lunedì 25 luglio 2011

CHICAGO BLUES

Era una sera d'inverno, un po' come la notte buia e tempestosa di Snoopy, il River North era ghiacciato, tirava il solito vento gelido che si incanalava tra i canyon dei grattacieli e faceva volare i fiocchi di ghiaccio da terra. La temperatura di aggirava intorno ai -20 (meno venti gradi) centigradi, una normale sera, di un giorno normale, in un qualsiasi inverno a Chicago. Erano da poco passate le otto e la cena da Devon, ristorante di pesce, era stata eccellente, i nostri amici avevano preso il treno per rientrare a casa nei suburbi, noi volevamo fare mattana. Non si va mica a letto alle otto di sera in Italia. Sulla Michigan Avenue passavano i taxi, camminavano veloci gli avvocati che avevano fatto tardi in ufficio, giravano a vuoto gli homeless imbacuccati e comunque infreddoliti, odoravano di alcol. Una ragazza sfoggiava una minigonna di chiffon mozzafiato sulle gambe nude che terminavano in un sandalo dorato, indossava un giubbottino di panno e aveva il braccio alzato per fermare un taxi. Ci guardai riflesse in una vetrina: io col piumino di piuma d'oca, lungo fino al ginocchio, gli stivali e le calze pesanti; lei, vestita di niente con le gambe nude; sembravamo vivere in due stagioni diverse, in due mondi diversi. Non è raro fare incontri simili a Windy City, sono tante le ragazze che girano senza calze e vestite di niente anche a gennaio. Arivò il taxi e la sentimmo scandire "Chicago Blue on Clarke". Ecco l'occasione che aspettavamo per fare mattana, avevamo visto l'insegna del locale, un murale enorme su una parete bianca in una parallela della Michigan Avenue. Era relativamente vicino a casa, ci guardammo e senza sprecare fiato decidemmo di aggregarci alla temeraria seminuda. Noi a piedi, tanto eravamo abbondantemente vestiti. Il vento mi faceva scendere le lacrime dagli occhi e mi gelava la faccia mentre giravamo sulla Huron Street.  Ecco, in quella direzione non soffiava più. In effetti la Michigan è una galleria del vento, a tutte le ore di tutti i giorni invernali, forse perché si allunga dal lungo lago al River North per poi proseguire verso la periferia. Dopo un quarto d'ora di camminata arrivammo al locale. C'era la coda fuori. Aspettammo pazienti il nostro turno e arrivati alla porta il buttadentro, un uomo di mezza età color ebano coi capelli brizzolati e i baffi neri ci chiese 8 dollari a testa per entrare. Il locale era buio, fossimo stati negli anni ottanta sarebbe anche stato fumoso, sembrava un lungo corridoio più che un locale, alla sinistra correva un bancone di legno con sgabelli affollati da grappoli di persone; sulla destra tavoli alti, anche quelli con sgabelli, ospitavano gruppi di persone leggermente alticce, che ridevano. In fondo uno spazio grosso come un francobollo ospitava ancora dei tavolini, un palco sul quale troneggiava una batteria gigante e di lato un tavolo minuscolo al quale stava seduta una donna enorme. Portava i capelli raccolti in modo che sembrassero sciolti, un paio di occhiali a montatura dorata stazionavano sul suo naso, aveva un vestito nero con fiori arancioni che pareva una tenda, un suo braccio faceva una mia gamba, nella mano sinistra teneva una mazzetta di dollari e davanti aveva dei CD. Il capo della band. Lo spettacolo sarebbe cominciato alle 21, primo giro di birre per noi, cinque dollari, e dieci minuti d'attesa. La temeraria seminuda, indossava un leggero top senza spalline, stava seduta su uno sgabello insieme ad un ragazzo biondo, con un T-Shirt nera. Il mio vestito di lana leggera cominciava a darmi fastidio nel calore infernale del locale. La band cominciò a suonare, un blues, un blues elettrico con la chitarra che lacera l'aria e la batteria che sfonda il tetto, il basso che tiene il ritmo. Chicago è la patria del Blues elettrico, quel blues che ha smesso di essere spiritual e lamento dei campi e si è urbanizzato ed incattivito. La matrona in abito nero arancio si alzò non senza qualche difficoltà, camminò pesantemente i quattro passi che la separavano dal palco, non so come salì l'alto gradino, raggiunse lo sgabello davanti al microfono. Cominciò a cantare, niente maliconia per lei, solo parole di vendetta per un uomo che l'aveva mollata. Quaranta minuti di spettacolo puro, lei bellissima voce potente. Secondo giro di birre, la seminuda scatenata davanti al palco. Noi, nei nostri abiti sbagliati, sudati come schiavi in un campo di cotone. Intervallo. Alle 22 altro spettacolo. Finita la musica, sudati ed esausti siamo tornati a casa. Alle 23 noi eravamo già a letto, nel locale probabilemente la matrona continuava a cantare e a vendere CD. Senz'altro la seminuda ballava. La volta successiva anche noi eravamo in T-shirt e abito leggero.


BIRRA PER TUTTI

birre a volontà di vostro gusto, possibilmente leggere ed acquose - fettine di limone quante sono le birre - 1 cantante blues - 1 gruppo di bravi musicisti

Mettere la fettina di limone dentro la bottiglia di birra, sevire in un piccolo locale blues del centro di Chicago. In mancanza prendere un cd di Chicago Slim e bersi una birra sdraiati sul divano.
per quante persone desiderino farvi compagnia 

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