600 gr di tortellini - 200 ml di panna fresca - 100 gr di prosciutto in un fetta sola - un pugnetto di funghi secchi - 50 gr di cipolla bionda - erba cipollina - olio evo  - sale pepe

Ammollare i funghi in acqua tiepida. Tritare fine la cipolla e farla soffriggere in padella, a fuoco basso, con un cucchiaio di olio, aggiungere i funghi e quattro cucchiai di acqua dell'ammollo. Far cuocere finché l'acqua non si è ridotta di metà, aggiungere il prosciutto e la panna. Far ridurre, senza cuocere troppo a lungo, il liquido si deve semplicemente addensare. Nel frattempo cuocere i tortellini. Scolarli e condirli con il sugo, spolverare con l'erba cipollina e servire.

P.S. La ricetta è quella classica, l'unico tocco moderno è l'aggiunta dell'erba cipollina. Potete anche non aggiungerla.  Io non metto il parmigiano, ma se vi piace potete farlo. Preferisco i tortellini meno saporiti, all'arrosto per esempio piuttosto che quelli al prosciutto crudo che hanno un sapore troppo deciso per il sugo. 

lunedì 2 maggio 2011

IL PRANZO DELLA DOMENICA

La mia famiglia non è tanto diversa da tutte le famiglie del mondo. Abbiamo i nostri riti, le nostre tradizioni, i nostri ricordi, le nostre gaffes che ci fanno ridere o piangere, in esclusiva, gli altri non capirebbero.  Sono cose uniche e solo nostre, ma con tutte le famiglie del mondo condividiamo il pranzo della domenica. Non vi è casa tradizionale, di quelle cresciute negli anni sessanta e settanta, nella quale non ci sia stato l'amato-odiato "ilpranzodelladomenica",  tutto attaccato detto in un fiato. Un momento conviviale della famiglia con tutti gli annessi e connessi del caso: gelosie, liti, riappacificazioni, nuove liti e abbracci conseguenti, pianti, aneddotti. Ricordo molto bene i nostri pranzi, prima con tutti e due i nonni e poi, più avanti, solo con il nonno. Quelli con il nonno li ho più vividi nella mente, forse perché ero più grande.
Quando ero al liceo detestavo la domenica, un giorno di ozio e noia trascorso con i genitori. Durante la settimana avevo i miei appuntamenti, le mie amicizie, lo studio, ferveva l'attività, insomma. A causa del pranzo della domenica dovevo stare a casa. Allora dormivo fino a tardissimo, aprivo gli occhi non prima delle undici. Mio nonno prendeva la sua cinquecento e arrivava a casa verso le dieci e mezza. Prima era passato in pasticceria a comprare un cabaret di paste, sempre le stesse, scelte secondo i gusti della famiglia: bigné al cioccolato per me, cannoncini per lui, paste alla panna per mio padre e crostatine di frutta per mia madre. Tre a testa, di cui una poteva essere scambiato per un altro gusto. Mio nonno, un uomo molto serio e poco dedito alle spiritosaggini si divertiva un mondo a scambiare i cannoncini con altre paste. Ogni settimana un sapore e, via, ricominciando quando aveva finito il suo giro. Gli piaceva andare a comprare le paste, portarle e consegnarle solennemente a mia madre. Dopo avere consegnato il pacchetto avvolto nella carta azzurro e oro della pasticceria, veniva a bussare alla mia porta. Aveva voglia di vedermi da subito così gli avrei raccontato come andava la scuola, come procedeva la mia vita e tutte quelle cose che i nonni adorano sentire dai nipoti. Bussava e apriva la porta al mio mugugnare frasi sconnesse "Allora non t'alzi?" chiedeva. Nontalzi, sembrava dire, univa la "t "e la "a" come se fossero saldate insieme alla nascita. Io non reagivo e stavo sotto le coperte. Dopo cinque minuti tornava e chiedeva "Allora non t'alzi?" e così iniziava una litania che andava avanti finché io, rassegnata, mettevo il piede per terra e mi degnavo di dargli il buongiorno. Dopo chiacchieravamo a lungo, quando diventai più grande prendevamo l'aperitivo insieme, allora, lui aveva cominciato a comprare un cabaret di salatini insieme a quello delle paste. Mezzo bicchiere di vino bianco e salatini alla pizza, ancora adesso un abbinamento che adoro. Poi, quando ero al terzo anno di università i pranzi della domenica sono finiti e io ho cominciato a mangiare i cannoncini alla crema, ma mai di domenica.

SALATINI ALLA PIZZA 

300 grammi di pasta sfoglia - 500 gr di pomodori maturi - 1 mozzarella - origano secco

Sbollentare i pomodori in acqua per un minuto e pelarli. Tagliarli a dadini e farli andare in padella con un cucchiaio d'olio giusto il tempo che la salsa si restringa leggermente. Salare poco prima di spegnere il fuoco. Tagliare a dadini regolari la mozzarella. Stendere la pasta sfoglia e, con un tagliapasta, tagliare dei rotondi di 5 cm di diametro. Premere leggermente al centro e mettere un po' di salsa, un dadino di mozzarella e un pizzico d'origano. Continuare fino all'esaurimento della pasta. Disporre le pizzette sulla placca del forno. Infornare a 200 gradi finché non sono dorati.

P.S. Se siete cuochi appassionati, o semplicemnte eroici, fate voi la pasta sfoglia. Un lavoro un po' lungo, ma di grande soddisfazione. Altrimenti... compratela fatta. 

domenica 1 maggio 2011