martedì 25 giugno 2013

VARIAZIONI SUL TEMA ESTATE A PORTO


"Che tempo fa da te?" chiedeva una voce femminile al telefono.
"Cielo sereno, sole e un caldino gradevole" rispondevo io serafica.
"Qui, per come la vedo io, se la vedessi veramente, è tempo di polenta e salsiccia".


Il cielo terso delle mie parti era proprio terso, di un magnifico blu solcato di nubi bianche e pannose. Informarsi sul tempo è un grande classico quando due persone sono lontane. Da voi che tempo fa? Bello, brutto, freddo, caldo, cielo magnifico, cielo plumbeo, grigio, chiaro o scuro, nuvolo, velato; cielo azzurro, celeste, blu cobalto, trasparente; foschia, nebbia, pioggia, neve; afa, temperatura africana, freddo polare, freschino; autunno, foglie gialle giù, cielo grigio su; estate, solleone, sete, sudore; primavera, germogli, fiori sbocciati, pioggerellina, piacevole brividino;  inverno, ghiaccio, nevischio, pioggia scrosciante, mani gelate. Sono alcune delle risposte che si ricevono quando si telefona e si parla con un'amica o un'amico lontani, o al massimo se sono inglesi. Informarsi sul tempo quando ci si parla vis à vis è tremendamente britannico. Spesso gli amici sono molto lontani, talmente lontani da essere in un emisfero diverso, chi sta nell'emisfero australe, chi sta nell'emisfero boreale, da una parte inverno, dall'altra estate; amici talmente lontani che il clima diventa continentale, tropicale, equatoriale e i commenti possono diventare disquisizioni che impegnano minuti di una preziosa telefonata.
Ma quella conversazione, quella della polenta e salsiccia, era speciale. Molto speciale. Succedeva spesso che ci sentissimo,  Claudia e io, se non tutti i giorni, quasi. Ci telefonavamo per scambiarci le previsioni del tempo, ci chiedevamo se tirava vento o se non si muovesse foglia. Era normale, spesso se da  Claudia c'era un bel vento battente, da me c'era calma piatta. Se da me faceva bello, da lei sovente era nebbioso. Ci telefonavamo di mattina, un po' sul presto perché così potevamo organizzare la giornata. Soprattutto nel mese di agosto. Da me faceva bello e sereno, una giornata da insalata greca e birretta gelata; da lei autunno inoltrato, nebbia e clima da polenta fumante con salsiccia sugosa e calda. Vivevamo in due  mondi diversi, qualcuno si chiederà se anche gli emisferi fossero diversi. No, non lo erano. Paesi diversi, magari. Assolutamente no. E nemmeno una che stava in montagna e l'altra al mare. Vivevamo nello stesso paese, nella stessa città. Si. Si. Si. Non mento. Il paese era il Portogallo, la città era Porto (Oporto) il quartiere, ecco, in effetti i quartieri erano diversi. Claudia, viveva in riva al mare, a Foz, io vivevo in centro, a Boa Vista. C'erano dei giorni di agosto che a Boa Vista era piena estate, a Foz inverno. Lì, sul mare, si alzava una fitta nebbia, di quelle che ricordano il film "Fog", quello dove all'improvviso tutto scompare inghiottito dalla nebbia assassina. Ecco quella nebbia. Tutto cessava di esistere, ma soprattutto l'estate. Partivano le sirene di avvertimento per le navi in transito, l'aria era umida, fredda, il sole spento, l'inverno palpabile come uno zucchero filato, quello zucchero che avvolgeva il terrazzo di Claudia, che si preparava a mettere su la pentola di rame con la polenta. Appena decideva di passare la giornata col camino acceso, un bicchiere di rosso in una mano, il piatto colmo di solare, gialla polenta grondante di sugo con la salsiccia, ristabiliva l'ordine delle cose telefonandomi. Da me, che distavo forse tre chilomentri in linea d'aria, era estate, un'estate non troppo calda, bisogna essere sinceri. Quel tepore che dalle nostre parti ci accarezza la pelle verso maggio, ecco a Porto quello era il tempo di Ferragosto. Squillava il telefono e io sapevo, sapevo chi era e che cosa voleva. Dopo la risposta di rito, certo amica mia da me è estate, la parola d'ordine era "Spiaggia". Allora e solo allora subentrava la questione spiaggia. Una questione non da poco.
