martedì 7 giugno 2011

GITA A BANGKOK


Nel settembre di parecchi anni fa, mio marito ed io abbiamo fatto un lungo viaggio nel Sud-Est asiatico e Bangkok era la nostra tappa prima di lanciarci verso avventure esotiche. Ci saremmo fermati nella capitale thailandese per un paio di giorni e visto il poco tempo a disposizione avevamo optato per un tour organizzato che ci portasse a vedere i dintorni. La tappa fondamentale sarebbe stata il mercato galleggiante, non quello cittadino, pare troppo inflazionato, ma uno molto lontano dalla città. Credo che oggi sia inflazionato anche quello, ma all'epoca era rustico a sufficienza da farci credere di essere dei viaggiatori e non dei turisti.  La prima parte della gita consisteva, appunto, nella visita del mercato galleggiante, ma a mezzogiorno era già tutto finito e dovendoci intrattenere fino a sera, noi e gli altri partecipanti paganti, gli organizzatori ci fecero proseguire la gita. Ci portarono a visitare un magnifico centro botanico dove esperti crescevano orchidee degne di una principessa, erano di tutte le grandezze e i colori, uno spettacolo davvero fantastico. Fummo piacevolmente sorpresi da quell'intermezzo, lì accanto mangiammo uno spuntino delizioso a base di Pad Thai e verdure saltate. Ecco, poi cominciò la seconda parte della gita.
Il pulmino ci portò in un largo spiazzo vicino ad una foresta dove c'era una cascata. Pensai: ci portano a fare un giro nella giungla. Poco probabile, portare un gruppo di turisti non attrezzati dentro alla fitta foresta thailandese non sarebbe stata una buona idea. Di lato al piazzale c'era una sorta di fattoria, piuttosto grande e bene tenuta. Ricordo benissimo il muretto di cinta di cemento tutto dipinto di bianco. Tutt'intorno a noi altri pulimini simili al nostro. La guida disse "We go see the "parola incomprensibile anche se detta in inglese" farm and the show", una fattoria, forse, e uno show ci potevano stare. Non era una delle nostre priorità, ma faceva parte della gita e, poi,  la fuga non era contemplata. Entrammo quindi in quella che credevamo essere una fattoria modello o un'altra coltivazione di orchidee. Ecco, dei bancali con le orchidee neanche l'ombra. Dentro trovammo svariate gabbie e dentro le gabbie esemplari di serpenti di tutte le dimensioni e varietà. Quasi nessuna gabbietta era una teca con vetro, si trattava di strutture di cemento, mattoni o altro con reti metalliche più o meno a maglia larga. Tranne una, con dentro il cobra sputatore. Quelle maglie meno larghe mi preoccupavano non poco, la domanda che mi frullava in testa era: e se uno dei serpenti fosse dimagrito all'improvviso e si fosse parato davanti a me in tutta la sua lunghezza? Un pensiero poco piacevole. Tutta la zona pullulava di serpenti lunghi e grossi. Saranno state centinaia di serpenti, ovunque mi girassi serpenti, curati amorevolmente dai serpentari di stanza lì. Io ero agitata, parecchissimo. La guida spiegò che era un centro dove si elaboravano gli antidoti per i serpenti. Non so perché la cosa non mi tranquillizzò affatto. Comunque, la parola che non avevamo afferrato era snake, si strattava di una snake farm o factory. Un serpentario, che arrotondava facendo vedere uno show coi serpenti. Infatti ci portarono tutti in un piccolo anfiteatro bianco, al centro una piattaforma rotonda e liscissima, pericolosamente vicina al pubblico. Scelsi l'ultima fila. Lo show iniziò. Arrivarono tanti bei sacchettoni  di juta e un omino magro magro magro e piccolo piccolo piccolo cominciò ad aprire i sacchetti aiutato da uno della sua stessa stazza. Dal primo sacco uscì un gigantesco, almeno a me parve, serpente nero a righe gialle. Era lungo, molto più lungo di chi lo stava maneggiando, e il maneggiatore lo tirava da una parte, lo roteava dall'altra, faceva ogni sorta di gioco e quello ci stava. Come ci stette il suo compare altrettanto nero e altrettanto rigato di giallo, e come ci stette il terzo lunghissimo esemplare. Sempre solo uno a maneggiare le serpi psichedeliche, qualsiasi numero fossero. Io, gelata, all'ultimo banco, guardavo impotente lo show più terribile cui avessi assistito in vita mia. Non per come erano trattate le bestie, che si vedeva benissimo che erano amate, nutrite, coccolate. No, era per le bestie in se. Non lo nascondo, i serpenti non sono tra i miei animali preferiti. Subisco il loro fascino, se c'è da vederli in un serpentario per farmi una cultura ci vado volentieri purché siano protetti in teche con vetri molto spessi, e, avendo avuto con loro parecchi incontri ravvicinati, li rispetto e li temo. Sono perfettamente a conoscenza che loro hanno più paura di me che io di loro. Ecco, quando mi vedono scappino pure, non li tratterò per fare due chiacchiere. Lo show continuò con l'omino che giocava e sembrava divertirsi. Poi, finalmente misero via le psichedeliche e arrivarono altri serpenti. Dei cobra. Gran-dis-si-mi. Lun-ghis-si-mi. Ter-ri-fi-can-ti cobra. Reali.
