mercoledì 11 luglio 2012

UN INCONTRO CASUALE AL NORD


Andrea passeggiava per le vie di quella città piena di canali, guardava minuscole imbarcazioni colorate solcare le acque appena increspate dai motori. Osservava i passanti camminare con andatura pigra nel sole di primavera, alcune ragazze bionde come il grano ridevano di qualche cosa, forse una battuta divertente. Andrea assaporava ogni attimo della sua passeggiata, beveva l'atmosfera nordica e che lo avvolgeva come un delicato vortice. Inalava l'odore dell'acqua che virava leggermente al marcio, ma le sue narici associavano quella leggera puzza al paradiso. Si sentiva libero, sì l’acqua putrida era l’odore della libertà, una strana associazione in effetti. Le case medievali di mattoni scuri con le finestre decorate gli ricordarono che quella città aveva una storia fatta di mercanti e ladri, pittori e ciarlatani, di povera gente vestita di stracci e di nobili signori avvolti in tessuti sontuosi. Ogni mattone portava il segno di un momento storico, ogni passo echeggiava di navi che partivano verso le colonie alla ricerca di spezie e tesori. Anche lui cercava qualcosa, non sapeva nemmeno lui cosa, forse un sogno, forse semplicemente un’emozione. Una uomo in bicicletta sfrecciava silenzioso, un uccello batteva le ali prima di alzarsi in volo, due biciclette stavano appoggiate ad un ponte, solitarie, ma non tristi e lui bighellonava a piedi in quella città popolata di due ruote, bighellonava senza una meta precisa, perso nei sui pensieri. 
Così erano passate le ore, era arrivato il tramonto e, mentre Andrea era alla ricerca di ricordi che gli scaldassero il cuore nei momenti di tristezza, gli ultimi raggi del sole si riflettevano sull'acqua dandole un colore argentato, sfavillante, simile ai diamanti. L'aria era diventata fine e frizzante e un brivido leggero aveva percorso il corpo di Andrea, ecco che era comparso un maglione color cane che fugge. Un leggero borbottio dello stomaco gli aveva ricordato che non mangiava dall'ora di pranzo, un pranzo abbondante e delizioso, allora aveva comprato un cartoccio di patatine fritte direttamente dal baracchino sul bordo della strada e al bar aveva ordinato una birra. Seduto al tavolino che guardava la piazza mangiava una patatina, unta, salata e deliziosa, prendeva un sorso di birra, fresca, amarognola, profumata, poi ancora una patatina, Andrea la immergeva nel monterozzo di maionese, gustava ogni boccone con lenta consapevolezza, e ancora un sorso di birra. Intorno a lui i tavolini erano pieni di gente che rideva, chiacchierava e viveva. Lui gustava ogni attimo, assorbiva l'allegria, si inebriava di sorrisi e risate, di belle sensazioni e le sue tristezze si dissipavano, piano piano si scioglievano nella radente luce del tramonto. Il crepuscolo lo aveva sorpreso, la notte era arrivata piano ma inesorabile, tardi, come succede nelle città del Nord d'estate. Come una Cenerentola a cui scade il tempo della carrozza anche per lui era ara giunta l’ora di tornare verso l'albergo. Una svolta a destra, poi a sinistra, e dopo ancora a destra. Si era perso, perso nel suo mondo, nei suoi pensieri, perso nella città. Aveva deciso di lasciar fare al suo istinto, che lo potasse dove volesse e quel simpatico dell’istinto lo aveva portato in una strada quasi buia, piena di negozietti piccoli e con le vetrine poco illuminate. Andrea guardava, scrutava, sbirciava, curioso, poi aveva visto qualcosa che aveva attirato la sua attenzione. Una vetrina con la luce fioca e giallognola, al centro stava lei vellutata, scura, sensuale. Appariva voluttuosa come un morbida seta, persistente come un profumo orientale, golosa come una bambina che mangia il gelato. Se ne innamorò immediatamente ed incondizionatamente. La porta del negozio era chiusa. Fu un attimo annotare l'indirizzo. Ci torno domani, si era detto.  Mentre rientrava in albergo non riusciva a smettere di pensare a lei, gli era sembrata una visione da mille ed una notte, da film d'autore, da sogno, sogno vero. Era preso da una strana frenesia, sedotto ed intrigato, sentiva il sangue pompare nelle vene, bollire come l’olio che frigge le patatine. Si immaginava mentre la toccava e la mordeva voluttuosamente, pensava come poter assaporare ogni suo centimetro lentamente, sensualmente. Cercava di immaginare quale potesse essere il suo sapore, quale fosse il suo profumo, che sensazioni avrebbe provato al momento dell'incontro. Tornato in albergo si rigirava nel letto, tutto preso dai pensieri che galoppavano nella sua testa come cavalli da corsa, i loro manti avevano il suo colore: scuro e lucido, quasi croccante. L’alba lo aveva lo aveva colto dopo una notte quasi insonne. Si era alzato indolenzito, gli occhi stanchi privati di sonno, i muscoli tesi dall’ansia. Una rapida e frugale colazione lo aveva riconciliato col mondo esterno. Era pronto per incontrarla. Ripercorse a ritroso la strada fatta la sera precedente. Il suo passo era svelto, ma non troppo per prolungare il piacere dell'attesa, che quando si è innamorati è la cosa più bella. Anzi, arrivato vicino alla via dove si trovava lei, aveva rallentato decisamente. La immaginava lì, morbida al centro della vetrina sotto al pallido sole della mattina. Bella e sensuale, dolce e voluttuosa. Ecco il negozio, ecco la vetrina. Lei era ancora lì, dove l'aveva vista, non era stata inghiottita dall'alba come una fata dei boschi. Era uguale a come l'aveva lasciata: vellutata, scura e sensuale, con un'aria di tranquilla e pacata voluttà. Lo invitava ad entrare, birichina. Lei lo aspettava nella sua ammiccante morbidezza e lui era inebriato dalla quella follia ingenua che lo aveva avvolto la sera precedente e non la aveva più abbandonato. Dopo averla ammirata e rimirata a lungo, finalmente si era deciso. La mano tesa sulla maniglia alla fine aveva aperto la porta, il dolce tintinnio di un campanello aveva avvertito della presenza di un cliente. Una signora non più giovane, vestita con sobria eleganza, si era presentata. Il suo sorriso chiedeva  “In cosa posso servirla?”.  Andrea si era diretto verso la vetrina, la signora si era avvicinata sorridendo e dalla vetrina climatizzata aveva preso lei: vellutata, scura e sensuale, la più bella torta al cioccolato che Andrea avesse mai visto.

P.S. Contrariamente alla tradizione questa settimana pubblico un racconto di fantasia e non frutto di un'esperienza personale. Il racconto è dedicato ad un paese che amo e dove sono cresciuta. Le avventure in giro per il mondo continueranno nelle prossime settimane. NeZ

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