martedì 22 maggio 2012

DUE INDIANA JONES A CALTABELLOTTA

Caltabellotta (immagine da Internet)
Due studentesse un po' annoiate stavano sdraiate sulla spiaggia. Era la settimana subito dopo Ferragosto e, in effetti, ne avevano avuto abbastanza di abbronzarsi e nuotare nelle acque mai troppo calde del mare blu cobalto che bagna Sciacca. Tra un libro e una chiacchiera si erano ripromesse di non passare il giorno dopo in rilassante ozio, ma di partire verso luoghi dove vivere avventure che senz'altro avrebbero assunto un sapore epico. Negli anni avevano già visitato la zona in lungo e in largo, non avevano lasciato inesplorato nessun angolo, nessun anfratto, nessun monumento. Una di loro due era cresciuta da quelle parti, e continuava a tornare tutte le estati, l'altra l'accompagnava da qualche anno. Non appena possibile la fuga in Sicilia era diventata essenziale per sopravvivere ai rigidi inverni del Nord, per entrambe. Il sole, il sale, l'acqua fredda dovuta alle correnti particolari, il cibo, la bellezza del paesaggio che ti riempiva gli occhi, la terra arsa e punteggiata dai fichi d'india, insomma l'estate, quella che ti ricordi quando la neve o la nebbia fanno da tendina alla tua finestra.
Gli ultimi giorni li avevano trascorsi coi piedi in ammollo e le facce immerse nelle pagine dei loro libri. Troppa quiete, anche per loro. Che si fa? Dove andiamo? La serata era trascorsa tra una chiacchiera e una decisione da prendere. Il posto non doveva essere troppo lontano, doveva avere fascino, e soprattutto non dovevano essereci state prima. Un posto così, che soddisfacesse tutte e tre le esigenze, non esisteva, se non ci erano state era perché era lontano; se ci erano state, ci erano state troppe volte; se aveva fascino ci erano già state o era lontano. Insomma si erano trovate in un loop infinito di luoghi e cose già viste, già fatte. Poi l'illuminazione, lì proprio, lì non ci siamo mai state. E perché lì non ci siamo ancora state? Incerte della loro sanità mentale, insomma un posto vicino, fascinoso e mai visto. Percbé, perché non ci erano state. Avevano perso una discreta quantità di tempo a porsi l'interrogativo, ma tanto erano giovani e il tempo abbondava. Alla fine si erano decise. Il giorno dopo avrebbero preso la macchina e si sarebbero avventurate su, verso Caltabellotta.
La partenza era stata di quelle normali, mica andavano a scalare l'Himalaya. La giornata non era delle più belle, grosse nuvole grigie si gonfiavano sul mare e minacciavano un temporale memorabile. Non sarebbero state tre piccole, misere nuvole a fermare le Indiana Jones della Trinacria. A bordo di una Fiesta bianca, non nuovissima, ma molto dignitosa, erano partite verso la loro avventura. Su per la strada dai tornanti stretti. Su, su in mezzo alla natura selvaggia e alle rocce grigie. Su, lontano dal mare ma dove il salmastro si sente ancora. Su, su, su, in mezzo a campi fertili e picchi fatati. Piano per godersi il panorama, lente per chiacchierare di più. Mano a mano che si saliva la temperatura cambiava. L'aria si faceva più fina, le nubi più spesse, i loro sandali e camicetta inutili e leggeri, ma si sa, erano giovani, e i giovani non sentono freddo. Poi, all'improvvisono eccolo lì, un presepe fatato che si arrampica sotto al Pizzo, la roccia che gli fa da sfondo. Caltabellotta in tutta la sua inespugnabile bellezza. Un paese in verticale, come ce ne sono tanti in Italia, un paese dove senz'altro nei tempi passati possedere un asino o un mulo era un privilegio unico, uno dei due ti avrebbe portato in groppa fino in cima al paese, col minimo sforzo. Le due balde ragazze erano decise a sfruttare al meglio la loro gita, una bella passeggiata avrebbe permesso loro di conoscere il paese. Dopo mezz'ora di passi uno davanti all'altro per le vie del paese, il vento freddo portato dalle nubi di tempesta ebbe la meglio su di loro. Indiana Jones avrebbe sfidato una tempesta di neve per andare a caccia del tesoro, loro non avevano la sua sahariana. Si sarebbero ritirate in buon ordine e averebbero visitato il paese un altro giorno. All'improvviso ebbero l'idea, ma certo, come non averci pensato prima. Visitiamolo in macchina, ci saranno delle vie aperte alle auto ovviamente. Si sentivano come due grandi esperte di avventura.