Le spiagge di Porto e delle zone limitrofe sono bellissime, lunghe, sabbiose, di quella sabbia bianca, un po' grossa, con le conchiglie, sono costellate di scogli a filo d'acqua che è di un blu intenso e accattivante. Una cartolina. Sono belle, larghe, spaziose. Ventose, molto ventose. Se si vuol trascorrere la giornata al mare in tutta tranquillità, senza uscire smerigliato come se qualcuno avesse strofinato la carta vetro su tutto il corpo; se si desidera non essere molestato da granelli inopportuni che si ficcano nelle orecchie, nel naso, nella bocca, in ordine sparso, eppure decisamente mirato; se non si vuole avere la parte di corpo esposta al vento, gelata, e l'altra rovente. Ecco se non si vuole che accadano tutte queste cose insieme, in contemporanea, e per tutto il giorno, è necessario prendere provvedimenti. I provvedimenti consistono in magnifici frangivento orizzontali, spesso a deliziose strisce bianche e blu, che si posizionano in direzione del vento e che proteggono i bagnanti dalle potenti brezze battenti e birichine. Ecco, una volta montato l'oggetto è possibile sdraiarsi al  sole e, protetti dalle folate sempre un po' freschine, godere del tepore dei raggi, di quel tepore che mano a mano che passano i minuti diventa un caldo infernale, perché senza il vento, così riparati, il sole è pur sempre quello di agosto. Allora si comincia ad avere caldo, a desiderare di rinfrescarsi con un delizioso bagno nell'acqua fresca. Ecco, nel preciso istante in cui ci si avvia verso l'Oceano, quell'Atlantico che dall'altra parte ha l'America, quell'America che ha la testa nel freddo del Polo Nord, la pancia al caldo dei Caraibi, e i piedi di nuovo al freddo, questa volta del Polo Sud, proprio in quell'Atlantico, si capisce cosa sono le variazioni climatiche. L'acqua del Portogallo del nord trae ispirazione dalla testa e dai piedi dell'America, e regala temperature di acqua da Poli, Nord o Sud che siano. Quando il corpo rosolato sotto ai raggi del sole, passa attraverso il venticello fresco prima di arrivare sulla battigia e poi, quando i piedi saggiano la temperatura dell'acqua la rivelazione è istantanea. Ghiaccio, quasi solido, come fosse appena uscito dal freezer. Il freddo parte dai piedi e arriva al cervello in un nano secondo, lasciando una sensazione di desolante impotenza. Quei piedi restano in acqua il tempo necessario a diventare bluette e insensibili, il tempo che il cervello comunichi al corpo la rinuncia al bagno refrigerante. Quello stesso corpo che torna mogio, mogio verso il rifugio del frangivento per ripetere all'infinito la scena della passeggiata sulla battigia. Ovviamente non senza prima aver saggiato la brezza che batte sul piede intorpidito dal contatto con l'acqua gelida.
E' per quello che quando alla mattina Claudia chiamava per chiedere se faceva bello, una volta su due la parola d'ordine non era spiaggia, ma piscina. Una piscina protetta dai venti, dai ghiacci, dalle sabbie, un pozza dove si poteva fare il bagno nell'acqua discretamente tiepida. In zona Boavista, ovviamente dove regnava l'estate. L'altra opzione, l'alternativa alla piscina, era polenta e salsiccia, grondante grasso, inverno e calore, avvolte dal tepore della casa e da un bicchiere di vino rosso. Guardando fuori, verso la nebbia e le sirene che avvertivano le navi della scarsa visibilità. E la chiamano estate.

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