Prima ne uscì uno fuori dal sacco, poi un altro e il minuscolo umano smilzo cominciò a giocare con le bestioline. L'imbonitore spiegava che i serpenti amavano l'omino smilzo e che non gli avrebbero mai fatto del male. Una cosa che mi tranquillizzava parecchio. Bugia. Le biscione e l'omino giocavano, si rincorrevano, saltavano come bambini allegri. Lui prendeva un cobra in una mano e l'altro nell'altra. Sorrideva. Lanciava i serpenti lontano e con un balzo andava a riprenderli tutti e due contemporaneamente. Poi saltò fuori il terzo e cominiciò il vero spettacolo. Ecco cosa successe.
L'omino ipnotizza le bestie e loro mettono in posizione d'attacco, ritte davanti a lui e lo guardano. Tutte e tre in contemporanea. Io ho il cuore che batte centomila battiti al secondo. Se una di quelle bestiole cambia idea e si volta verso di noi, penso, trattenendo il fiato, non osando immaginare la fine del pensiero. Sono lì i quattro, cristallizzati in quella mossa da guerra, l'uomo contro l'animale più grosso di lui, contro tre animali che possono scattare da un momento all'altro. Si guardano e si studiano. I tre biscioni con i denti pieni di veleno dondolavano leggermente. Lo smilzo sta quasi immobile, muove impercettibilmente la mano destra. Il serpente da quel lato scatta. Lui lo afferra. In contemporanea scatta anche quello di sinistra. Afferra anche quello. Non ha più mani, penso io preoccupata. Il terzo che fa? Continua a guardare l'omino, sovrastandolo di almeno una spanna. Dondola come se  fosse in balia di una brezza che rinfresca l'afa della sala.  L'omino resta immobile per un tempo quasi infinito. Pochi secondi in realtà. La bestia scatta, lui scatta in avanti e lo afferra con la bocca. Inghiotte la testa del bestione strisciante,  tutta. Poi lo smilzo prende il serpente e lo stringe proprio alla gola, nell'altra mano ha un'ampolla che misura circa venti centimetri, l'imboccatura è chiusa con una sorta di pellicola. L'omino allora mette i denti della bestiola sulla pellicola e comincia ad uscire un liquido denso e dorato che si deposita sul fondo dell'ampolla. Veleno. Mormorio tra la folla. Cade la tensione. Applauso scrosciante.
Bene, bravi, basta, ho pensato io. No, lo show non era ancora finito. Tutte le bestie, tranne una, vennero riposte nei loro sacchi. L'ultima, la più piccola, la prende l'incantatore e la tiene ferma con una mano sulla gola e l'altra a un metro di distanza. E' completamente immobilizzata. "Toccare la pancia del cobra porta fortuna in Thailandia" dice l'imbonitore "e adesso passeremo tra il pubblico così potrete accarezzarla". Lo smilzo comincia a girare tra il pubblico e qualcuno accarezza la pancia del cobra. La bestia ha il corpo grosso come l'avambraccio di un culturista campione mondiale. Lo smilzo sale le scale, dalla nostra parte, dalla MIA parte. Si avvicina pericolosamente, è vicino, troppo vicino. Comincio a fare segno di no con la testa, poi con le mani, no, no, no con tutto il corpo. Lui continuando a brandire il serpente a pancia in su, arriva a un metro da me. Sono terrorizzata, ho il sangue gelato, la gola secca, il cuore pompa nel petto che sembra una locomotiva a vapore. Caccio un urletto, è tutto quello che mi esce dalla gola, uno stupido urletto. Tutta la sala ride. Lui si allontana. A volte vale la pena di dare un calcio alla fortuna.

ANGUILLA ARROSTO

Per rispettare il criterio del blog, un racconto e ricette che si ispirano ad un ingrediente o all'atmosfera del racconto, dovrei dare la ricetta di qualcosa fatto col serpente. La cosa che si avvicina di più alla forma del serpente è l'anguilla. Quindi oggi vi propongo una ricetta con l'anguilla. Personalmente non la mangio quasi mai. La ricetta è di una mia amica toscana che invece la ama pazzamente e la cucina spesso in molte maniere. Io l'ho assaggiata cucinata così ed è deliziosa. Naturalmente avendolo a disposizione potete arrostire il serpente, se proprio volete.


1 anguilla fresca - sale

Fate fare tutte le operazione di pulizia dal pescivendolo, operazione veramente sgradevole e portatela a casa bell'e pronta da cucinare. Fatelo subito o quasi. Asciugare l'anguilla e appiattirla il più possibile. Salare su tutte e due le parti. Mettere l'anguilla sulla griglia rovente dal lato della pancia e farla cuocere per 10 minuti. Girarla e farla cuocere dal lato della schiena un po' più tempo però al massimo un quarto d'ora. Servire caldissimo.





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