Allora, le due si erano infilate nel calduccio della bianca utilitaria pronte a una visita superficiale, ma che avrebbe soddisfatto la loro curiosità. Intanto il tempo era passato e il pomeriggio si era fatto tardo, essendo estete però la luce era ancora brillante, nonostante la scura nuvolalglia. Ingranata la prima si erano avventurate giù per la prima discesa tra viuzze strette e case antiche. Gira a destra, gira a sinistra, ma guarda che bella quella casa, ti pare brutto quel balcone con quei fiori, ma che magnifico portone. Erano soddisfatte, molto soddisfatte. Poi in fondo all'ennesima discesa una scalinata, di quelle antiche coi gradini bassi, bassi, larghi, larghi, tutte di pietra; un muro alla destra della scalinata, una viuzza troppo stretta per passare con la macchina a sinistra. Incastrate. Si erano incastrate nel cuore di Caltabellotta. Intorno a loro un dedalo di vie, il motore acceso ronfava sornione e loro non sapevano cosa fare. Ovvio, tornare sui loro passi. Si, ma come? Già, come? La via stretta non aiutava nella manovra, il muro era un diescreto ostacolo e la scalinata, la scalinata era orribilmente ripida. Ok, dormiamo qui questa notte, dormiamo qui, e domani ci facciamo mandare una gru. Già, questo era stato il loro pensiero, brillante. L'epoca dei telefoni mobili era appena cominciata, e loro non erano abbastanza danarose da poterne mettere uno a loro spese sull'utilitaria di famiglia. L'eventuale gru, pensiero assurdo, come sarebbe venuta, se mai fossero riuscite a chiamarla? Non passava nessuno, il paese pareva completamente, desolatamente disabitato. Facciamo manovra? Il tempo passava mentre cercavano di prendere una decisione sensata, oltre l'insensatezza del dormire in loco. Alla fine, decisero di essere coraggiose e, cantando a bocca chiusa la colonna sonora di Indiana Jones, cominciarono una manovra suicida. Tatarata-tata-tatarata-tata. Punta il muso della macchina sul bordo della scalinata, gira il volante di un millimetro e punta verso la viuzza, stretta ma larga a sufficienza per fare manovra. Punta il sedere della macchina verso il muro, gira il volante quel tanto che basta da far spostare la macchina di un millimetro. Punta il muso, frena, gira il volante, frena, punta il sedere, gira il volante, frena. Tra una girata e una frenata, un millimetro per volta, perché quello era lo spazio massimo di manovra concesso, la macchina piano piano si girava. Si è sfiorato il dramma quando la macchiana si è trovata in diagonale tra il muro, lo spigolo della casa sulla scalinata e la viuzza. Una sorta di: in bilico sul precipizio con il ponte tibetano che si sta rompendo. Ancora Indiana Jones. Tatarata-tata-tatarata-tata. Il tempo passava, non compariva anima viva e loro erano oramai madide di sudore nello sforzo quasi fisico di girare la macchina incastrata. Piano, piano, alle porte della notte finalmente la macchina si è trovata nella posizione opposta a quella originaria. L'odore di freni in tensione permeava l'aria, il rumore del motore imballato risuonava tra le pareti della stretta via, il loro respiro corto condito di risolini nervosi sovrastava il tutto. Un attimo di pausa prima di ingranare la prima e partire. Manovra fatale, l'auto si lascia andare indietro e cade oltre il primo gradino della scalinata. Orrore. Tragedia. Solo un istante, un attimo di esitazione e alla fine le ragazze hanno ingranato la prima, saltato il gradino con un balzo meccanico e sono salite su per la viuzza stretta. Orgogliose. Fiere. Tatarata-tata-tatarata-tata.Un momento, uno strano rumore sale dal motore. No, però, non dal motore, sembra dalle gomme. Un cigolio insistente, gnec-gnec-gneeeec, e la macchina che si muove come se fosse zoppa. Un po' su, un po' giù. Un po' sbanda, un po' no. Un rumore che non promette nulla di buono.
Così, le ragazze hanno intrapreso la strada del ritorno, traballanti, cigolanti, con l'odore di freni ancora nelle narici. Ad un certo punto, fuori dal paese si sono girate e hanno visto Caltabellotta illuminata nella luce cupa dell'imbrunire. Tante piccole lucine a tempestare le case nel crepuscolo, come minuscole stelle brillanti. Come se le case fossero abitate da qualcuno. Le case sono abitate? Non da esseri umani, chissà, magari da qualche fata, perché esseri umani le ragazze non ne hanno visti quel pomeriggio. Un'immagine magica, un presepe fuori stagione, un istante prima del potente scroscio di pioggia promesso dalle nubi per tutto la giornata. E le ragazze sono partite verso il mare, nell'auto traballante e cigolante, a passo d'uomo, per paura di rimanere a piedi nella notte buia e tempestosa. Ovviamente canticchiando a bocca chiusa la colonna sonora di Indiana Jones. Tatarata-tata-tatarata-tata.

P.S. Arrivate a casa attorno alle dieci di sera le ragazze hanno entrambe ricevuto una lavata di capo da manuale, di quelle che non si scordano nemmeno dopo molti anni. Non sono state mandate a letto senza cena, ma poco ci è mancato. Il giorno dopo il meccanico ha decretato la morte dell'auto, troppo stressata dall'avventura sulla scala. La cosa più sana era la coppa dell'olio rotta. Non male per un'avventura dal sapore epico. Tatarata-tata-tatarata-tata.

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