lunedì 9 maggio 2011

DUE SPAGHI A LONDRA

Ho vissuto a Londra per sei mesi quando ero all'università. Non erano i tempi dell'Erasmus, con le frontiere aperte e scambi culturali veloci e frequenti. Sono della generazione subito a ridosso, ci è mancato poco, giusto un sospiro di delusione. I miei coetanei dovevano industriarsi per imparare una lingua vivendo nella nazione di cui avevano scelto di imitare l'accento. C'era chi faceva le vacanze studio estive nei vari college sparsi per l'Inghilterra o negli Stati Uniti, con risultati spesso terribili; altri andavano a fare i camerieri o i plongeur (francese per lavapiatti, non lo trovate immesamente più chic?) nei ristoranti di Londra o di Brighton,; altri ancora, i più privilegiati, parlavano la lingua dalla nascita per via di tate e signorine au pair. Io ero stata fortunata, grazie ad un amico dei miei genitori, avevo trovato lavoro come grafico pubblicitario in uno studio di Covent Garden a Londra. Mi sentivo divina.  Il lavoro si era rivelato di alto profilo e consisteva nel portare i caffè, pulire le cartacce dalle scrivanie (ai tempi un grafico da solo produceva tanta cartaccia da riempire un TIR gigante, nel mio studio ce n'erano quattro) e rispondere al telefono. Il giorno che mi hanno assegnato un lavoro di grafica non mi è parso vero, erano passati tre noiosi mesi di caffè, cartacce e telefonate, dovevo fare uno striscione per un meeting di autocoscienza. Fa-vo-lo-so. Mi pagavano pochissimo e per arrotondare facevo la baby sitter a tre mocciosi insopportabili e urlanti. Continuavo a sentirmi divina, però. L'ambiente lavorativo era divertentissimo. Londra all'epoca era divertentissima, come lo è oggi, come lo sarà domani e sempre. Uscivo tutte le sere, bevevo birra tiepida, andavo a sentire musica, bazzicavo locali più o meno ambigui e frequentati da ragazzi agghindati come maitresse sado-maso. Bevevo poco, non mi piaceva  la birra tiepida e per risparmiare avevo ridotto la quantità di sigarette fumate, accendevo solo dopo il primo bicchiere alla sera e ne fumavo altre tre. Le sigarette erano carissime e io, non lo sapevo, ponevo le basi per una vita virtuosa, ma gustosa. Niente sigarette e molto vino al posto della birra. Mangiavo pochissimo perché preferivo spendere i soldi in dischi , cinema e uscite. Avevo vent'anni e avrei vissuto per sei mesi a Londra. Me la godevo alla grande. Mi sentivo divina.
Una sera dopo il pub alcuni amici mi invitano a cena, una vera manna. "C'mon italiana tu che conosci senz'altro la ricetta, facci una pasta alla carbonara come l'abbiamo mangiata a Roma l'anno scorso" dice uno dei ragazzi, biondino cogli occhi azzurri, il più carino e che mi sarebbe tanto piaciuto impressionare. "But of course. Ma certo!" ho esclamato disinvolta e sorridente "Andiamo da Sainsbury's a fare la spesa". L'operazione era preceduta dalla colletta per l'acquisto del necessario per l'esecuzione di una carbonara coi fiocchi. Bacon (vabbè, siamo a Londra e si trova solo il bacon), uova, salvia, pepe, parmigiano (oggi so, ci vuole il pecorino), spaghetti. Arriviamo a casa e qualcuno mette sul fuoco l'acqua per la pasta. Io comincio ad armeggiare con gli ingredienti pensando ai gesti che faceva mia madre in cucina. Non avevo mai fatto una carbonara in tutta la mia breve vita ed ero nel periodo che mai avrei ammesso di non saper fare una cosa. Piuttosto morta. Quindi ho iniziato. Taglia il bacon a dadini, ok fatto. Sbatti le uova con il parmigiano, ok fatto. Metti il bacon a soffriggere con un po' d'olio, metti la salvia. Perfetto. Butta gli spaghetti. Quasi cotti. Metti le uova sbattute dentro al padellino. Si rapprendono, perché? Perché QUELLE DI MIA MAMMA non si rapprendono? Aiuto, che faccio? Con il cucchiaio di legno comincio a raspare il fondo della padella. Scolo la pasta, ci verso mezza bottiglia d'olio, sicura che nessuno mi stia guardando, e la condisco con gli scrambled eggs, le uova strapazzate. Servo. Non mi sentivo affatto divina. "Non è lo stesso sapore di quella di Roma" dice con un sogghigno quello carino. Per fortuna ho scoperto tempo dopo che era gay.

P.S. Che non vi venga in mente di far vedere un padellino caldo alla vostra carbonara.


DEVILS ON HORSEBACK


All'epoca ero capace di cucinare solo una bistecca facendola grigliare su una bistecchiera elettrica, un'altra cosa che sarei stata in grado di fare sono senz'altro queste prugne ricoperte di pancetta. Un piatto facile e goloso, tipicamente inglese. Non conosco l'origine del nome, ma è molto carino significa "Diavoli a cavallo". 

8 prugne secche morbide- 4 fette di pancetta affumicata o bacon- stecchini per fermare

Tagliare le fettine di bacon a metà ed avvolgere ogni prugna con una mezza fettina, fermare con uno stecchino. Passare in forno per alcuni minuti finché la pancetta non è traslucida. Servire subito.
per quattro persone  

P.S. Esistono anche le ostriche presentate avvolte nel bacon su un crostino di pane, prendono il nome di Angels on Horseback. Un'altra specialità inglese, ma è una ricetta più difficile da eseguire e io oggi, come avete potuto leggere, non so cucinare. 

3 commenti:

  1. spassoso e graziosissimo come sempre, Louise!

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  2. grazie thelmina! quella qui sopra è una ricetta che puoi fare anche tu... per un drink on the balcony ;-) e così sfoggio un po' d'inglese imparato a London Caling

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