lunedì 9 gennaio 2012

CACCIA GROSSA IN RIVIERA


L'alba era tersa, un cielo color lavanda scuro precedeva l'arrossarsi delle nuvole al sorgere del sole. La notte era stata tranquilla, dopo i botti di Capodanno la quiete aveva allietato le mie orecchie sensibili e il mio cuore aveva smesso di battere all'impazzata. Non mi piacevano i botti. In casa dormivano tutti, odoravano ancora di sostanze intossicanti, quelle che avevano bevuto durante la serata, io tergiversavo nel mio angolo di letto, al calduccio, ma con una voglia pazza di uscire. Con un elegante mossa sono scesa dal letto e ho cominciato a camminare, il parquet aveva il caratteristico rumore sotto i miei passi: to-to-to-to-toc. Mi sono fermata in cucina, ho bevuto. Poi ho fatto pipì. Sono tornata a letto, inquieta. Mi sono di nuovo mossa: to-to-to-to-toc, facevano i miei passi. Speravo che qualcuno mi sentisse, volevo fare qualcosa di divertente. Ho fatto cadere un paio di chiavi posate sul pianoforte, tac-sdeng hanno fatto mentre toccavano terra. Poi ho provato a spostare la borsa sulla sedia dell'ingresso, sfffrassscc-tac ha fatto quando è caduta. Alla fine qualcuno si è alzato, mi ha guardato negli occhi, ci ho letto un po' di disapprovazione, tac-tac-tac-tac, facevano i piedi nudi sul parquet, ha aperto la porta che si affaccia sul giardino. Un po' d'aria finalmente, non fa freddo da queste parti e il giardino profuma in qualsiasi stagione. C'erano uccellini che cinguettavano felici, svolazzavano di ramo in ramo, strofinavano la testolina contro quella di un compagno, scendevano, salivano, piluccavano le olive rimaste sui rami, sbecchettavano per terra le briciole della cena. Mi piacciono gli uccellini, li guardo sfrecciare sopra di me, le loro evoluzioni mi attirano come calamite, mi diverto come una matta a seguirli con lo sguardo. Mi piacciono davvero gli uccellini, ma davvero, davvero. Respiravo profondamente, col naso all'insù, lo faccio sempre, godevo di questo momento e mi sentivo come il colonnello Kilgore di Apocalipse Now, quello che dice "Mi piace l'odore del Napalm la mattina". Solo che io non lo so che mi sento come lui,  non so nemmeno chi sia il colonnello Kilgore, io sono la micia Alice e mi piace l'odore del giardino alla mattina. Mi sono avvicinata al tronco di un ulivo e l'ho guardato da sotto in su, il mio muso puntato verso l'alto, verso quei due uccellini cinguettanti sul ramo che da verso il pino. Loro chiacchieravano, io salivo piano, piano, una zampa dopo l'altra, le unghie conficcate nella corteccia. Mi sono fermata a metà tronco, ho esitato, i due uccellini continuavano a chiacchierare ignari della mia presenza. Li osservavo, acquattata nella biforcazione tra due grossi rami, io immobile, la punta della mia coda in lento e leggero movimento. Firu-cip-firu-cip diceva uno, cip-firu-fa-cip-firu-fa rispondeva l'altro. Sono carini, grigi e marroni, due passerotti neanche troppo vecchi. Mi sono sentita rimescolare dentro, ho ripreso la scalata, quatta, quatta, mi sono avvicinata. Firu-cip. Cip-firu-fa. Firu e Cip li registro nella mia testa, chi prefrerisco dei due? Ero concentrata, i miei sensi all'erta, ora strisciavo piano lungo il ramo,  Firu e Cip erano vicinissimi. Potevo sentire il loro odore, vedere ogni dettaglio delle loro piume, i miei occhi vigili, le mie zampe pronte, le orecchie indietro, come ho imparato a fare quando gioco con la bipede morbida, assesto il sedere, pronta a scattare. Firu si accorge di me emette un suono striduolo e si alza in volo. Cip è immobile, come se fosse congelato. Io salto, due zampe schiacciano il suo corpo pennuto, i miei denti affondano nel collo. In un secondo Cip è bloccato. Lo tengo stretto, non emette più il suo suono Cip-firu-fa. Niente. Aspetto ancora un istante e poi prendo la via della cucina. Sono scesa piano con Cip in bocca, la sua testa nella mia gola, il suo culo con tutte le piume fuori per metà. Sono entrata in casa, la bipede