martedì 11 ottobre 2011

DANZA DI STRADA IN RAJASTAN

Non faceva molto caldo e la strada, una via di mezzo tra uno sterrato, una strada normalmente asfaltata, ma piena di buche, e un sentiero di montagna, era affollata. Parecchio affollata. Noi eravamo chiusi dentro l'auto, guidata da un sikh con un gigantesco turbante turchese, tanto grande da annullare la vista sulla strada. Eravamo stati sballottati di qua e di là e ci sentivamo shakerati come un cocktail all'ora dell'aperitivo. Altrettanto freschi, perché nonostante le nostre rimostranze l'aria condizionata dell'auto aveva la stessa temperatura di un secchiello di ghiaccio. D'improvviso l'autista ha inchiodato, letteralmente. In India non esiste il termine "frenare dolcemente", ma solo "inchioda più veloce che puoi e cerca di non fare danni, ma non sempre, e chissene frega dei passeggeri". Davanti a noi in un imbuto chiuso da macchine, carretti,  bestie, tra cui un cammello, c' erano mezzi fermi in tutti i sensi di circolazione. Tutti immobili, a cuocere sotto il sole, sulla carreggiata opposta senza pensare a quelli che vengono dalla parte opposta, ma con un senso della musica spiccato nascosto dentro ai clacson suonati a distesa, a ritmi differenti. Ogni tanto un raglio d'asino o di cammello punteggiavano il ritmo come una batteria. La domanda è sorta spontanea, cosa è successo. E' ovvio, come accade spesso, no anzi, spessissimo in India un camion si è ribaltato nel dirupo, un altro è finito di traverso nel tentativo di evitarlo, bloccando tre quarti della carreggiata, impedendo così il normale transito automobilistico. Una cosa decisamente consueta da quelle parti. E quale buona occasione di un bell'ingorgo affollato per fare un po' di rumore col clacson, strumento amatissimo da tutti i guidatori indiani persino dai pedoni, dai conducenti di elefanti e di risciò a traino umano. Perché quello era un bell'ingorgo, di quelli che ti danno soddisfazione e ti fanno perdere un paio d'ore, almeno, sulla tabella di marcia. Tutti fermi, ottimo motivo per scendere dall'auto e sgranchire le ossa provate dalla levigatezza accurata della strada. Persino gli organi interni avevano sofferto di quella trasferta tra una città e l'altra. Due passi erano proprio quello che ci voleva. Avanti e indietro tra le macchine, poi seduti sul ciglio della strada guardando il dirupo, si cercava di passare il tempo. All'improvviso un tamburo comincia  a suonare, prima timidamente rompe il ritmo dei clacson che si sono sgolati a sufficienza e cominciano a tacere uno a uno. Prima timido, poi sempre più ardito, batte il ritmo e all'improvvisono ci siamo trovati tutti proiettati sullo schermo di un cinema che presenta un film di Bollywood. Ballerine in sari e shawar khameez, l'abito coi pantaloni tipico delle donne sikh, agitano le mani in aria e sbattono il sedere a destra e a sinistra. Uomini in camicia bianca e pantaloni grigi, ma anche in perfetta tenuta "sono l'erede di Gandhi, vesto di bianco", scuotono il corpo come se fossero tarantolati. Tutti, ma proprio tutti scendono dall'auto e cominciano a dimenarsi come ossessi. Saltano, si muovono, ridono. Noi guardiamo, ma solo per un istante, qualcuno ci afferra per la mano e ci coinvolge nelle danze. Scuotiamo il sedere, alziamo le mani, shakeriamo il corpo. Balliamo come forsennati in mezzo alla strada piena di polvere. Ci sembra veramente di essere protagonisti del film "Volevo ballare sulla strada per Jaipur", celebre storia d'amore tradotta anche in Tamil e Urdu. Invece siamo solo noi, in mezzo ad un gruppo di scatenati indiani che vanno ad un matrimonio e non hanno voglia di annoiarsi nel corso di un ingorgo. All'improvviso il tamburo tace, i sederi smettono di sbattere di qua e di là, il corpo di distarantola e cala il silenzio. Come è iniziato il ballo si interrompe, all'improvviso, senza nemmeno avvertire, tutti i protagonisti salgono in auto, sui pulmini, sui cammelli, sugli asini, salutando con la mano. Hanno rimosso il mezzo dalla strada, l'ingorgo è finito. Il traffico ricomincia a scorrere. A noi pare di aver sognato.


GARAM MASALA 

Un ingrediente fondamentale della cucina indiana, serve per insaporire tutto. Il curry, quello che noi compriamo al supermercato, non è la stessa cosa, ha diversi utilizzi e soprattutto è un retaggio degli inglesi. Questo è ciò che usano gli indiani quando cucinano e ogni famiglia ha la sua versione. Questa è una delle tante. Si conserva a lungo dentro ad un barattolo a chiusura ermetica.  

6 semi di cardamomo neri - 8 semi di cardamomo verdi - 5 cm di cannella in stecca - 16 chiodi di garofano - 25 g di semi di cumino. 

Cuocere le spezie in una padella senza grassi, quando sprigionano tutto il profumo togliere dal fuoco e far raffreddare. Tritare finissimo in un macino da caffé o nel mortaio

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