martedì 3 luglio 2012

L'ODORE DELL'ESTATE

L'odore dell'estate, non ho ancora sentito nessuno parlarne eppure io ne sono ossessionata. In realtà sono ossessionata da tutti gli odori, i profumi e le puzze. Forse il gusto è il mio senso più sviluppato, seguito a ruota dall'olfatto. Non potrei stare in cucina altrimenti. Negli anni ho notato leggere modifiche, una sorta di adattamento all'ambiente e, forse, ultimamente mi pare che l'odorato si sia leggermente affievolito. Forse il mio parco odori è talmente saturo da decidere che ne ha abbastanza o forse è subentrata la mancanza di nuove esperienze olfattive. Chi lo sa. Però l'odore dell'estate lo sento sempre. In città, al mare, al lago, in montagna non so, la frequento poco d'estate. Però non è vero, a pensarci bene forse lo ricordo l'odore della montagna. Quello è il luogo di vacanza da bambina, allora lì si che sentivo i profumi. Se chiudo gli occhi riesco a ricordare nell'ordine: erba falciata, cacca di mucca, latte fresco, mirtilli schiacciati, funghi appena raccolti da mia mamma e quel particolare odore che avevano le caramelle che mio nonno toglieva dalla tasca alla fine della giornata. Erano sempre le stesse: le Krem liquirizia della Elah, ne tirava fuori due e me le dava mentre portavamo a passeggio i cani al tramonto, subito prima di cena. Mio nonno era alto, brizzolato, con il viso marcato da zigomi alti e naso affilato, gli occhi verdi a volte emanavano temutissimi lampi, lampi che non erano destinati a me. Era piuttosto bello, e giovane, perché si era sposato ragazzo e aveva avuto figli presto. Mi ha introdotto al gusto proibito delle caramelle prima di cena: liquirizia che sapeva di mou, questo era l'odore del peccato durante l'estate in montagna. Mio nonno mi passava le caramelle in silenzio, non è mai stato uomo di tante parole, ne scartava una anche lui e se la succhiava beato. Poi accendeva una sigaretta, perché all'epoca usava così, si fumava e in pochi sapevano che faceva male. Avevo dimenticato l'odore dell'estate in montagna, l'ho ritrovato in questa occasione. Bene.
L'estate al mare odora di tante cose. Ovvio e banale è l'odore del mare durante una mareggiata. Le onde che si frangono spumose e bianche sanno di sale, ma forse anche di brezza, perché se ci fate caso la brezza del mare ha un odore tutto suo, un misto di erba, pesce e scoglio. Sì, gli scogli hanno un odore tutto loro, bisogna provare ad annusarne uno per capire qual è. Io ci trovo quello delle alghe, della pietra, della patella che ci sta attaccata. Odori un po' astratti, senza una vera base logica, un po' come l'odore che ha il mare al largo. Il mare ha un profumo particolare al largo, dove non c'è terra in vista e il blu è più profondo. Quando una barca a vela gonfia le vele e scivola silenziosa, tranne per il rumore delle sartie, sotto le folate del vento, il mare sa di qualcosa di strano. Non è più il mare ma un'entità astratta e ognuno coglie la sua essenza come meglio crede. Per me è quel profumo che è l'assenza di odore. Ovvio che bisogna andare a vela, in barca a motore si finisce per sentire la puzza del carburante.
Forse qualcuno ricorda l'odore che aveva l'olio solare della Coppertone, dolcissimo, di cocco e fiori esotici. Non si può dimenticare tanto era invadente. I profumi delle creme e degli oli solari hanno punteggiato varie stagioni estive della nostra vita. Le prime Ambre Solaire, con la loro confezione arancio e il profumo di fiori e benzina; la famigerata Eutra, una sorta di vaselina cristallina che gli svizzeri usavano per ungere le tette delle vacche e che ha provocato ustioni a tutte le adolescenti del pianeta, che sapeva di petrolio e unguento per bambin dai sederi arrossati; la Nivea, bianca, come dice il nome, pastosa, con quel suo odore di pulito e lindo, di Signorina Else, la prosperosa tata tedesca per eccellenza, che spalmata in abbondati dosi ha rifinito la mia abbronzatura selvaggia per anni, fino a quando si è scoperto che la pelle andava protetta. Adesso le creme sanno di farmacia, di aspirina, antibiotico e non profumano più di quegli aromi artificialissimi, magnifici e allo stesso tempo repellenti, che servivano ad attirare tutti gli insetti del circondario. A proposito di insetti sappiamo tutti che è arrivata l'estate, sin dalla nostra infanzia, quando le nostri narici sono stimolate dalla puzza di zampirone. Ah, magnifico zampirone, rude e puzzolente, ora quasi soppiantato dalla scicchissima, profumatissima,  citronella. Poi l'estate sa di cabina.
Le cabine hanno un odore speciale, una fragranza tra il pino, l'olio di oliva, la margherita e l'eucaliptus. Sanno proprio di cabina, non ci si può sbagliare. Mi ricordo che ho baciato un ragazzo che mi piaceva molto, verso i sedici anni, dentro ad una cabina che odorava proprio di cabina. Se sento quell'odore lo associo a lui, a Dario, diciasette anni e un apparecchio per i denti, un profilo greco e di carattere ombroso. Nelle giornate di temporale mi portava sulla sua Vespa in giro per l'entroterra ligure, a mangiare zabaione con le bugie. Ecco, l'odore del temporale estivo che arriva dal mare, un misto di acqua salata e dolce, di polvere, e di pietre bagnate, di fine estate con il magliocino sulle spalle.  Ricordo, oggi non è più così, che il temporale estivo arrivava all'improvviso, le nubi correvano e si attaccavano una all'altra, sempre più grigie e scure. Poi, il primo scroscio preceduto da un lampo e un tuono. Gocce grosse, pioggia tamburellante sopra al tetto del ristorante, le canne che si muovevano e quell'odore pazzesco che ti riempiva le narici. Il temporale arrivava, si fermava e poi tornava. Tre ondate. Alla fine lasciva l'aria tesa, lucida e pulita. Noi inforcavamo la Vespa e andavamo su per le strade piene di curve. Apricale e le bugie ci aspettavano. L'asfalto riluceva bagnato, le pozzanghere ci spruzzavano quando ci passavamo sopra, eravamo senza casco, coi capelli al vento, ignari di ogni pericolo, pronti a qualsiasi sfida. L'odore dell'asfalto bagnato sa di quei giorni, di quei baci metallici, di quello zabaione a metà pomeriggio, di quell'adolescenza che è una malattia esantematica, come il morbillo: la prendi una volta e poi non la prendi più. Beh, almeno per la maggior parte di noi.

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