Morbida non stava pestando sui tasti di quella roba grigia con quel disegno brillante dietro (una mela, lo chiamerebbe la bipede morbida), altrimenti le avrei depositato Cip sul tappeto dietro alla sua schiena, come ho fatto per tutta l'estate con le lucertole. Lei mi ha sempre fatto un sacco di complimenti diceva "brava" e robe che non capisco tipo "ma che schifo Alice, questa lucertola sventrata, è una vera porcheria e adesso dove la metto?" il tono è quello che usa quando faccio le fusa, quindi devo aver fatto una cosa buona. Chissà come sarà contenta di vedermi arrivare con Cip in bocca, ho pensato. Dormiva ancora, accidenti. Ho Ringhiato (quando faccio questo verso lei dice al bipede peloso "Ma le senti? Ringhia, come un cane". Che diavolo è un cane? Io faccio questo verso per avvertire che c'è un pericolo e se lo fa anche 'sto coso che si chiama cane, vabbè, ma il verso è mio e lo chiamo ringhio come fa lei). Questa volta volevo avvertirla che c'era qualcosa di grsso in ballo. Ero pronta a saltare sul letto per mettere Cip vicino alla bipede Morbida. Il bipede Peloso mi ha detto, "Alice cosa fai?" e mi ha guardata, si è alzato dal letto, nei suoi occhi ho letto un misto di schifo e disapprovazione. Mi ha detto, andiamo di là e ha sbattuto la porta dietro di sé. Mi ha portata in cucina e ha chiuso la porta a vetri. Ho sentito che ha detto alla Morbida "Alice ha un cacciato un uccello", non so cosa voglia dire, ma lo ha detto come se avessi fatto le fusa per un giorno, la Morbida ha replicato " Lei hai detto brava?",  "No" ha risposto lui, "l'ho chiusa in cucina". La Morbida è scesa di corsa dal letto, come quando rompo qualcosa, è arrivata, io ero nella mia posizione classica, quella delle lucertole: seduta, un filo impettita, ma l'orgoglio mi impettisce, che volete, davanti a me Cip morto, qualche goccia di sangue in cucina, perché il Peloso voleva prendermi Cip, e io ho fatto resistenza. Vedo la Morbida attraverso la porta a vetri, mi guarda e io le faccio cenno con la zampa "Và cosa t'ho portato, Morbida bella!" e lei "Alice, ma brava, che schifo un uccello morto,  e chi pulisce tutto 'sto sangue, ma dove lo metto un uccello morto? Ma tesoro, ma che cacciatrice favolosa sei". Tutto detto con il tono delle fusa, ho fatto una cosa grandiosa, allora. Esulterei, se sapessi che esiste la parola esultare. Ho cominciato a giocare con Cip, l'ho fatto passare da una zampa all'altra, l'ho assaltato, gli ho fatto due tre agguati, aveva il collo molle che mi dava un po' fastidio sul lato del muso. La Morbida mi ha seguito, ha cercato di spedirmi in giardino, "no, no bella non hai capito, me lo voglio tenere qui Cip, lo voglio portare sul divano con me, ci voglio giocare finché non sono stufa" ho cercato di farle capire. Alla fine ha vinto la Morbida, rassegnata sono tornata fuori in giardino, ho fatto saltare Cip due o tre volte in aria, l'ho messo sotto le zampe, ho scosso un po' il corpo con la bocca e la testa si muoveva molle, mah, ho continuato a giocare per un po'. Uffa, poi mi  è venuta fame, sono andata alla finestra e ho cominciato a grattare contro il vetro come faccio sempre quando la porta è chiusa. E' arrivato il Peloso e mi ha aperto, sono saltata giù nella cucina. La Morbida non c'era, però ho sentito i suoi passi sul ghiaino in giardino. Mi sono mangiata la scodella di tonno che mi ha dato il Peloso. La porta si è aperta dall'esterno ed è entrata la Morbida con un giornale appallottolato in mano, ha detto al Peloso "Sacchetto" e ha infilato il giornale in uno di quei cosi dove mette la mia cacca, lo ha buttato sotto quello che lei chiama il lavello, quello dove mi piace bere. Quando sono tornata in giardino Cip era sparito, chissà dove è andato. Mi viene un sospetto: che se lo sia fregato quello sfigato col pelo grigio e bianco che sta al piano di sotto? E' talemente imbranato che ne sarebbe capace.

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